18. Addio e Grazie

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Boccheggiando tornò a galla.

Il peso dei vestiti lo riportò affondo; scalciò, l'acqua era profonda, più di quanto non si sarebbe aspettato, la corrente lo capovolse e lo fece ruotare su sé stesso, era sufficiente per annegarlo. Continuò ad andare in cerca di un fondale o di una parete di riferimento con la quale capire dove si trovasse, senza successo; cominciò a domandarsi se non fosse finito in un condotto secondario, ancora più in profondità, e che non stesse venendo inghiottito, defluendo come una bibita energetica nella profonda laringe del pianeta.

Si sfilò il cappotto, che venne portato via come la vela di una nave, e il suo volteggiare si affievolì; ebbe l'impressione di star affondando.

Irruppe in superficie in cerca di un appiglio, delle sottili dita femminili arrivarono in suo soccorso e lo assistettero permettendogli di issarsi sul bordo del torrente in piena.

Aveva intuito che il canale sotterraneo possedesse svariati ingressi, ma non credeva di trovarne uno in una cabina telefonica.

Respirò come mai aveva fatto prima, era come se per la prima volta dopo secoli riuscisse a prendere fiato.

Strisciò sulla roccia, sputò boccate d'acqua, e rotolando si mise pancia all'aria.

– Sarebbe il momento adatto a una respirazione bocca a bocca... – Si sedette e lentamente si appoggiò al muro lì vicino. – Forse no –

"Grazie"

"..."

Si tastò la tasca del panciotto.

"L'orologio è andato"

"L'orologio?!"

"La corrente se l'è preso..."

L'ennesimo schiaffo inaspettato.

– Io le donne non la capirò mai –

Poi ricordò Corvo.

La ragazzina si chiuse a bozzolo, e rimase a terra stringendosi le ginocchia al petto nel lenzuolo bagnato che un tempo era il suo vestito, stracciato all'altezza delle caviglie e macchiato di fango.

Era davvero ancora una bambina.

Bryn la guardò in silenzio. Si sentì improvvisamente fuori luogo, come se la stesse derubando di un momento intimo al quale non avrebbe dovuto assistere; non sapeva come si consolasse qualcuno che aveva perso qualcuno, in passato era sempre stato lui ad avere bisogno di una spalla su cui piangere ma non l'aveva mai ricevuta. Si trattava di una situazione nuova.

Inspirò, si lasciò scivolare sui blocchi di pietra, li usò come cuscino e si abbandonò alla stanchezza.

Era stufo di scappare, non sapeva in quanto li avrebbero trovati ma non era certo gli importasse più, tutto sembrava vano; erano insetti che si dimenavano mentre bruciavano, ma la trappola elettrica già li aveva catturati.

– Sbatti le ali per l'ultima volta, forse non ne è valsa la pena ma ti sei dimenato parecchio –

***

Qualcuno bussava.

Aprì lentamente gli occhi, davanti a sé vide una barca dal fondo piatto che rimbalzava lentamene da una sponda all'altra del fiume, trascinata dalla corrente ora tranquilla.

Si guardò attorno; non c'era nessuno tranne loro.

Irene dormiva.

Brynmor si alzò, avvicinandosi al bordo del torrente allungò la mano e tirò l'ammasso di legno che miracolosamente si teneva ancora a galla, portandolo più vicino; andò dalla ragazza, la prese in braccio. Il sangue tornò a sgorgare dal foro di proiettile che gli attraversava da parte a parte la spalla, una fitta gli ricordò di essere stato colpito; non aveva importanza.

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