Capitolo XIV

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Trevor's pov

Quando chiusi gli occhi vidi formarsi di nuovo il suo volto nel vuoto della mia mente. C'era solo lei, il suo viso era illuminato parzialmente, l'altra metà era totalmente ricoperta dal buio più profondo, proprio come tutto il resto. Le urlai frasi che si persero nel vuoto e lei fece altrettanto mentre con rabbia cercavo di urlare forte il suo nome, così forte da portarmi a un pianto disperato. A passi lenti la vidi avvicinare a me, col volto impassibile sussurrava qualcosa, qualcosa che non riuscivo a decifrare, era una sensazione stranissima, essere sia vicini che lontani allo stesso tempo. Il buio pesto continuava a circondarla e io volevo avvicinarmi a lei, ma non potevo, ero immobile, era come se la gravità fosse così forte da spingermi quasi contro il pavimento. Sussurai un'altra volta il suo nome, ma non si perse in aria, Carly Jensen si voltò verso la mia direzione e mi guardò profondamente negli occhi.

Si avvicinò a me e con le lacrime agli occhi mi chiese perché. Solo che io il perché non lo sapevo, ogni mia azione non aveva un perché e sapevo fin troppo bene che non sarei riuscito a darle una risposta, perché risposta non c'era. Avrei voluto prenderla per mano e portarla con me ma qualcosa dentro mi disse che non era il momento, che non era la persona adatta.

Eravamo immersi nell'oscurità, faccia a faccia, il bene e il male, il passato e il presente, l'angelo e il diavolo. Niente e nessuno avrebbe mai potuto dividerci, la nostra lontananza ci stava distruggendo come lo aveva fatto la nostra vicinanza. Eravamo il nero e il bianco, che messi insieme non avrebbero dato il grigio, il colore della rassegnazione, ed era proprio quello che dovevamo fare, rassegnarci all'idea che nulla avrebbe mai potuto unirci, nemmeno l'amore.

I suoi occhi cominciarono a scomparire e con essi anche tutto il resto. Sentii qualcuno chiamarmi con fermezza.

"Trevor Svegliati! Trevor Svegliati!"

Quando aprii gli occhi non c'era nessuna traccia di Carly, nemmeno il suo profumo. Di fronte a me c'era soltanto Haley che sembrava parecchio preoccupata.

"Hai fatto un altro dei tuoi soliti incubi. Hai cominciato a tremare, mi hai fatto prendere un colpo"

"Non volevo..." ho esordito con naturalezza, noncurante del posto in cui mi trovavo, tutto di fronte a me assumeva un significato differente.

La stanza della mia ragazza era fredda, o forse era soltanto una mia sensazione, solo una cosa era certa: lei non se ne era andata dalla mia testa. Stordito da quel sogno, mi accasciai con le spalle sul letto a guardare il soffitto.

"Non capisco che ti prende"

"Non ho niente, un po' di mal di testa"

"Ah sì?" continuò "E il tuo mal di testa si chiama Carly? Sai, hai ripetuto il suo nome parecchie volte nel sonno"

Cosa? Avevo ripetuto il nome di Carly mentre sognavo? Non capivo cosa mi stava succedendo, quel bacio mi aveva cambiato, non ero più lo stesso Trevor di una volta, troppi problemi in così poco tempo, e pensare che avevo deciso di andare via con papà proprio per colpa dei problemi che avevo nella scuola, non mi sarei mai aspettato di trovare due amori e il cuore diviso in due. Il forte mal di testa non migliorava la situazione, non riuscivo nemmeno a respirare bene, stavo veramente male. Haley non mi dava corda, continuava a guardarmi con aria minacciosa, era evidente che tutto nella sua mente cominciasse a fare due più due, ero preso da una cotta difficile da elidere e lei ne era a conoscenza, lo sentivo.

"Vado a prendere qualcosa da bere" disse "Tu festa qui"

Si alzò di scatto e fui subito solo, mi chiusi dentro me stesso e nulla più importava. Passarono alcuni secondi e udii un singhiozzo fastidioso, lo ignorai e tornai a pensare, fino a quando il singhiozzo non divenne ancora più fastidioso, così fastidioso da portarmi ad alzarmi e a vedere chi fosse. Anche se non avevo dubbi decisi di aprire la porta della stanza e di indagare. Il pianto era familiare, lo conoscevo troppo bene, non era la prima volta che lo sentivo, era quello di Carly. Raggiunsi in silenzio la sua stanza e la trovai lì, accasciata al letto, nella mia stessa posizione di prima, con le lacrime agli occhi e il trucco che la faceva sembrare un fenomeno da baraccone.

"Va via" esordì adirata

"Perchè stai piangendo?"

"Non sono affari tuoi. "

"Tu dimmi il perchè e io me ne vado"

"Sono troppi i perchè, non capiresti, sei troppo testardo per riuscire a capire"

"Allora aiutami tu a capire"

Fece un sorriso di scherno, come per prendermi in giro.

"Ma non lo capisci la gravità di tutto quello che mi stai facendo? Mi stai rovinando la vita, per favore vattene e non tornare più, mai più"

"Non me ne andrò Carly, fino a qualche giorno fa pensavi il contrario. Sei troppo lunatica per i miei gusti"

Mi lanciò uno dei tanti cuscini sporchi di mascara e io evita subito il colpo.

"Non è colpendo le persone che risolvi le cose, a volte sono proprio le parole a salvarci, quelle che ci teniamo dentro e non vogliamo mai dire a nessuno"

"Io le cose le risolvo così, colpendole e facendole cadere, vorrei che cadessi anche tu Trevor, così come lentamente sto cadendo anch'io"

"Dimmi perchè stavi piangendo"

"È tutta colpa tua. Solo tua. Lei non se sarebbe mai andata"

Il suo comportamento puerile cominciava a starmi sui nervi, aveva sedici anni e la mentalità di una bambina viziata.

"Quando hai tempo" dissi "Fammi uno squillo"

Per concludere chiusi quella porta con talmente tanta forza da farmi male alle dita. Non era vero che piangeva per colpa mia, erano tutte scuse, non ero io la ragione del suo malessere, non potevo. Rientrai nella stanza di Haley in silenzio e mi infilai sotto al lenzuolo, proprio nel momento in cui Haley entrò con un po' di biscotti e un bicchiere di latte.

"Questi ti faranno stare meglio" sorrise "E ti rinfrescheranno le idee"

Era una lotta tra sorelle e io mi trovavo al centro di una guerra che non sarebbe mai stata vinta, una guerra che le avrebbe portato ad odiarsi.

Avrei voluto scomparire tra le lenzuola se solo avessi potuto, in modo tale da dimenticare tutto e tornare indietro. Papà aveva sbagliato ad accettare il nuovo incarico e lo stupido ero io che avevo deciso di seguirlo. Fu uno dei momenti più brutti della mia vita, uno di quei momenti che chiunque vorrebbe evitare, avevo bisogno di stare solo con me stesso, un po' di tempo mi avrebbe aiutato a capire.

"Adesso devo andare" dissi "Ci sentiamo più tardi"

"Non resti per cena?" Domandò Haley

"Credo che non ce ne sia bisogno. In fondo, sto bene così"

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Scusate l'assenza. Presto nuovo capitolo. Un bacio ❤

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