36: nel quale si decide di giocare a un gioco

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Forse avrebbero dovuto immaginarlo. Forse avrebbero dovuto ricordarsi delle parole di Deirdre, considerare ogni sillaba spesa da quella bambina. Forse... quante cose, Kim se ne rese conto dolorosamente, non avevano ricevuto la giusta considerazione. Probabilmente non sarebbe cambiato nulla, ma la consapevolezza avrebbe fatto meno male.

In lontananza, ma non troppo, c'era un'isola.

Una piccola isola grigia e nera, probabilmente a forma di ferro di cavallo. Aveva un aspetto roccioso, con coste massicce e scure, da cui si alzavano alti camini eruttanti vapori, lapilli e cenere, come in una di quelle fotografie storiche dell'affollata Londra ottocentesca, piena di comignoli e inquinamento. La Emerald stava puntando proprio verso di lei, muovendosi lenta ma inesorabile in direzione di una baia. Kim non comprese subito cosa fossero le strane costruzioni collocate sulla stretta lingua di terra dell'insenatura. Pensò fossero scogli o faraglioni aguzzi.

"Sono navi" bisbigliò invece Jozefien. Immediatamente il contorno di quelle figure assunse un significato e Kim poté individuare lo scheletro, ligneo e marcio, di un paio di grandi vascelli, la chiglia di una enorme nave a vapore e chissà quanti resti di altri navi, più simili a ossa ormai rese grigie dall'espettorato delle fumarole circostanti, erano sparsi per tutta la spiaggia di roccia vulcanica.

Improvvisamente era divenuto chiaro a tutti che fine sarebbe toccata alla nave da crociera: in fondo non era più tanto difficile immaginarlo.

"Siamo cibo d'asporto, cazzo" udì Kim, probabilmente dalla bocca di Kerli. Non si era accorta che coloro che erano rientrati dalla porta prima che i serpenti marini raccontassero la storia di Siva si erano fatti attorno a loro, tornando sul ponte esterno. Si guardò attorno e notò che lo sguardo di ognuno era puntato sulla schiena della non più tanto anziana – facendo rapidi calcoli, arrivò con orrore a capire che di anni ne doveva avere una cinquantina – donna indiana. Kim si chiese se anche loro avessero assistito a quel viaggio incredibile e doloroso di cui era stata testimone e la risposta le fu data dal viso di Jo, quando le rivolse un'occhiata: era rigato di lacrime, pallido e sconvolto. Ricambiò lo sguardo di Kim e lei non poté esimersi dallo stringersi al suo fianco, per consolarla e consolarsi.

"Io lo sapevo" bisbigliò Isidro, attirando l'attenzione delle due ragazze. Il suo viso era accartocciato in un'espressione di una sofferenza inaspettatamente feroce. Non disse altro, ma si mosse rapidamente. Lasciò il fianco dei suoi compagni e prima a passi veloci poi in una vera corsetta, arrivò al fianco di Sivashangari, si gettò in ginocchio e le circondò le spalle con un braccio. Le loro teste si fecero vicine e Kim distolse lo sguardo, trovando intollerabile partecipare a quel momento.

"Era lui" mormorò Jo, a bassa voce. "Il ragazzo filippino. Quello della prima crociera".

Kim annuì, anche lei aveva pensato la stessa cosa. Aveva già immaginato che Sid e Siva si conoscessero da molto tempo, ma non avrebbe mai creduto che la loro storia avesse avuto un'origine così terribile.

Sid sapeva di Meera, ne era certa. Chissà quante volte aveva parlato di lei a quel suo unico amico più grande, probabilmente già ammogliato e anche lui con figli. L'unica persona che avesse mai saputo del suo più grande amore. Kim non poteva esserne sicura, ma aveva la consapevolezza che da quel giorno fatale nel convento, quello in cui Siva aveva scoperto di non essere più madre per decisione di altri, la donna avesse smesso di parlare della sua bambina. Nessuna persona, nessun conoscente, nessun amico arrivato in seguito aveva saputo la verità. Solo Sid ne era sempre stato cosciente, ma anche lui aveva sepolto il segreto in una tomba di silenzio, per suo rispetto.

Ora, però, il segreto era stato condiviso. Ogni pezzo tornava al suo posto, nel grande puzzle che Kim aveva tentato di costruire fin da quando la nave si era trovata affondata nella nebbia. Aveva sistemato il pezzo sbagliato, tentando di comporre la figura dell'Albatros: On era solo una conseguenza, non la causa. La causa era davanti a loro e piangeva tutto il suo dolore con il viso affondato nelle mani, mentre il suo vecchio amico tentava di consolarla.

La nave dei sogniWhere stories live. Discover now