32: dove ci sono Schrödinger, Coleridge e la disidratazione

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Kim non era mai stata nella tromba di un ascensore, ma probabilmente avrebbe fatto a meno di quella esperienza nella vita: era tutto buio e c'era un odore dolciastro, ferroso, di metallo e grasso. Dopo che le sue risate si erano quietate in un silenzioso rasserenamento, Camila le aveva assicurato attorno ai fianchi una spessa corda castana e poi, guidata dalla giovane ragazza che apriva la coda, aveva iniziato a salire la strettissima scaletta che portava alle uniche porte aperte, due o tre ponti sopra di loro. Era da lì che i due intraprendenti e leggerissimi acrobati si erano calati, dopo aver cercato in lungo e in largo tracce della loro presenza.

"Come avete fatto a trovarci?" chiese Diego, pochi metri sotto di lei. Lui non era stato legato con la corda di sicurezza: non aveva nessuna gamba ferita. Kim si sentiva in qualche modo lusingata per quella premura nei suoi confronti, ma allo stesso tempo i postumi della feroce gioia di ritrovarsi viva e senziente le riempivano la testa di sdegno per quel trattamento da malata. Non si rendeva conto di quanto fosse inferma sulle gambe e di come le sue mani sudate rischiassero facilmente di lasciare la fredda e viscida presa del metallo. Sulle dita, dopo una veloce annusata, si era resa conto di avere quello sgradevole odore metallico, come di sangue fresco e limatura di ferro.

"Vi abbiamo sentito gridare" spiegò Bruno dal fondo della tromba, in quanto chiudifila. "Chi era?".

"Sergio" disse Natalia, sbuffando per la fatica, sotto Diego. "Chi vuoi che sia stato?".

"Gli altri dove sono?" domandò il ragazzo interpellato, dimostrando come al solito di non avere la minima intenzione di rimanere al gioco della fastidiosa cameriera argentina. Kim corse di nuovo al ricordo di poche ore prima, quando il senso di ogni cosa aveva iniziato a sgretolarsi come una statua di sabbia secca, quando si erano trovati come corpi sinceri, costretti a confrontarsi con demoni improvvisamente risvegliatisi dai meandri delle loro menti. Così come erano comparsi, quei corpi sinceri si erano dissolti nel nulla non appena la possibilità di vivere si era ripresentata, più forte e intensa che mai. Kim non ricordava di aver mai respirato con quella gioia e ogni boccata d'aria era un piccolo miracolo di cui rendere grazie.

"Abbiamo trovato quasi tutti" spiegò Camila, con il suo grazioso accento spagnolo. C'era una nuova sicurezza nella sua voce, una qualche forma di spavalderia. Forse che anche lei si fosse ritrovata nuda davanti a una sentenza di morte e fosse riuscita a scamparla? Kim lo riconosceva: quello era lo stesso coraggio che la guidava. Forse lei e Bruno erano scappati dalla prigione che i bambini avevano scelto per loro, forse era stata un'idea di quella ragazzetta. Le piaceva pensare che avesse usato una forcina per forzare una serratura o che avesse abbattuto la porta con un potente ma aggraziato calcio piazzato. Sorrise, mentre si rendeva conto che, per quanto viva e felice e motivata fosse, la sua condizione di delirante assetata non era terminata. Doveva bere al più presto. E doveva anche cercare un antidolorifico potente. Molto potente.

"Perché hai detto quasi?" insistette Diego. Camila rimase in silenzio per un istante, prima di rispondere: "Le cose non sono andate tutte come previsto".

Fu un attimo: Kim non ebbe nemmeno il tempo di realizzare con coerenza quello che la ragazza aveva appena detto che la sua mente fece un balzo, come quei binocoli provvisti di diapositive: emise un debole click e il sorriso di Jozefien comparve, luminoso come un raggio di sole, davanti ai suoi occhi.

Immediatamente il pensiero dell'imminenza, della possibilità ormai troppo vicina che quel sorriso potesse essere scomparso per davvero, rese doloroso anche solo il semplice gesto del respirare. Kim si ritrovò con la gola serrata e un dolore tra le clavicole. Si aggrappò con tutte le sue forze a quello stupido scalino di ferro, niente più che un curvo tubo sottile, capendo improvvisamente il perché della corda attorno ai suoi fianchi. Le vertigini che la assalirono non avevano nulla da invidiare a uno sciame di zanzare estive in una risaia.

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