Capitolo 7

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La signora Deper apre la porta e John e Jane entrano. È tutto così silenzioso in quella casa. I tre si siedono sul divano della sala. Jane appoggia la sua mano su quella di John. Non si sente perfettamente a suo agio lì dentro. Ed è la prima volta nei suoi anni di lavoro, e lei ne ha viste tante. John la guarda, è sorpreso del comportamento della sua partner. Ha capito dal modo in cui lei ha messo la mano sulla sua che c'è qualcosa che non va. Anche lui percepisce che quella casa ha qualcosa di strano.
Stringe la mano di Jane e inizia a parlare: "Signora Deper mi dispiace disturbarla in questo momento molto brutto per lei, ma dobbiamo farle delle domande"
Angelica annuisce e Jane, dopo aver fatto un respiro profondo, dice: "Signora, suo marito era con lei dalle 20 alle 23 del 16 ottobre?"
"Sì... cioè... alle otto abbiamo mangiato... aspetti un attimo... mi faccia ricordare..."
"Non c'è problema signora"
"Io sono andata a dipingere in camera ed Evan è rimasto nel suo studio perché doveva finire del lavoro arretrato"
"Quindi dopo che avete cenato non lo ha più visto?"
"No, anche perché io sono andata a letto presto... poco prima delle undici e lui non era ancora nel letto... però mi sarei accorta se fosse uscito, anche perché la nostra camera da letto da sul cortile e sul cancello. Quindi lo avrei visto se fosse uscito."
"Non avete un'uscita sul retro?" chiede John.
"Il cortile continua sul retro e c'è una porta che si apre su quella parte della casa, ma il cancello ha sola una porta che è quella che dà sul vialetto"
"Passiamo a un argomento un po' più ostico: suo marito e sua figlia erano in buoni rapporti?"
"Generalmente sì... sapete no che c'è sempre qualche battibecco tra padri e figlie..."
"Riguardo a che cosa litigavano?"
"Beh... dipende... a Evan non piaceva il modo in cui si impegnava a scuola, non gli piaceva il lavoro che aveva scelto di fare, diceva che era inutile e di poco valore, inoltre non gli piacevano i suoi amici... e se avesse saputo che aveva cominciato a farsi..."
"Di che cosa?"
"Di droga"
"Certo signora, ma di che tipo di droga?"
"Beh, non lo so, cioè sono cose da giovani... io non sono pratica di quelle cose"
"Ma roba leggera o pesante?"
"Leggera penso, non era mai fuori quando veniva a casa, era solo un po'... come dire... sempre come se fosse assonnata... quando c'era anche Evan non aveva mai gli occhi rossi"
"E quando c'era solo lei?"
"A volte... mi guardava e mi diceva di non fissarla in quel modo che non era nulla che l'avrebbe fatta stare male, anzi, lei si sentiva più leggera"
"È mai tornata a casa ubriaca?"
"Una volta è capitato, quando andava ancora a scuola, ed Evan si è arrabbiato molto.  A volte io non sapevo cosa fare con lei. Anche perché non mi confidava mai i suoi problemi. Io li scoprivo perché non sono stupida. Ma lei non voleva parlarmene. A volte io riuscivo a tirarle fuori cosa c'era che non andava"
Dagli occhi di Angelica iniziano a scendere le lacrime, lei abbassa la testa. Si sente così impotente in quella situazione. Quella sensazione riesce a passare anche nei cuori di John e di Jane, la quale stringe la mano del suo assistente. I loro sguardi si incrociano e si comprendono. Questo caso li sta coinvolgendo parecchio, cosa che di solito non succede e che sarebbe meglio non accadesse.
Alla fine John riesce a parlare: "Signora Deper, un'ultima domanda"
Lei annuisce e si asciuga lentamente le lacrime che sono scese calde sul suo viso pallido.
"Sua figlia Leslie aveva dei nemici o qualcuno con aveva litigato di recente?"
"Non credo... Leslie non è mai stata capace di farsi dei nemici, dato che stava sempre con poche persone... non parlava molto con gli altri ecco..."
"Ok grazie signora"
"Arrivederci" dice Angelica mentre accompagna alla porta i due. Anche questi ultimi salutano la signora Deper e poi escono dalla casa. Si sentono quasi sollevati. È come se lì dentro un peso li opprimesse. Mentre, appena varcano la porta del cancello, è come se quel peso si fosse alleviato, non è andato via perché una volta entrati in quella casa loro ne porteranno sempre il segno.

