Confessioni solitarie

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Vorrei gridare.
Gridare, sì.
Hai presente quando ti si arricciano le labbra e gli occhi si fanno piccoli piccoli? Quando il naso è tutto stropicciato e chiunque potrebbe dare un giudizio di bellezza alle tue tonsille?
Ecco.
Ma sarebbe poco opportuno e a qualcuno potrebbe recare fastidio.
Anche se, mi spiace insistere, le mie scuse avrei proprio voglia di gridartele.
Non guardarmi con quegli occhi.
Sarà che il suono si propaga più a lungo e più in largo, sarà che, con la bocca aperta a quel modo, non avresti alcun problema ad appurarti che io abbia sputato fuori tutto fino all'ultima briciola di senso di colpa, che chissà perché ho sempre immaginato come un denso filone di catrame: ti percorre piano e per intero, appiccicoso come quel figlio della collega di tua madre che ha ancora tutti i denti da latte e ti si avvinghia alle gambe, neanche fossi la reincarnazione di Walt Disney.
Tutto è liberatorio nell'urlo, persino la posa che si assume.
C'è chi gonfia il torace per incanalare quanta più aria possibile, c'è chi si protende in avanti coi pugni chiusi e tesi all'indietro, c'è chi lo fa a braccia larghe e con le spalle bene aperte, a simulare, chissà, il dispiegarsi di quel paio d'ali che ognuno ha dentro di sé.
È come se, immettendo il fiato raccolto in precedenza in un'unica, prolungata emissione di voce, il cuore stesso rimanesse a corto d'ossigeno, e quindi finisse per strizzarsi e accartocciarsi e spremere tutto il proprio contenuto, riversandolo nel petto, dal quale poi risalirà alle corde vocali.
Ma se una scusa è sentita, diceva qualcuno (o forse nessuno), allora la sentono tutti, perciò tanto vale bisbigliare.
Sarò concisa, te lo prometto.
Soprattutto perché rischierei di annoiarmi se così non fosse.

Scusa se non ti ascolto.
Anzi.
Scusa se non voglio ascoltarti.
Scusa se ogni volta che cerchi di parlarmi io alzo il volume degli auricolari.
So che sei lì, in quel Silenzio, ad aspettare, con una pazienza che ti invidierebbe anche Nostro Signore (amen), dunque scusa se faccio di tutto per annegare nel rumore.
Scusa se ti trascuro, se dico che non ho tempo per fare quel che prima facevamo insieme.
Scusa se, quel tempo che dico di non avere, lo getto via.
Scusa se ti critico così aspramente, se non mi va mai bene alcunché di ciò che sei e ciò che fai.
Scusa se sono incostante e lascio ogni cosa a metà, se sono così insicura e mi perdo tanto spesso (a proposito, non è che mi terresti per mano?)
Scusa se per aiutarmi sudi sette camicie e poi insinuo in te il dubbio che non ne sia valsa la pena.
Scusa se ti faccio lavorare quando vorresti fare quello che ti pare e se ti permetto di fare quello che ti pare quando dovresti lavorare.
Scusa se non so organizzarmi.
Scusa se non ti do certezze.
Scusa se sono così volubile e incoerente, se passo dall'essere al settimo cielo al non voler vedere anima viva.
Scusa se a volte mi lascio prendere dalla nostalgia e preferirei riavvolgere il tempo piuttosto che tuffarmi, se ho paura delle novità e non riesco a mollare la presa sul passato.
Scusa se prima mi dimostro anaffettiva e poi ti chiedo cosa si provi ad essere abbracciati dalla persona giusta.
Scusa se in realtà mi affeziono troppo e fa male e mi tormento tanto su cosa sia l'amore.
Scusa se, per pigrizia, a volte manco di dire ciò che penso, mentre su questo punto tu ed io siamo sempre state molto chiare.
Scusa se ho creduto di essere speciale e ancora cerco qualcosa che mi faccia sentire tale.
Scusa per le metafore banali, le descrizioni prosaiche, per tutti i sinonimi (in realtà non esistono, lo so bene) e perché continuo a dimenticare le cose davvero importanti.
Scusa per questo che è probabilmente la peggior cosa che abbia mai scritto, ma sai meglio di me che è l'unico mezzo che ho per sentirmi un po' meglio.
Scusa se non so chi sono, se mi sto cercando, e se in questo prima ti coinvolgo e poi ti abbandono, per ritornare a prenderti chissà quando.

Ma abbi pazienza, arriverò.

E ora ti prego, abbassa quello specchio.

Solo StorieWhere stories live. Discover now