13. Polvere da sparo

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Si dice, chissà per quale motivo, che chi crede di dover morire veda scorrere davanti a sé la propria vita: un fiume di ricordi.

Non è sempre vero.

Bryn ringraziò che non fosse vero per lui, se avesse dovuto sopportare per la seconda volta la scomparsa di sua madre, o la morte di suo padre, o la sera in cui gli impressero sulla pelle i tatuaggi rituali che ancora lo marchiavano come 'intoccabile', sapeva sarebbe probabilmente arrivato a desiderare a sua volta la morte.

Fortunatamente, non rivide nulla del proprio passato; sentì solo una voce.

'Mr. Brynmor? Che nome ridicolo'

***

Non fu lui a tirarsi fuori dalla spinosa situazione premorte.

Avrebbe potuto, probabilmente, se avesse avuto con sé il bastone da passeggio con cui era arrivato fin lì, e che si era portato appresso non tanto per la sua funzione di difesa quanto per un fattore di stile a cui non era riuscito a rinunciare.

Ma il bastone era stato abbandonato nel portaombrelli dell'ingresso: si trattava della prima richiesta a cui erano stati sottoposti dalla Blaskov, la quale dimostrava per l'ennesima volta di aver avuto, in passato, una fin troppo accentuata intimità coi nobili della zona per non aspettarsi un qualche trucco o asso nella manica all'interno del sottile pezzo di legno apparentemente innocuo.

Alcuni le piacevano, ma questa è un'altra storia.

Bryn rimase immobile, speranzoso, e attaccato alle proprie convinzioni e certezze si affidò totalmente alla pietà umana che, ne era sicuro, indubbiamente risiedeva all'interno dell'animo di una donna tanto deliziosa quanto Mrs. Blaskov aveva dimostrato di essere.

Si, pensò, avrebbe funzionato.

Irene fece qualcosa di concreto.

Non le fu necessario estrarre l'arma, le bastò infilare la mano nella borsetta e, con estrema 'discrezione', fare fuoco al momento più opportuno, un'occasione che non si fece attendere a lungo. Lady Byron premette il grilletto quasi contemporaneamente alla donna che li teneva in ostaggio, il tessuto della pochette bruciò, il proiettile attraversò il sottile strato di strass blu in una nube di scintille e brillantini, passò al di sotto del braccio alzato del detective ad una distanza rischiosamente infima, ed entrò nella spalla della Blaskov spillandola alla poltrona come una farfalla gigante in una teca di vetro.

Anche lei sparò, ma mancò il bersaglio e aprì un foro sul soffitto invece che nella testa di Bryn, così che il giovane si ritrovò stordito dallo scoppio e, cercando di ritrovare l'orientamento perduto, finì per gattonare al suolo tastando con le dita il mondo bianco e innevato in cui era stato improvvisamente catapultato; è incredibile dove la mente porti le persone nei momenti di shock: nonostante tutto percepiva chiaramente dentro di sé il desiderio primario di abbandonare il tappeto su cui stava strisciando, e sul quale erano stati consumati gli innumerevoli amori passeggeri precedentemente nominati dalla padrona di casa.

Amori di cui non desiderava sapere altro.

Non immaginava si sarebbe trovato di fronte ad un quesito simile, ma dovette ben presto affrontare la difficile domanda di quale differenza vi fosse tra la gamba di un tavolo e la caviglia di una ex-cortigiana: al tatto apparivano incredibilmente simili. Arrivò alla conclusione che le gambe dei tavoli non scalciano e non tentano di ucciderti, e dovette ammettere che come deduzione fosse alquanto scontata e che non rappresentasse una sfida per il suo intelletto.

- Mi sto montando la testa –

Improvvisamente, si ricordò di dove si trovava.

"Maledizione, volete piantarla di spararmi nelle orecchie!" gridò senza alzarsi da terra e sovrastando il fischio che gli solleticava il timpano. Riuscì a percepire il sonoro 'clack' del fucile che veniva aperto sopra la sua testa; la cosa lo mise in allerta, ma mai quanto il rumore della cartuccia che veniva inserita nella canna.

Il Caso MaghnetWhere stories live. Discover now