50. Perché sorridi?

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<<Ragazzi, mancano meno di due settimane alla fine della scuola>> furono quelle le ultime parole del professore di diritto prima che suonasse la campanella. <<Chi di voi non è sufficiente si faccia interrogare da domani>>

Riunii le mie cose raggruppandole una sopra l'altra e, prima di uscire dalla classe, diedi un'ultima occhiata al banco vuoto di Thomas.

Quella mattina volevo parlargli seriamente della chiamata che aveva fatto a mio fratello. Secondo Anastasia era solo un piccolo malinteso, ma io non ne ero tanto convinta.

Ma tralasciando tutto ero più che sicura che, anche se ci fosse stato quella mattina, non sarei andata a parlargli.

Perché non sembrava di certo solo un piccolo malinteso. Anastasia lo diceva perché non conosceva Thomas, credeva che non fosse capace di fare ciò che si poteva pensare vedendo quella chiamata. Non so se mi sono spiegata bene.

Lui non poteva neanche avere il numero di mio fratello. E anche se l'avesse, non poteva averlo chiamato per sbaglio. Il telefono aveva suonato almeno per almeno quindici secondi. In quell'arco di tempo si sarebbe accorto sicuramente di aver chiamato la persona sbagliata.

Ero appena arrivata al mio armadietto, lo aprii e presi il libro di chimica. Per un certo momento, fui sollevata di poter passare un'ora tranquilla assieme a Pietro. Ma, poi, mi ricordai che lui era in gita e quindi sarei stata sola.

La sera prima che partissero, Miriam mi aveva chiamata. Thomas le aveva detto che ci eravamo lasciati. Mi disse che le dispiaceva tantissimo per ciò che era successo. Nonostante le critiche che disse contro suo fratello, sottolineò che era stata Laura a baciarlo e non lui. E da ciò che disse capii che non sapeva niente riguardo al "ti amo".

Perché lui non le aveva detto anche quello? Probabilmente, non era manco vero.

<<Tanto tornerete insieme di sicuro>>, aveva detto.

Io non dissi niente e lei fortunatamente cambiò discorso.

La mattina dopo, mi aveva mandato una foto di lei e Pietro che facevano delle smorfie. In quel momento, stavano facendo colazione al bar dell'aereoporto.

Erano passati, ormai, tre giorni da quando erano partiti e non avevo avuto più notizie di loro.

Detta così è orribile.

•••

Suonata la campanella della pausa pranzo successe un fatto strano.

Ero uscita dall'aula di chimica e mi trovai davanti la figura di Clarissa. Aveva un aspetto del tutto diverso e cambiato.

<<Ti va di pranzare insieme, come ai vecchi tempi?>>, mi chiese sorridente.

Inizialmente esitai, ma poi mi ritrovai a pensare a come avrei potuto gestire la situazione tra i miei amici e così finii per accettare.

Nei giorni precedenti, non avevo mai visto Clarissa, forse non era venuta a scuola o forse dati i trecento-e-passa alunni della nostra scuola era passata solo in inosservato. Cosa altamente strana, ma possibile.

<<Ti dispiace, se ci sediamo al tavolo della squadra di rugby?>>

Avrei preferito fossimo state solo noi due, come per tornare ai vecchi tempi. Ma accettai lo stesso.

Lei mi sorrise e ci avviammo al tavolo. Mi iniziò a presentare tutti coloro che si trovavano a quel tavolo. C'erano quattro ragazzi che facevano parte della squadra di rugby. In tutto dovevano essere dodici, comprese le riserve. Me lo aveva detto una volta per caso Thomas.

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