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Francesca guidò Suor Paola al piano di sopra, in una camera da letto matrimoniale. Aprì quindi una bassa cassapanca e, dopo un breve frugare, ne tirò fuori un bustone sigillato pieno di vestiti.

«È una tradizione di famiglia» spiegò. «Ogni tre mesi, in occasione della luna piena più prossima a solstizi ed equinozi, facciamo una specie di pigiama party per i bambini. Tutti quanti indossiamo dei pigiami, possibilmente buffi e divertenti, e trascorriamo la notte nella stanza in cima alla torretta di questo casale.»

Nel frattempo, aveva aperto il bustone e aveva iniziato a estrarne indumenti, allineandoli sul lettone.

«Questo rito è iniziato quando io ero bambina, in un'altra casa. Più o meno facevamo le stesse cose: papà e mamma indossavano dei buffi pigiami e lo stesso facevo io. Ci chiudevamo in una delle stanze della casa e così iniziava il viaggio...»

Dispiegò un pigiamone a grandi bande brune e gialle, e lo mostrò alla suora sorridendo: «Vuoi essere ape stasera?» Ne prese un secondo, grigio, più pesante e peloso, con un ovale rosa sulla pancia. «Oppure una topina campagnola?»

Li poggiò entrambi sul letto e continuò a cercare nel sacco, riprendendo il racconto: «Qualche tempo dopo il mio matrimonio, papà ereditò un bel po' di soldi e comprò questa casa per noi.» Allargò le braccia come per indicare lo spazio tutto attorno a sé. «Era un po' troppo grande e così l'abbiamo presto riempita con i nostri figli. E poi... abbiamo iniziato ad accogliere qualche bambino che aveva bisogno di aiuto per un po' di tempo.»

Aveva dato fondo al sacco, ma non appariva ancora soddisfatta.

«Vogliamo provare con quelli di mamma?»

Non attese risposta. Afferrò una sedia e la usò per arrivare al ripiano più alto dell'armadio, dal quale tirò fuori una grossa scatola di cartone colorato, la poggiò sul letto e la aprì.

Ora i suoi movimenti erano più lenti e misurati: ogni capo veniva maneggiato con la massima cura e osservato a lungo prima di essere riposto in ordine su di una pila accanto alla scatola. Anche il suo parlare si era fatto più lento, e il tono di voce più basso, quasi sognante.

«Così, abbiamo ripreso l'abitudine. Ogni tre mesi ci vediamo tutti qui per ripetere la nostra piccola cerimonia notturna.» Si fermò un attimo, lo sguardo perso di fronte a sé. «Anche se mia madre non c'è più, è come se fosse ancora con noi.»

Si rivolse alla suora: «Per questo mio padre le ha chiesto di passare la notte con lui... con noi. Non poteva mancare stasera, e forse la sua somiglianza con la mamma lo ha talmente colpito da fargli dimenticare le buone maniere.»

Francesca aveva individuato infine ciò che aveva cercato fin dall'inizio: sollevò il pigiama che aveva in mano e disse, con la voce un po' rotta: «Ecco... ecco.»

Lo aprì e lo girò verso la suora: «Io penso che questo andrà bene... Sì.»

Il pigiama era una lunga veste di un blu profondo e vivo. Cucite sopra c'erano stelle, e una grande luna sorridente, e una casa con una lunga stradina serpeggiante, e alberi, e fiori. Nell'insieme trametteva una sensazione di gioia e serenità.

«Questo lo ha fatto mamma riprendendo un mio disegno di bambina...» Sorrise al ricordo. «Quando la vedranno con questa indosso i bambini impazziranno di gioia.»

Mentre lo diceva, pensò che di sicuro avrebbe fatto lo stesso effetto anche a suo padre.

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