Primo incontro dello psicologo Dave Lottan con il signor Evan Deper in data 6 novembre 2040

Un segno lo sta facendo anche Dave Lottan, con la penna, sul suo quaderno degli appunti in cui registra le sedute e da cui poi stila i rapporti. Sta piovendo fuori, vede dalla finestra lo psicologo-psichiatra a cui la procuratrice ha incaricato di seguire il caso Deper. Sta aspettando che arrivi il sospettato.
In questi giorni Dave si è riguardato tutte le scartoffie e le prove collegate alla morte della signorina Deper e ha iniziato a tracciare il profilo dell'assassino. Il quale deve essere sicuramente una persona molto precisa, dato che non ha lasciato la minima traccia. Inoltre quel segno sulla schiena della vittima sembra qualcosa che ha un significato preciso. Ma quale? Si è chiesto più volte Lottan. Potrebbe essere un numero o un simbolo qualsiasi. L'idea del numero continua a circolare nella mente dello psicologo, anche se non lo convince. Poi ci deve essere un significato preciso anche dell'omicidio della signorina Deper. Nulla sembra fatto a caso, quasi anche le mosche che sono state descritte da chi ha trovato la vittima e che ronzavano attorno al cadavere sembrano un elemento messo lì apposta dell'assassino. Ma perché? Tutto sembra far pensare che la vittima dovesse essere privata delle sue caratteristiche umane, ma anche animali che distinguono un essere vivente da una macchina o da un oggetto.
Cinque minuti dopo qualcuno bussa alla porta. È Evan Deper. È stato portato dai poliziotti al suo studio perché non ha ancora pagato la cauzione. Ma la pagherà, Deper non vuole rimanere in prigione, si sente troppo superiore a quelli che stanno lì, nella cella, con lui. E i carcerati, per sfortuna di Evan, se ne sono accorti e non lo vedono di buon occhio. Quindi Deper fa bene a cercare di pagare la cauzione il più presto possibile.
Lottan accoglie il suo 'ospite', mentre le guardie si posizionano davanti alla porta dopo che essa viene chiusa.
"Signor Deper affronti questo colloquio come se stesse parlando con un amico, non si preoccupi. Soprattutto sia sincero perché non c'è alcun bisogno di non esserlo, io sono semplicemente un'analista, non sarò io a metterla in prigione" dice Lottan con calma.
Allora Evan risponde stizzito: "Ah, non è lei che mi manderà in prigione? Perché io credo che su questo colloquio si basi l'accusa di aver ucciso mia figlia! Perché quegli stronzi dei poliziotti che mi hanno arrestato e che ce l'hanno con me, non hanno niente per sostenere l'accusa di omicidio!"
"Signor Deper, qui nessuno ce l'ha con lei. Noi stiamo solo facendo il nostro lavoro per trovare l'assassino di sua figlia"
"E accusate me che non c'entro un cazzo!"
"Signor Deper torniamo a noi. Questo non è un colloquio per affermare che lei è colpevole, glielo posso assicurare"
"Allora perché ho bisogno di uno strizzacervelli?! Non sono mica pazzo io!"
"Nessuno sta dicendo che lei è pazzo, io sono qui solo per conoscerla meglio. Se non è stato lei a uccidere sua figlia non ci saranno problemi se parliamo come due uomini civili"
"Ah no? E lei crede che sia stato io a trattare in quel modo mia figlia! Crede che io volessi che lei venisse ridotta così in pezzi!"
"Quello che credo io non ha importanza, e comunque, per la cronaca, io non penso che lei sia colpevole"
"Ah sì? Allora perché non la finiamo qua con questa pagliacciata?"
"Questa non è una pagliacciata signor Deper, io sto facendo quello per cui sono pagato, quindi perché non parliamo di lei come fanno due buoni amici?"
"Lei non è mio amico"
Lottan cerca di fare delle domande a Deper che però o rimane zitto o gli urla contro. Così passano due ore.

Eccomi ritornata con un altro capitolooooo!! Secondo voi Evan Deper è colpevole?

L'ultima VittimaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora