Capitolo 3

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Emisi un mugolìo nel cercare di spostare la testa dolorante dalla scomoda posizione in cui si trovava. Non riuscivo a vedere assolutamente nulla ma avevo gli occhi sbarrati: ero sola, seduta su una sedia e immersa nel buio. Avevo un bavaglio stretto che mi impediva di parlare ed era veramente fastidioso.
'Dove diamine mi trovo?!' pensai.
Sentivo il battito del cuore che mi pulsava nella testa; mi accorsi di avere le mani bloccate nei braccioli della sedia da qualcosa di freddo e resistente, nemmeno i piedi riuscivo a muovere.
Non potevo usare la vista ma ciò mi permise di avere gli altri sensi in allerta: il silenzio assordante che regnava nel luogo sconosciuto fu sostituito da dei rumori metallici che provenivano alle mie spalle. Uno schiocco mi fece capire che dietro di me qualcuno aveva aperto una porta e stava entrando a passi lenti.
Trattenni il respiro e strinsi i pugni, la tensione era alle stelle. Sussultai quando all'improvviso sentii qualcosa di affilato passarmi sulla guancia e una presenza alla mia sinistra mi fece rabbrividire
«Ciao Megan».

Delle fioche luci fredde si accesero ai lati della piccola stanza vuota ma riuscii a vedere l'uomo: dei capelli corvini pettinati perfettamente gli incorniciavano il volto dai tratti duri, i suoi occhi erano grigi e glaciali e quando incontrarono i miei gli comparve un grande sorriso soddisfatto. Tutto di lui emanava sicurezza, potere, superiorità e anche un notevole fascino... ma non potevo non pensare alla situazione in cui mi ero ritrovata, rapita e costretta al silenzio e all'immobilità.
Una luce bianca mi accecò.
«Che bel faccino che hai...» commentò con un sorriso malizioso. Vidi la lama passare davanti ai miei occhi e avvicinarsi pericolosamente verso la testa. Cercai di allontanarmi quanto potevo da lui e strinsi gli occhi dalla paura.
«Non ti faccio nulla» mi disse per poi liberarmi dal bavaglio. Si mise davanti a me «Allora? Vuoi rimanere in silenzio? Dimmi qualcosa, Megan, voglio sentire la tua voce».

Sbattei più volte gli occhi, non sapevo cosa dire, ero così confusa... un attimo prima ero con i ragazzi e quello successivo tra le grinfie dello sconosciuto.
«...Chi sei?» riuscii a chiedere. Il suo sorriso si allargò mentre si abbassò per portarsi alla mia altezza
«Oh, non ti ricordi di me? Ero con Morgana quando mi hai visto la prima volta».
Rimasi per un attimo a cercare di ricordare... 'Ma certo!' pensai.
«Credo nell'ufficio di Morgana Stone, mesi fa...» risposi.
«Poco prima che tu facessi il culo a tutti con quell'arma, sì. Ho osservato tutto da lontano ma posso solo immaginare la faccia di Morgana!» la sua risata profonda si fece eco nella stanza.
«Io... credevo foste tutti morti»
«Devi sapere che io so tutto prima di tutti. Infatti» aprii le braccia «eccomi qui, vivo.» disse calcando l'ultima parola. Scossi la testa «Ma chi sei? Cosa vuoi da me?!».
Si alzò allontanandosi leggermente
«Il mio nome è Blake Wilde»
'Blake...cosa?' pensai, ma non ebbi il tempo per realizzare.
«Sei qui perché devi fare una cosa importante per me» - «Io non faccio nulla! Devi lasciarmi andare!» urlai agitandomi sulla sedia ma lui rimase calmo.
«Oh no, non lo farò, a meno che tu non decida di ascoltarmi».
Mi guardò con insistenza e, vedendomi rassegnata, continuò
«Sono certo che tu non sappia cosa sia successo qualche anno fa. Anch'io facevo parte dell'Organizzazione perché avevo dei poteri. Sono stato uno dei primi ad avere nel DNA ciò che mi rendeva "speciale", come te, e non ho esitato un attimo nel mettere in pratica quello di cui ero capace» si passò distrattamente una mano fra i capelli.
«In quel periodo fummo attaccati ripetutamente dall'A.R.S.S, quando al comando ancora non c'era la Stone, e durante i combattimenti ne approfittai per provare ad usare i miei poteri in modo diverso, con "tecniche" differenti, che però» continuò con aria di sufficienza «venivano considerate "troppo atroci"... che cazzata! Il nostro unico obiettivo era respingerli ed ucciderli se era necessario. Beh, per me lo era e il modo in cui morivano non mi interessava, erano nemici e non faceva differenza eliminarli con dei colpi di proiettile o con i poteri. Johns però, fingendo di avere a cuore la sicurezza di tutti, riuscì a convincere tutti che stavo diventando pericoloso ed incontrollabile» scosse la testa con un sorriso amaro.
«Ho sempre passato più tempo ad allenarmi che a stare con altre persone. Ho sempre voluto sviluppare i miei poteri e portarli al massimo della loro forza ma avevo bisogno di una guida, qualcuno di competente che avrebbe potuto aiutarmi, non di qualche scienziato idiota che non può sapere la sensazione di libertà ed invincibilità che si prova, figuriamoci se potevano guidarmi. Johns era a conoscenza di questo mio disappunto e per cercare di calmarmi mi propose di insegnare io stesso ad altri Speciali ma come potevo insegnare se ero io il primo a dover ancora imparare!» strinse i pugni.
«Non credevo che quell'uomo fosse così idiota. Iniziai a far aprire gli occhi agli altri Speciali, affinché capissero il mio pensiero e si rendessero conto che eravamo nelle mani sbagliate, inadatte per noi».
«Volevi ribellarti» ragionai ad alta voce.
«Volevo dimostrare che erano inutili, dei buoni a nulla. Sei cosciente del fatto che non riuscirai mai a conoscere il tuo vero potere e sapere fino a dove può arrivare? Anzi, se non sbaglio ne hai già avuto un assaggio. Prima che ti cancellassero la memoria» ci tenne a specificare e io abbassai lo sguardo.
«Scoprii di non essere l'unico a pensarla in quel modo e trovai molti Speciali che diventarono miei alleati. Purtroppo però qualcuno fece il doppio gioco...».

