49. Silenzio

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Ero appena tornata a casa da scuola. Appena varcata la soglia, fui avvolta completamente dal silenzio.

Evitai di gridare che ero a casa, come mi era solito fare. Cercai, invece, di percepire un minimo di rumore.

Di solito, quando tornavo a casa da scuola, c'era sempre mio fratello più grande che guardava la televisione in salotto, visto che lui arrivava in meno tempo a casa da scuola.

Mentre mia sorella dipendeva da quando usciva da scuola, certi giorni usciva presto, altri più tardi.

Riguardo, invece, a mia madre, restava a lavoro fino alle cinque, ovvero due ore dopo di quando arrivavo a casa.

Insomma, c'era sempre qualcuno a casa indipendentemente dalle ore.

Solitamente, a Roma, quando non trovavo nessuno a casa era perché i miei fratelli volevano farmi qualche strano scherzo. Era fin troppo bravi in questa materia. Mi facevano spaventare a morte.

Ma, da quando eravamo a Torino, non mi avevano mai fatto scherzi del genere.

Andai in cucina cercando di pervenire qualsiasi movimento che mi potesse fare urlare. Aprii il frigorifero per prendere la Coca.

Feci, però, lo sbaglio di ricordarmi che dietro il frigorifero Kale Brecht, ovvero Shia Labeouf, aveva trovato l'assassinio nel film Disturbia.

Chiusi di scatto il frigorifero e feci un sospiro di sollievo. Niente. Non c'era nessun killer.

Mi versai in un bicchiere la Coca. Ne bevvi un sorso e portai con me il bicchiere fino al piano superiore. Ero davanti alla porta della mia camera, quando sentii qualcosa cadere dietro di me.

Mi voltai e appena vidi un ragazzo che non era mio fratello gridai in preda al panico. Finii con la schiena alla porta di camera mia e con gli occhi sgranati strinsi in bicchiere di vetro che avevo in mano.

Aveva i capelli castani e gli occhi azzurri con una statura media, addosso aveva solo una canottiera e dei pantaloni corti che gli arrivavano al ginocchio. Guardai meglio quegli occhi azzurri. Lo conoscevo?

Prima che potessi dire qualcosa spuntò mia sorella che sgranò immediatamente gli occhi nel vedermi.

Solo dopo qualche secondo sorrise.

<<Samantha?>> Sembrava più domanda che un'affermazione. <<Che ci fai qui?>>

Corrugai la fronte guardandola. Indossava solo una canottiera nera e dei pantaloncini grigi.

<<È casa mia>>

Lei annuì, come se ne fosse appena ricordata.

Intanto il ragazzo che mi pareva familiare, mi guardava confuso. Poi, improvvisamente, i suoi occhi si illuminarono. <<Sei Samantha Ravieri, la ragazza di Gorrieri,
giusto?>>

Fu, in quel momento, che Anastasia mi guardò sgranando gli occhi. Oh, cazzo. Cercai di ignorarla. Una cosa alla volta, chiedevo solo quello.

Tornai a guardare il ragazzo e mi ricordai dove lo avevo incontrato per la prima volta. Lo avevo visto nella foto di classe di mia sorella. E, poi, lo avevo visto durante una partita di calcio di Thomas. Era quello "scarso".

<<E tu sei?>>, chiesi ancora confusa.

<<Il ragazzo che guardavi
inquietantemente durante una partita del tuo ragazzo>>

<<No, mia sorella ha quello sguardo anche normalmente>>, si intromise Ana. La guardai male, ma decisi che era meno importante di ciò che in quel momento volevo capire.

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