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Francesca guardò sorpresa la suora quasi crollare sul divano.

«Sua madre?» chiese questa con voce stranita, senza riuscire ad aggiungere altro.

Solo allora la ragazza si rese conto dell'equivoco che tanto aveva colpito Suor Paola. Sorridendo, prese a scuotere testa e mani in segno di diniego.

«No... No, guardi, mia madre non ha mai preso i voti. È stata novizia sì, ma poi... – disse sorridendo. – Poi per fortuna ha conosciuto papà.»

La suora continuava a guardarla indecisa.

«Be' non sarei nata se non si fossero conosciuti» concluse alzando le spalle.

Paola annuì: «Capisco...»

Finalmente sorrise anche lei. «Quindi, per amore di Antonio lei ha deciso di non prendere più i voti.»

«Forse» rispose Francesca. «Forse la vocazione non era poi così profonda, non pensa? Altrimenti non sarebbe mai tornata indietro.» Fece una piccola pausa come cercando le parole adatte, gli occhi persi nel ricordo. «Lei diceva che mio padre era la sua vera vocazione.» Continuò più decisa: «Che Dio non li avrebbe mai fatti incontrare se non fosse stato quello il suo disegno.»

«Lei è una credente?»

Non era né una domanda né un'affermazione, ma il tono delle parole di Francesca aveva convinto Suor Paola che lo fosse.

«Sì, sì. Io credo, come mia madre.»

«Suo padre, invece?»

Paola cominciava a riprendere il controllo della situazione. Sentiva che la risposta a quella domanda poteva essere molto importante.

«Mio padre?»

La ragazza sorrise dolcemente, toccandosi i capelli e chinando la testa un po' di lato.

«Lui è un mistero... Penso che in fondo lo sia. Ma da quando la mamma è morta, di questi argomenti non vuole parlare...»

Proprio in quel momento rientrò nella stanza Antonio. Indossava un pigiama di flanella a righe, piuttosto largo – pantaloni e giacca – con grossi bottoni d'osso, calzini bianchi corti e pesanti e un paio di enormi pantofole rosse a forma di ippopotamo. A completare il quadretto, in testa portava un cappello da notte, col pon-pon in cima. Il tutto creava un risultato esilarante.

«Dai, dai... Francesca, è ora che vi prepariate anche voi, su...»

«Anche lei, vero?» chiese la figlia indicando la suora con aria perplessa e al tempo stesso speranzosa.

«Sì, sì certo! L'ho portata apposta, per i bambini. Non la vedi?»

Le squadrò entrambe per un momento, poi continuò: «Dalle qualcosa di tuo, o se non le entra... Qualcosa della mamma.»

Detto questo, si girò e tornò da dove era venuto. La suora – sempre più perplessa – guardava Francesca, con aria imbarazzata.

«Ma non le ha spiegato proprio niente?» l'apostrofò la ragazza sorridendo.

La suora scosse la testa. «Gli ho chiesto di fare una cosa per me oggi. Una cosa importante. Ma lui ha rimandato a domani e mi ha trascinata qui, dicendo che in cambio dovevo passare questa notte con lui...»

Era di nuovo un pochino frastornata e arrossì.

«Devo dire che mi sono anche un pochino preoccupata quando ha imboccato la strada sterrata che porta qui.» Nel dirlo, chinò la testa, scoprendosi turbata.

Francesca spalancò gli occhi e la bocca, per la sorpresa e l'imbarazzo.

«Oh Signore.... Ma che disgraziato!»

Si alzò come per andare a rimproverare il padre, ma ci ripensò subito e tornò sui suoi passi con le mani tra i capelli: «Chissà che cosa avrà pensato... È meglio che le spieghi subito ogni cosa.»

Si sedette accanto alla suora, sul divano.

«Innanzitutto, ci scusi! Mio padre è talmente preso da questa giornata... Forse vedere arrivare lei, che somiglia così tanto a mia madre, lo ha un po' scombussolato e distratto. Ci scusi davvero, sono sicura che non voleva metterla in imbarazzo: è un pezzo di pane, ma è un tale imbranato a volte.»

La suora annuì: «Davvero, non c'è nessun problema.»

In cuor suo, però, stava tirando un gran sospiro di sollievo. C'era dunque una spiegazione a tutto, e si predispose ad ascoltarla.

«Allora... – disse Francesca. – Deve sapere che questa, oltre a essere la mia casa, è anche una casa famiglia. Ci viviamo io, mio marito, che oggi è assente per un viaggio di lavoro, e le mie due figlie: Giulia di cinque anni e Marta di sette. Al momento abbiamo altri cinque bambini come ospiti temporanei: Adele e Margherita, otto e nove anni, Leonardo e Davu, entrambi di cinque anni e infine Aviel di nove.»

Diede un'occhiata all'orologio: «Ma venga di sopra, le spiego il resto mentre ci cambiamo.»

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