Capitolo 22

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POV's Damiano
Stavolta l'avevo persa. Ero stato un coglione. Entrai nella sala prove e tirai un calcio all'asta del microfono provocando un rumore assordante, per poi sedermi sul divano con la testa tra le mani
-Damià che cazzo stai a fa!- gridò Vic
-L'ho persa cazzo! Filippo me l'ha sta a portà via!- gridai in preda all'isteria piangendo come un bambino
-Ma chi? Remanti?- annuii singhiozzando -Damià carmate, raggiungila, te copro io co l'artri- le sorrisi -aggiunstate l'occhi che me pari n' panda, daje- rise
Uscii in tutta fretta dalla sala e saltai in macchina. Guidai a perdifiato per ore, finchè non arrivai a Roma.
"Roma è grande ndo cazzo sarà! Chiamerò Giuditta so certo che lei o' sa!"
~Inizio Conversazione~
Giuditta
-Pronto?-
Damiano
-Giù ho bisogno del tuo aiuto! Ti prego, so disperato!-
Giuditta
-Damiano non lo so... Sono successe tante cose in quest'ultimo periodo... e Filippo c'era. Non puoi negare che da quando state insieme non ci siano stati problemi. Forse è meglio così, non credi?-
Damiano
-No non credo! Ti prego Giù, io la amo e si posso essere un coglione che fa solo casini, ma quello che vuole fare Filippo è farla smettere di sognare. Lei mi ha donato le ali per inseguire i miei sogni e arrivare dove sono adesso, e non posso permettere che le strappino a lei.-
Giuditta
-...Castel Sant'Angelo, veloce Damiano-
Damiano
-Grazie! Davvero-
~Fine Conversazione~
Salii in macchina, guidai velocissimo, dovevo salvarla da quel distruttore di felicità.
Arrivato sul ponte di Castel Sant'Angelo vidi una macchina e corsi verso di essa. Quello che mi si presentò davanti mi fece imbestialire: il mio ex migliore amico stava per baciare la mia Piccolì. Non ci vidi più. Mi scaraventai addosso a lui trascinandolo lontano da lei.
-Eccolo qui il nostro sognatore. Che non lo hai capito che non ti vuole più?- disse con insolenza
-Tu nun te devi avvicinà a lei, hai capito!? Lei è mia!- gridai
-Hai visto Eli quanto è patetico il nostro Peter Pan, non parla nemmeno l'italiano- si riavvicino a lei posandole una mano sulla vita e tirandola a se. Notai che già la stava cambiando, non era vestita come il solito, era più "sobria" e si vedeva che era a disagio o meglio io lo vedevo. Proprio in quel momento lui si fiondò sulle sue labbra tenendola così stretta da non permetterle di liberarsi. E a quel punto iniziai a picchiarlo come non avevo mai fatto con nessuno. Mi ricordai di quella sera alla festa quando quel ragazzo la stava importunando, per l'alcool non riuscivo a identificare il volto e manco lei, ma ora riconobbi quello spregevole... Filippo Remanti.
Elisa era rimasta appoggiata contro il muretto ancora scioccata, ma appena si riprese, iniziò ad urlarmi di smetterla, che così lo ammazzavo e che avrebbe rovinato la mia carriera. Poi mi si avvicinò per afferrarmi il pugno e io mi bloccai a fissarla, ma proprio in quel momento ricevetti un pugno sul naso che mi stese. Sentivo un fischio molto forte, tutto il resto era un suono ovattato
-Dai Eli lasciamo qui questo povero sfigato- disse Filippo
-Ma che cazzo stai a dì!- Eli stava gridando
-Eli non parlare il romano, devi crescere ricordi? Andiamocene su!- le afferrò il polso e io mugolai
-Me devi mollà! Parlo come me pare e probabilmente tutto questo nun fa per me. Mi hai detto che te so sempre piaciuta, eppure nun vedi l'ora de cambiarme er carattere e er modo de essere. Io nun voglio ancora crescere e cazzo pure io so na sognatrice e nun me ne vergogno. Ho quasi 19 anni e si, me sento ancora na pischella che vole seguì er core suo! E si io amo quel sognatore con la sindrome di Peter Pan, sai perchè? Perchè io ho donato a lui la libertà e lui mi ha donato una famiglia... lui è la mia casa e i miei amici sono la mia famiglia- era tornata se stessa. Brillava di una luce potentissima che mi faceva pure provare meno dolore -Filippo ma vaffanculo, vatte a fa na vita senza de me!- fu l'ultima cosa che sentii, poi ci fu il nero.
Mi risvegliai sentendo un forte bruciore alle labbra
-Damiano sei un cretino, ma che pensavi de fa?- mi sussurrò lei mentre continuava a tamponarmi le ferite. Eravamo sul muretto. Lei seduta e io sdraiato con la testa sulle sue cosce
-Nun potevo vedè er mi monno diventà quello de n'artro, tu sei mia Piccolì- dissi con un filo di voce
-Tu sei n'pazzo, te sei fatto Napoli Roma pe me- disse accennando un sorriso
-Te o' ripeto, nun ce posso sta senza de te Piccolì- dissi. Il suo sguardo si posò su di me
-Nun fa più ste cazzate- disse per poi baciarmi con estrema delicatezza e in quel momento il dolore scomparve. Me erano mancate le labbra sue al sapore di tabacco e miele, così morbide e carnose. I suoi occhi color onice erano dei pozzi in cui mi perdevo solo incrociandoli per sbaglio. E quel sorriso, cazzo, quel sorriso è come un'esplosione di energia e luce. Mi staccai dal bacio per riprendere fiato
-Però me devi promette na cosa- lei mi guardò confusa -devi tornà coatta perchè così sei popo sobbria- scoppiammo a ridere per poi riprendere il bacio stavolta più travolgente e passionale, uno che dice al mondo "sei mia e di nessun altro". Mentre ero tra le sue braccia mi sentivo bene, la sua pelle chiara profumava di pesca e mi coccolava. Lei era la sola, insieme alla musica, che mi faceva sentire a casa... Lei era la mia casa.

CONTINUA...

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