Un lavoro invidiabile

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Oggi fa freddissimo. Parigi è sempre fredda in questa stagione. Mi tolgo gli zoccoli e li appoggio con estrema cura vicino al caminetto, come mi insegnò mia madre. Noto che l'acqua bolle già da un po', così riempio frettolosamente le tazzine. Michelle mi guarda con stizza mentre esco con in mano il vassoio. È sempre stata gelosa del mio lavoro, come se fosse l'impiego meglio retribuito della capitale... Forse non si rende conto che io conduco una vita probabilmente ancor più umile della sua. La ignoro, come del resto faccio con tutte le altre domestiche che mi rivolgono il solito sguardo acido, mentre cammino per il lungo corridoio. Adoro come le pareti sono decorate, come il pavimento luccica e come i lampadari fanno risplendere i propri diamanti. Lungo la strada scorgo numerosi individui, di diverso stato sociale ed economico. Ma a mano a mano che mi avvicino alla stanza in cui sono diretta i miei occhi incontrano solo le enormi parrucche bianche dei nobili, che si contendono l'un l'altra l'attenzione dei presenti. Subito pervade l'aria l'intenso profumo dei ricchi abiti, che ricamano l'ambiente con il loro sfarzo e i loro gioielli costosi. Amo e allo stesso tempo odio questo spettacolo.
Noto con sorpresa che i signori, vedendomi passare, interrompono temporaneamente le loro conversazioni, per volgere i loro visi truccati verso la mia esile figura. Mi fermerei a bearmi di quest'innocua attenzione, ma so perfettamente che non mi è concesso. Continuo a camminare, passando di stanza in stanza. Finalmente arrivo. Busso con delicatezza. La porta viene aperta da un servitore e io posso infine entrare. Eccola, seduta sul suo divanetto dorato. I suoi occhi azzurri mi sorridono e la sua buffa parrucca, tutta decorata da fiori e drappi, mi rivolge un cenno di saluto. Le porgo, come di consueto, la sua tazzina preferita, su cui è disegnata una rosa, e lei, con un gesto delicato e vispo, la prende, senza proferir parola. È dopo aver bevuto il tè che mi parla, mentre io sono ancora davanti a lei, con le mani ben raccolte dietro alla schiena.
<<Salve, Angeline! Com'è il tempo oggi?>>
<<Freddo, maestà.>>
<<Oh povera te, e sei uscita anche oggi?>>
<<Il vialetto non si spazza certo da solo>>, le rispondo con un dolce sorriso.
<<Ecco, è per questo che mi piaci, Angeline, perché ti occupi anche delle mansioni che non ti si richiedono! Domani lascia che altre servette lo spazzino, quello sciocco vialetto! Dopotutto ti ho assunta per servire me e me sola, non la reggia intera!>>
<<Maestà, occuparmi di qualche lavoro in più non mi nuoce. Ed inoltre io amo tutto di Versailles!>>
<<Anche io amavo questo luogo quando avevo la tua età, mia diletta. Ma purtroppo i miei sedici anni sono svaniti oramai.>>
I suoi occhi si intristiscono e lei guarda con nostalgia fuori dalla grande finestra. Le capita spesso e io so il motivo. Ma purtroppo io sono solo un'umile sguattera e il mio compito non è farle da compagnia. Eppure, in questi momenti, un'onda di compassione mi travolge, tanto da spingermi a commenti consolatori.
<<Maestà, se mi è permesso... Quando voi avevate sedici anni non eravate ancora stata benedetta con la vostra bambina, che cresce bella come un angelo del Paradiso!>> dico questa volta.
Lei finalmente accenna a un tenero sorriso, e i suoi occhi nascondono nuovamente quel velo di infelicità.
<<Hai perfettamente ragione! A proposito, non ho idea di dove sia la mia Charlotte!>>. Così lei chiama la bella primogenita, nonostante il suo primo nome sia Marie. Non ha mai amato quel nome, ma d'altronde è lo stesso che i suoi genitori diedero a lei.
La vita riprende nuovamente e lei si affaccenda intorno alla sua toeletta, ricoprendosi di nuovi profumi e trucchi. Dopodichè cambia la parrucca, sostituendola con una ancor più eccentrica, e mette delle scarpe rosa confetto, in abbinamento con il vestito, gonfiato da un'ampissima rete di metallo. Passa ore e ore quotidianamente a cambiarsi, a impreziosirsi, a marcarsi il trucco sul viso, in una continua e disperata metamorfosi di colei che sta sotto a tutto quel broccato, e che solo le persone più intime hanno la capacità e l'occasione di intravedere.
Io, inaspettatamente, sono una di quelle.

Dopo un'ora buona di nuovo lei mi rivolge la parola.
<<Angeline, da quanto tempo sei qui? Non ricordo.>>
<<Poco più di un mese, maestà.>>
<<Sai, l'ultima serva personale che ho avuto non mi ha per nulla soddisfatta. Ho scoperto che sparlava di me alle sue amiche in città, rivelando loro i miei più personali segreti. Sai, quelli che non dovrebbero uscire da una stanza. Figurarsi, lei è andata a profanarli per tutta la Francia. Potrai immaginare quali effetti hanno suscitato nella popolazione! Si diceva in giro perfino che avessi proferito una certa frase a proposito della povertà dei ceti inferiori per nulla rispettosa... L'avrai sentita anche tu, no?>>
<<Mio malgrado, sì. Ma sapete com'è fatta la gente, continuamente in cerca di nuovi pettegolezzi, senza far troppo caso alla reale vicenda.>>
<<Sono d'accordo. Ed è per questo che io non mi curo di queste voci da panettiere. Ma sai, mio marito... Lui non sopporta che il popolo abbia motivo di odiare la famiglia reale. E come dargli torto, a volte ho quasi la percezione che se facessi un solo passo senza scorta fuori da Versailles ci rimetterei persino la pelle.>>
Mentre parla si spalma altra cipria sul viso ormai completamente bianco.
<<Non dite così, maestà, il popolo non vi odia più di quanto un contadino odi l'asino che gli permette di curare il suo campo.>> dico io.
<<Mi stai paragonando a un asino?>> ride lei. Subito mi affretto a chiarire la mia affermazione, ma lei non è affatto offesa dalle mie parole, anzi, sembra divertita. Spesso ride per sciocchezze quale questa, ma forse è meglio un atteggiamento simile da parte di un sovrano.
<<Su, su, Angeline, fatti una risata qualche volta! Non parlavo certo sul serio, capisco perfettamente quello che intendi!>>.
Io sorrido imbarazzata.
Dopo una piacevole conversazione lei si deve a malincuore congedare per certi affari importanti. È il momento della giornata che sancisce la fine dei miei doveri. Penso già con immensa gioia a domani, giorno in cui finalmente torno a Parigi per rivedere la mia famiglia. Mi è concesso solo una volta al mese, ma non mi lamento: come ho detto alla regina, amo tutto di Versailles.

L'alba della rivoluzioneWhere stories live. Discover now