Capitolo 1

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Bzzzz.
Bzzzz.
Una mosca gironzola per la stanza. Si appoggia su qualcosa. Qualcosa di appiccicoso. Ha le zampe tutte rosse. È da un po' che gira lì intorno perchè ha annusato un buon odore. E ora i suoi arti sono appiccicati a ciò su cui giace. È la prima che giunge lì. Avrà più pasto rispetto alle altre. Ma non potrà volare finché quella sostanza appiccicosa non si asciugherà. Sente dei ronzii: sono le sue avversarie di pasto, ma anche le sue amiche. Vengono lì anche loro per mangiare. La piccola mosca, però, non le avverte che si appiccicheranno a quella cosa a cui lei sta sotto. Così anche le altre mosche si appiccicano a quella sostanza rossa e la succhiano, si rendono conto poco dopo di non poter volare e simultaneamente ronzano più forte.
Qualcuno bussa. Nessuno apre. Perché non c'è nessun essere vivente in grado di aprire. Bussano più forte. Poi si sente ancora solo il ronzio delle mosche. Qualcuno urla: "Tre, due, uno!" E sfondano la porta. Sono tre uomini: i due vicini con il postino. Quest'ultimo era arrivato per recapitare solo una lettera e non è riuscito a farsi aprire. Così ha chiamato i vicini per saperne di più, ma loro non erano a conoscenza di nulla.
I tre superano l'atrio, la cucina, la sala da pranzo, il bagno e non trovano nessuno. È tutto in ordine. Sembra che in quella casetta di periferia il tempo sia stato fermato.
La porta della camera da letto è socchiusa. Il postino la apre e sente per primo il ronzio. Vede il letto e apparentemente non trova nessuno. Aggira il letto e vede un corpo ricoperto di sangue e di mosche. Si porta una mano alla bocca e gli altri due lo raggiungono. Per poco non urlano. Uno dei due vicini chiama il 911.
La vittima viene riconosciuta dai due vicini ed è l'inquilina della casa in cui l'hanno trovata. Si chiama. O meglio, si chiamava Leslie Deper, ventunenne. Si era trasferita da poco sulla 172esima strada e faceva l'impiegata part time a pochi isolati da casa sua. È morta tra le 20 e le 23 del 16 ottobre del 2040. È stata ritrovata la mattina seguente alle 10. La polizia interroga i tre uomini che hanno ritrovato il cadavere. Il postino non aveva mai visto la vittima e avrebbe dovuto consegnarle una cartolina. I due vicini la conoscevano a mala pena.
Il medico legale, dopo aver eseguito l'autopsia, sostiene di non sapere cosa sia stato a ucciderla, sicuramente il colpo è stato inferto poco prima che l'assassino tagliasse le tette alla vittima e le togliesse le ovaie. È stato scoperto anche un segno verticale che percorre tutta la schiena del cadavere a partire dalle spalle fino all'osso sacro. Si tratta di un'incisione della pelle inflitta con un coltello da cucina utilizzato anche per il resto del 'lavoro'.
Il capo della polizia John Miller per questo caso chiede aiuto allo psicologo Dave Lottan per tracciare il profilo del killer.
Il signor Lottan è un uomo con i capelli brizzolati, neri con spruzzi di bianco qua e là, alto, ha passato da poco la cinquantina, ma, a sentirlo parlare, sembrerebbe un vecchio. Non vede l'ora di andare in pensione.
Così lo psicologo da un'occhiata al luogo del delitto, esamina la cartella della vittima e guarda ciò che è stato ritrovato dalla polizia. Miller dice che i suoi uomini non hanno trovato dei modus operandi simili a quello usato dall'assassino per questo omicidio. Non si tratta probabilmente di un maniaco sessuale perché non sono stati ritrovati segni di violenza. Uno dei poliziotti, Jack Larsson, l'uomo che ha più esperienza nel loro gruppo, accenna all'idea che si tratti di qualcuno che voleva impedire alla vittima di procreare ancora poichè ha tagliato via gli organi e ciò che serve per riprodursi. Mark Sheun, appena entrato in polizia, dice scherzando che potrebbe essere stato un misogino. Nessuno riesce a spiegarsi cosa significhi l'incisione sulla schiena. Le ipotesi sono le più disparate: un rito sacro di una tribù africana o sudamericana, una lettera di un alfabeto straniero e poco conosciuto, un disegno di un artista astratto. Larsson ipotizza che sia un numero. Miller scrive tutto su una lavagna e cerchia il nome della vittima al cui fianco vi è una sua foto. La squadra guarda uno degli ultimi arrivati, Dylan Monscow, che sta smanettando con il computer della vittima. Di lì a poco si sentono dei rumorini di sottofondo. Si girano tutti verso la stampante da dove esce fuori un foglio con sopra scritta una serie di nomi. Monscow spiega che quello è l'elenco degli amici della vittima, o meglio, quelli che intrattenevano stretti contatti con la vittima. Miller sta per aprire bocca, ma Monscow intuisce la domanda che si sta per formare sulle labbra del capo e risponde dicendo che ha già controllato anche il cellulare della vittima. Dalla stampante esce fuori un altro foglio nel quale accanto ai nomi ci sono scritti: email, numero di telefono e indirizzo di casa. Miller dà una pacca sulla spalla a Monscow e scrive tutti i nomi sulla lavagna. Monscow si alza dalla sedia e fa un cerchio di fianco al nome di una certa Elianne Dick e di una che si chiama Selene Avril. Spiega poi che quelle sono due ragazze che avevano un rapporto più intimo con la vittima. Fa una x su altre due persone e scrive di fianco madre e padre. Poi dice: "Qualcuno dovrà andare ad avvisarli"
