18. Sono una confessione che aspetta di essere ascoltata

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La figura slanciata dell'Imperatore Pallido cammina davanti a me con una grazia spettrale.

Il lungo corridoio di vetrate che attraversiamo è completamente immerso nel buio. L'unico bagliore presente è quello della notte fuori, che si abbandona alle strade incendiate di luci colorate e rumori distanti. Alti palazzi graffiati e sporchi ci fissano come strani guardiani, anche se sospetto che questo sia il grattacielo più alto di tutti, perché solo abbassando lo sguardo si può vedere tutta Personality Disorders.

Quando sollevo gli occhi verso l'Imperatore un brivido scivola lungo la mia spina dorsale.

Forse è causato dalla dolce contraddizione che spinge crudelmente sotto la mia pelle. Una contraddizione che unisce il ricordo dei nostri respiri mescolati a questa insopportabile distanza che ora mi lacera. D'improvviso l'uomo che mi dà le spalle diventa di nuovo uno sconosciuto, un dio vendicatore che per un attimo si ferma a guardare dall'alto la sua città ardere in silenzio.

Cammino nel corridoio spoglio e d'un tratto mi accorgo che tutto in questo posto è fatto di vetro, compreso il pavimento, che lascia intravedere sotto i miei piedi, piani e piani di scale e stanze apparentemente disabitate.

Il terapeuta continua a scivolare nel nero senza aprire bocca. Non riesco neanche a sentire il suono dei suoi passi scandire il corridoio. Le tenebre sono un cumulo di fili neri, tesi febbrilmente, che lo avvolgono come un vestito raffinato.

«Non manca molto», dice poi, restando voltato.

La sua voce mi fa bruciare un nodo di tensione in gola, e vi scorgo una timidezza che mi confonde. Anche se a dire la verità, tutto in quest'uomo mi confonde: dalla figura della rockstar affamata di grida su un palco, fino alla tenerezza che implode nei suoi occhi quando la solitudine lo circonda. È come una medaglia che continua a girare instancabilmente mostrando entrambi i suoi lati.

«Perdonami se Agata ha dovuto indurti un sogno per portarti qui», aggiunge, «Ma non desidero venga scoperta l'entrata del Grattacielo di Vetro»

«Agata?», dico disorientata.

«Sì, Agata. È la sola persona di cui mi possa fidare», risponde pacato, continuando a camminare con grandi falcate.

«E perché?», chiedo, colta alla sprovvista dalla mia stessa domanda.

L'Imperatore si ferma con uno scatto improvviso, voltandosi poi con una strana calma nella mia direzione. Quando abbassa lo sguardo su di me, sono felice di essere immersa nell'oscurità, perché ho il viso in fiamme.

«È la sola persona di cui mi posso fidare perché è il mio modo di amare», risponde tranquillo. I suoi occhi sono una corsa che si blocca senza fiato prima di un precipizio.

Le sue parole mi artigliano lo stomaco, sembrano volermi trascinare verso il basso, farmi cedere le ginocchia, e sento i denti del mio cuore spingere verso l'esterno per mordere un lembo d'aria.

Il terapeuta mi studia con i suoi occhi tristi nel trucco sfatto. Poi mi sorride con una dolcezza che è sporcata di malizia, e io spaventata abbasso lo sguardo, restando imbambolata nel buio del corridoio.

Ripenso alla piccola bambina che mi ha preso per mano, al suo amico di pezza dagli occhi-bottone, alla museruola, che imprigionava una fame insaziabile di essere consumati. E inizio a sudare, le mani tremano.

Mi accorgo di desiderare qualcosa che non posso avere: agogno un buio che mi scaverebbe minuziosamente un buco nel petto con un cucchiaio, un buio senza sopracciglia, che ha grandi occhi e mani enormi.


***


Poco dopo, due battenti di legno massiccio si richiudono cigolanti alle mie spalle mentre io mi abbraccio. Sento la stessa sensazione che ho provato a contatto con le labbra del terapeuta: un vuoto rovente. D'altronde baciare l'oscurità è un po' come abbracciarsi in modo arrabbiato da soli.

Ciscandra - Personality Disorders  || 2° LibroWhere stories live. Discover now