Capitolo 8

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Appena 32 raggiunse nuovamente il proprio palazzo, lasciò cadere il prigioniero sul duro sentiero argentato davanti al portone di ingresso. Lo aveva trasportato per tutto il viaggio tenendolo per i capelli, ma l'altro non si era lamentato; il massimo segno di dolore che era riuscita a strappargli era un semplice digrignare di denti.

Sicuramente il suo popolo aveva visto le sfere di energia che l'altro aveva scagliato, Saggi compresi, e questa consapevolezza non faceva che renderla inquieta. Tuttavia era molto meno preoccupata di quanto avrebbe creduto. Aveva nascosto un ospite alieno e ora un nuovo ospite indesiderato si aggiungeva a turbare la quiete del pianeta, ma le sembravano questioni di poco conto. Al centro della sua attenzione in quel momento c'era solo l'irritante comportamento di quello sconosciuto che sembrava sfidare apertamente la sua autorità senza temerla minimamente. Era tremendamente curiosa di scoprire chi fosse, ma il suo orgoglio le impediva di chiedergli in maniera più gentile informazioni sul proprio conto, piuttosto che pretenderle al suo solito modo. Probabilmente era l'orgoglio ad essere il problema comune per entrambi, l'altro non sembrava essere molto più umile di lei.

"Sicuro di non volermi dire chi sei?" Domandò 32 ancora una volta, senza tuttavia ottenere una risposta immediata. L'altro era steso in silenzio al suolo con gli occhi chiusi, ma sembrava troppo concentrato per essere svenuto o addormentato. "Sto parlando con te! Non mi sembra proprio il momento di dormire, questo."

"Non sto dormendo, dolig." Rispose il ragazzo, riaprendo gli occhi con un'espressione sofferente, come se avesse richiesto al proprio corpo uno sforzo che non era capace di compiere in quel momento. "Stavo solo controllando una cosa. E poi sì, sono sicuro. Ti ho già spiegato che non mi conviene affatto parlare prima di aver ricevuto le cure necessarie."

L'androide aprì la bocca, come per ribattere qualcosa, con un'espressione irata sul volto, ma poi chiuse gli occhi e fece un profondo respiro per calmarsi. "Ti credi superiore, vero? Te lo si legge in faccia. Ma non hai la più pallida idea di con chi tu abbia a che fare. Tuttavia, comprendo il motivo per cui non parli, perché al tuo posto io stessa assumerei il tuo identico atteggiamento. Orgoglio, vero?" Nel fare quel discorso, usando il tono più pacato possibile, 32 stava mettendo da parte il proprio e stava cercando di usare l'arte oratoria che le era stata insegnata da piccola, ma che non aveva mai amato mettere in pratica. Doveva solo convincerlo, e per farlo doveva capirlo, entrare nella sua testa. Data la affinità che aveva colto tra i loro caratteri, non sarebbe stato così difficile. "Eppure, per quanto tu ti possa ritenere superiore, devi considerare lo stato attuale delle cose. Sei ridotto ad un ammasso di carne sanguinante. All'interno del tuo corpo, ormai, sono più le ossa rotte che quelle intere, e capirai bene che nel caso in cui io ti lasciassi davvero in prigione, le cose non si potrebbero mai mettere bene per te. È di vitale importanza che tu mi dica chi e cosa sei, perché so per certo che mi attende un'assemblea abbastanza noiosa a cui non posso proprio partecipare senza una risposta a questa domanda." Fece una piccola pausa in quel discorso, come per far elaborare all'altro ciò che aveva detto, poi riprese. "Inizio io per prima. Sono un androide e sono la regina di questo pianeta. Ora potresti gentilmente dirmi chi sei, in modo tale da appianare le divergenze e da curare il tuo corpo ferito?"

Il ragazzo non rispose subito, la guardò per un bel po' in silenzio, con un'espressione indecifrabile nel volto e 32 ipotizzò che all'interno della sua mente stesse avvenendo un combattimento tra il suo ego e la consapevolezza di necessitare di cure. Alla fine sembrò che fu quest'ultima ad avere la meglio. "Ti rivelerò chi sono prima di essere curato, ad una sola condizione...Finché il mio corpo non si sarà completamente ristabilito e io non sarò in grado di andarmene da qui, dovrai essere tu a prenderti cura di me."

C32 inarcò un sopracciglio dubbiosa: era davvero quella la sua richiesta? Non capiva la necessità di quella condizione, ma di sicuro non era difficile da rispettare. "A tuo rischio e pericolo." Rispose lei, stringendosi nelle spalle. "Sappi che sono più brava ad uccidere che a curare." Per quello in genere venivano adoperati i robot o comunque gli androidi esperti di medicina. Lei, sebbene l'avesse studiata, non dava molto peso a quella materia, essendo quasi superflua per un popolo capace di rigenerarsi istantaneamente ed immune alle malattie. "Mi spiegherai chi sei strada facendo. Spero che tu riesca a camminare con quelle gambe malconce, perché non ho nessuna intenzione di aiutarti. Altrimenti dovrai strisciare su per le scale come un verme." Aprì il pesante portone d'ingresso del palazzo e fece un passo all'interno dell'atrio, per poi voltarsi a guardare come se la cavasse il nuovo arrivato.

PolemosWhere stories live. Discover now