Il capo sorride e indica Sheun e lo stesso Monscow. La squadra ridacchia e uno Sheun svogliato si alza dalla sedia, il capo gli lancia un mazzo di chiavi e gli dice di scegliersi la macchina che vuole e di dare la 'favolosa' notizia. Miller scherza, fa così solo per non rendere troppo pesante il lavoro alla squadra, lui e il gruppo sanno che è un lavoro serio il loro.
I poliziotti si presentano davanti a casa Deper e apre un uomo sulla cinquantina, capelli neri e occhi azzurri, gli stessi occhi della vittima, infatti ne è il padre, appena vede il distintivo parla in modo serio: "So già quello che state per dirmi e quindi andatevene. Mia moglie sta già morendo dal dolore, non c'è bisogno che gliene provochiate altro"
Si affaccia una donna con i capelli castani chiari lunghi e mossi, simili a quelli della vittima, ha gli occhi rossi a causa del pianto e tenta di biascicare due parole, ma, quando vede il distintivo ancora alzato, ricomincia a piangere a dirotto.
"Vedete" dice ancora l'uomo prima di sbattere la porta in faccia ai due ufficiali. Sheun vorrebbe andarsene, ma Monscow si picca: deve interrogare i genitori. Così bussa ancora, ma nessuno apre. Batte il pugno più forte e urla: "Posso tornare qui con un mandato e dovrete rispondere per forza alle mie domande"
La porta viene socchiusa, il padre della vittima esce e si presenta ai poliziotti e dice: "Potete parlare con me"
"E sua moglie?" chiede ostinato Monscow.
"È impossibilitata" risponde impassibile il signor Deper.
"Per il momento va bene così" sussurra Sheun al suo compare. Monscow annuisce a testa bassa guardando il compagno di sottecchi. Fa un sorrisino alzando solo un lembo della bocca. Rialza la testa e rivolge un sorrisone finto a Deper, infine dice: "Dove possiamo sederci per parlare con comodo?"
Deper gli indica il giardino dove ci sono tre sedie. Sheun si siede con Deper, ma Monscow rimane in piedi e appoggia le mani sullo schienale della sedia di Sheun. Così è Monscow a dominare la situazione dall'alto. È in vantaggio rispetto a Deper. Così Monscow sorride ancora e rivolge la prima domanda a Deper: "Sua figlia aveva tanti amici?"
Deper non capisce il senso della domanda, ma risponde con apparente tranquillità: "Boh, penso tanti... non seguivo molto la sua vita sociale... ormai era maggiorenne..."
"C'era qualcuno con cui aveva litigato? O qualcuno che non le voleva troppo bene?" Una luce passa negli occhi di Monscow.
"Non che io sappia. Sa mia figlia era molto indipendente" Monscow capta ciò che realmente significano quelle due ultime parole dette da Deper. Leslie non era una ragazza molto attaccata ai genitori. Quell'immagine scatena una domanda nella mente di Monscow che chiede: "Avevate mai avuto problemi con vostra figlia?"
Deper lancia uno sguardo al poliziotto cercando di sondare i risvolti di quella domanda: dare una risposta sbagliata significava dare indizi alla polizia e mentire poteva metterli in una posizione scomoda. Bisognava dire una mezza verità o far finta di non aver capito. A Evan Deper non piace passare per 'lo scemo del villaggio' così dà una mezza risposta: "A scuola era sempre stata una brava ragazza: buoni voti e buon comportamento. Idem a casa" Ecco una risposta che lo soddisfava: non diceva troppo né troppo poco. Evan era sempre incline al silenzio in qualsiasi faccenda, soprattutto quelle che coinvolgevano degli 'enti' superiori a lui. Monscow se lo aspettava. Sheun intanto si annoia poichè la discussione è diventa piatta, invece Monscow sembra essere pronto all'azione. Decide di lanciare una bomba. Così dice: "Bene, poi chiederemo alle scuole che ha frequentato..."
Monscow si è già girato per uscire, ma con la coda dell'occhio vede la faccia di Deper impallidire. Ha fatto colpo. Sheun intanto non si è accorto di nulla, si è alzato dalla sedia e lentamente si dirige verso l'uscita. Monscow si rigira verso Deper e chiede, non solo per domandare, ma anche per godersi la faccia del suo 'avversario': "Un ultimo favore: mi può dare l'indirizzo delle sue amiche.." cerca i nomi sul suo taccuino e finisce la frase. Deper risponde con tono cupo e Monscow esce di scena soddisfatto mentre Sheun lo aspetta alla macchina.
I due sbirri vanno a fare rapporto al capo e poi Monscow si erige volontario per andare a interrogare le due amiche.

Ciao a tuttiiiii!!!! Ecco come promesso il primo capitolo del mio secondo libro. Ho provato a scrivere qualcosa di completamente diverso... spero che vi piaccia. Se è così votate questo capitolo. In qualsiasi caso scrivetemi un commento per farsi sapere cosa ne pensate! Grazie a tutti e al prossimo capitolo!!!

L'ultima VittimaWhere stories live. Discover now