Smise per un attimo di parlare per osservarmi mentre cercavo di muovermi: la sedia iniziava ad essere scomoda.
«Liberatela» disse all'improvviso con voce decisa.
«...Tu vuoi liberarmi? Non hai paura che io usi i miei poteri su di te?».
«Io avere paura?» rise «E comunque, a meno che tu non abbia pensato che stia parlando da solo e che quindi sia pazzo, non ci siamo solo noi due. E non credo che tu sia così stupida da rischiare la tua vita inutilmente».
I polsi e le caviglie furono liberati e io li massaggiai indolenziti. Lo guardai non sapendo cosa fare, avrei dovuto ringraziarlo?

«Che cosa è successo dopo?» lo incitai poi a parlare.
«Vedo che ti interessa la storia» notò compiaciuto «Beh, dopo sono stato tradito da qualcuno che credevo fosse uno dei miei più cari amici e tra i più fidati, il quale è andato a riferire tutto quello che stavamo pianificando a Johns» disse con delusione.
«Ovviamente quest'ultimo fu spaventato dalla situazione che si era venuta a creare all'interno della sua preziosa Organizzazione da cui riceve soldi da parte del Governo per continuare a fare ricerche su di noi. Aveva paura, paura di un'imminente rivolta e sapeva che l'unico modo per evitarla era rendermi innocuo. Quindi riuscirono a sedarmi per togliermi l'unica cosa a cui davo importanza nella mia vita, quello che era la mia libertà».
«Ti hanno... tolto i poteri?» chiesi incredula e lui annuì.
«E non sono stato l'unico. Anche altri che decisero di stare al mio fianco subirono questa atrocità perché vennero considerati dei potenziali nemici».
«No, non è possibile. Tu stai mentendo! Non si possono togliere i poteri a qualcuno e anche se fosse... non oserebbero mai!».
«E invece si sono permessi di farlo. E ti dico di più! Volevano addirittura cancellare la mia memoria affinché non potessi più provare ad "influenzare negativamente" altre persone»
«Quindi anche a te hanno cancellato la memoria...» dedussi.
«No, sono stato fortunato ad avere qualcuno che mi salvò prima che mi facessero il lavaggio del cervello».

Avanzò verso di me mettendo le sue grandi mani sulle mie spalle «Megan, io so la tua storia. Dovendo collaborare con Morgana Stone ti ho conosciuta, e so che se ti hanno cancellato la memoria è solo perché quelle non erano persone adatte per gestire la forza dei tuoi poteri e avevano paura di quello che saresti riuscita a provocare! Hanno eliminato un pezzo della tua vita, è stata una decisione drastica che non avrebbero mai dovuto fare. Non senza il tuo permesso! Non credi anche tu?» inchiodò i suoi occhi ai miei mentre io cercavo invano di evitare i suoi: nel suo sguardo leggevo solo sincerità, e mi era difficile non essere d'accordo con lui! Fece male ricordare quello che era successo, effettivamente non ci avevo mai pensato. Non riuscii a ribattere.
Decisi di concentrarmi su un altro argomento «Perché hai collaborato con Morgana?» gli chiesi.
«Quelli dell'A.R.S.S scoprirono che non avevo più i poteri, pur non sapendo per quale motivo, e vedendomi come una risorsa approfittarono della rabbia che provavo verso Johns e per tutta l'Organizzazione e mi chiesero di unirmi a loro in quella guerra. Io accettai, ma il mio unico fine è sempre stato quello di rubare le ricerche degli scienziati a proposito dei poteri e su come toglierli o inserirli nuovamente. Sono stato molto bravo nell'apparire fedele alla causa e utile, sapendo come attaccare le difese dell'Organizzazione».
«E gli altri Speciali poi cosa hanno fatto? Sei rimasto da solo?».
«No, sono fuggiti e si sono nascosti per non farsi trovare da Johns e il suo esercito. Erano disposti a rimanere dalla mia parte anche se questo comportava avere una vita tutt'altro che serena... Sono anni che continuano a cercarci. Non sanno dove siamo e hanno paura di un nostro ritorno. Ma questo non è il nostro obiettivo principale ed è qui che entri in gioco tu, ragazza prodigio. Manca così poco per trovare un modo per riavere i poteri ma servono ancora delle piccole cose che solamente gli scienziati della P.S.S hanno. Ti chiedo solo di prenderle e portarle da me».

Mi chiedeva troppo. Notando la mia esitazione continuò
«Ho scelto te Megan perché è grazie a te che ora non abbiamo più l'A.R.S.S di mezzo».
'Ed è un bene?' mi chiesi.
«E so che tu puoi capire il senso di impotenza di fronte a simili azioni. Non avere voce in capitolo in una decisione così drastica. Essere strappati dalla propria precaria tranquillità e felicità per l'incompetenza e idiozia di altre persone».

Sospirai: forse stavo per fare una delle più grandi stupidaggini della mia vita.
All'improvviso mi prese la mano dolcemente porgendomi una lettera
«E per favore, dà questo a mio nipote».

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