19: in cui c'è un armadio di ballerini

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Una sola volta Kim aveva assistito a un'esecuzione.

I suoi nonni materni provenivano dalla regione a ovest di Ho Chi Minh, sul fiume Mekong, luogo verso cui la città non aveva ancora teso le sue lunghe dita fatte di edifici in direzione delle risaie annegate. Possedevano una piccola casa tradizionale in mezzo ai canali e al suo fianco si trovava uno stagno di acqua verde in cui cinque o sei anatre bianche passavano le loro giornate. Ai tempi, fu una di quelle bestiole che andò al patibolo. Fu il regalo dei nonni per il settimo compleanno del loro adorato e unico nipote maschio e Kim venne richiesta come assistente nella preparazione. La nonna ancora vagheggiava un suo ritorno in seno al mondo contadino, ma fu chiaro a tutti che non sarebbe mai successo quando Kim svenne subito dopo che la mannaia era calata sul collo dell'anatra prescelta, che non aveva neanche avuto il tempo di capire cosa stesse succedendo.

Era stata l'esperienza più traumatizzante avuta, ma non era nulla paragonata a quella che stava attualmente vivendo. 

Dietro le porte del teatro si udivano grugniti, brevi ringhi e il costante rumore della masticazione, interrotto da qualche umido strappo che lasciava poco all'immaginazione. Subito dopo aver messo due battenti stagni tra loro e il demone, avevano udito per un altro minuto le urla del signor Monroe e i lamenti della moglie, ma ben presto lei si era zittita e dopo un ringhio della belva, anche le grida di Bert Monroe erano state ridotte a un bagnato gorgoglio.

Kim era ancora in piedi davanti alla porta e si immaginava, quasi ipnotizzata, ciò che stesse succedendo dall'altra parte. Davanti ai suoi occhi si vedeva quel mostro pasteggiare sul grosso cadavere dell'inglese, sventrato, con gli intestini in bella vista, lucidi e perlacei sotto la luce delle lampade della hall, gli occhi fuori dalle orbite come quelli di un topo schiacciato sulla strada e la bocca spalancata, insozzata dall'ultimo rigurgito di sangue prima di morire. Uno schiocco di denti e il demone alzava il muso con un brandello di carne e stoffa tra le zanne...

"Kim".

La ragazza trasalì violentemente e si voltò. Jozefien si spaventò quando notò quanto fosse pallida. Le mise le mani sulle spalle e si abbassò al suo livello per guardarla negli occhi.

"Non devi immaginare quello che succede di là" le disse con fermezza.

"Non ce la faremo, Jo" bisbigliò lei, con gli occhi spalancati dall'orrore. Jo capì che doveva essere sotto shock, così le strinse le mani e la tirò verso gli scalini rivestiti di moquette color porpora che scendevano verso la balaustra della galleria. Kim tentò di opporsi, sentendo il bisogno strano ma divorante di rimanere nei pressi delle porte, ma Jozefien tornò a guardarla, avvicinò il viso al suo e le sussurrò: "Il signor Cornelis ha appena chiuso le porte. Tutte. Quella cosa non può entrare qui".

"Ha accartocciato le porte dell'ascensore".

"Queste sono più spesse".

Kim iniziò a scuotere la testa e fece per rispondere ma, in quello istante, una zampata si abbatté sulle porte chiuse. Senza controllarsi si strinse a Jo, nascondendo il viso nella sua maglietta, tremando come una foglia. Dalla paura si sarebbe messa a piangere. Non udì neanche i gemiti di sorpresa e terrore degli altri: era tornata ad avere cinque anni, quando si faceva chiudere la gola dalla paura del buio, tanto da non voler lasciare per nessun motivo al mondo la camicia di suo padre quando la portava a letto. A fatica Jo riuscì ad aprire i piccoli pugni chiusi attorno alla stoffa dopo la quarta zampata a cui era seguito solo silenzio.

"Reggono" disse a bassa voce, stringendo i polsi di Kim con una sola mano. "Tranquilla".

"Reggerà. Sono porte simili a quelle che ci sono al ponte Zero" confermò il signor Fischer, come se volesse approvare le parole di Jo. Lui e gli altri erano scesi verso il centro del teatro e si erano accomodati sulle poltroncine o per terra. Dovevano essere tutti spaventati e il pragmatico macchinista stava di certo cercando di calmare le acque. Kim si chiese come potesse essere così tranquillo, dopo quello che aveva fatto. Poteva essere considerato omicidio? Della persona che aveva fatto inciampare probabilmente rimanevano qualche osso spolpato, ciocche di capelli e centrifugato d'organi.

La nave dei sogniWhere stories live. Discover now