46. Ancora perfetto

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Thalia era sparita da più di un'ora e da circa venti minuti West era andato a cercarla. Trina era andata in bagno a rapidi passi e prima che potessi seguirla Ben mi fece segno di no e la seguì lui.

Io me ne restai, allora, seduta su un divano -poco più lontano dalla pista da ballo- e Thomas, accanto a me, mi circondò il corpo con le braccia.

Avevo già saputo di Pietro, però non lo avevo ancora detto a Thomas. Non per non rovinargli la serata. Anzi, forse gliela avrebbe pure migliorata visto che la sua teoria della cotta di Pietro nei miei confronti non era esatta.

Piuttosto non riuscivo ancora a credere che Pietro mi avesse nascosto la sua relazione con Clarissa e si stesse allontanando da me per paura di perdermi quando lo avrei saputo.

No, non poteva essere vero. Non riuscivo a capacitarmi di ciò.

<<Sam, tutto bene?>>, sentii la voce profonda di Thomas chiedermi. Sentii pure il suo respiro sul mio collo e dei brividi mi percorsero la schiena.

Mi sistemai meglio con la testa sul suo petto e chiusi gli occhi.

<<Si, sono solo stanca>>, dissi circondandogli il collo con le braccia.

Mi sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio. <<Sicura?>>

Alzai la testa e lo guardai dritto negli occhi. Feci spallucce con un sospiro e mi morsi le labbra portando le ginocchia al petto.

<<Senti, vado a prendere due drink e torno subito, così mi racconti tutto. Ok?>>, mi disse poggiando una mano sulla mia guancia.

Annuii e sorrise avvicinandosi a me per baciarmi. Poi si alzò dal divano e si allontanò verso il bar.

Presi il telefono e notai che avevo una chiamata persa da mia sorella. Le mandai qualche messaggio e aspettai o una sua risposta o anche solo un suo segno di vita, ma nulla.

Intanto, Thomas non tornava. Non riuscivo nemmeno a intercettarlo tra la folla. Così decisi di approfittarne. C'era troppa confusione per una chiamata.

"Sono uscita dal locale", gli scrissi rapidamente per non farlo preoccupare.

Mi diressi veloce fuori dal locale con il permesso del prof che era all'ingresso ad un tavolino.

Quando finalmente uscii, riuscii a respirare a pieni polmoni l'aria fresca e mi sentii beata.

Chiamai mia sorella e portai il telefono all'orecchio. Uno squillo. Due. Tre. Quattro. Cinque e rispose

<<Ana? Pronto, sei te?>>, mi allarmai subito preoccupata.

<<Max mi tradisce>>, esclamò senza nemmeno lasciarmi il tempo di replicare.

In una situazione del genere mi sarei immaginata Anastasia con la voce rotta dal pianto, il mascara colato ad approfondire le occhiaie e il naso tappato.

Me la sarei immaginata, poi, seduta sul suo letto e circondata da un pacco -poco intatto, ma intero- di fazzoletti e alcuni già usati e lanciati per terra.

Ma niente di tutto ciò probabilmente era successo o per lo meno quando mi aveva chiamata non era in quel tipo di situazione. Probabilmente aveva già pianto prima e in quel momento voleva solo "giustizia".

Non risposi per farle capire di continuare a parlare e lei lo fece. <<Non ha nessun messaggio di nessuna ragazza sul telefono. Li ha cancellati tutti. Logico!>>

<<Ana...>>, cercai di replicare.

<<Cosa? Vuoi difenderlo? Scherzi?! Nono, questo mi tradisce, te lo dico io>>

Non dissi niente e non perché ero troppo perplessa dalle sue paranoie che si era fatta mia sorella. Ne ero abituata.

Ma perché qualcosa mi attirò in fondo a quel cortile del locale, dove erano riuniti alcuni ragazzi -forse della mia stessa scuola- a bere birra. In quel momento, stavano lanciando le bottiglie vuote sul prato e facevano a gara a chi l'avesse lanciata più lontana.

Ma non furono nemmeno quei ragazzi ad attirare la mia attenzione.

In fondo al cortile, vicino all'entrata del locale, c'era una guardia che controllava chi entrava dentro il locale e vari ragazzi di diverse età in fila per entrare. Infine, due ragazzi che si baciavano appoggiati ad una colonna.

Mi avvicinai a passi lenti e insicuri ancora con il telefono all'orecchio. Mia sorella continuava ad urlare al telefono.

Più mi avvicinavo più mi rendevo conto che avrei fatto meglio a non uscire dal locale, a non continuare ad avvicinarmi, a non guardare meglio.

Mi avvicinai sempre di più. E poi successe tutto velocemente.

Il ragazzo appoggiato al muro allontanò la ragazza da lui con una smorfia. E vi giuro quando avevo riconosciuto il volto di lui, avrei voluto sprofondare e sparire dalla faccia della terra.

Il telefono mi cadde dalle mani. I suoi occhi azzurri si spalancarono. Mi sentii svenire sul punto. Riuscii a reggermi, comunque, in piedi.

Riuscii ad avvicinarmi sotto lo sguardo divertito di Laura che si scostò per farmi spazio e mi permise di dare uno schiaffo a Thomas.

Una lacrima mi rigó il viso e io l'asciugai voltandomi per andare a cercare le mie amiche e poter andare via una volta per tutte.

<<Lasciami!>>, sentii urlare dalla sua voce dietro di me.

Mi infiltrai dentro il locale sorpassando la guardia. Altre lacrime mi rigavano il viso e io le asciugavo invano.

Stavo camminando fra la folla in cerca di qualcuno che conoscevo per capire se tutto ciò era solo un semplice sogno o era tutto reale.

L'immagine continuava a presentarsi davanti ai miei occhi.

Laura e Thomas che si baciavano.
Lui che l'allontanava.
Incontrava il mio sguardo.
Il mio schiaffo.
Il suo sguardo pentito.
La sua voce.
E io che me ne andavo.

Altre lacrime rigarono il mio viso. Sentii una mano affermarmi il polso. Mi voltai e mi ritrovai davanti la figura di Thomas. Tirai all'istante il polso dalla sua mano e indietreggiai lontana da lui.

<<Sam, ti prego. Io...>>

Lo interruppi. <<Lasciami stare>>, dissi con gli occhi lucidi.

Mi voltai dandogli le spalle e andai verso il bagno in cerca di Thalia. Trovai, invece, Trina che litigava con Ben.

<<Per quale fottuto motivo non mi hai mai detto niente? Me lo spieghi, cazzo!?>>, stava gridando lui, in quel momento.

Che era successo?

Lei, invece, era seduta su uno sgabello davanti al balcone dei drink. Aveva un cucchiaino in mano e stava mescolando un liquido rosa fosforescente.

Quando si accorse della mia presenza ed incontrai i suoi occhi rossi, si alzò dallo sgabello e mi prese per mano.

Mi trascinò per mano fino al cortile del locale ignorando completamente le imprecazioni di Ben.

Ci sedemmo entrambe su una panchina davanti al locale. Non ci dicemmo nulla per un certo periodo di tempo.

<<Vuoi parlarne?>>, chiesi rompendo il ghiaccio.

Fece spallucce.

<<Tu vuoi parlarne?>>, chiese di rimando.

Feci a mia volta spallucce.

Dovevo aspettarmi che sarebbe successo prima o poi.

PROBLEMWhere stories live. Discover now