Capitolo due.

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Capitolo 2

21 ottobre 2017 

Sono rientrato appena ieri sera dal convegno e stamattina mi ritrovo di nuovo in ospedale per un intervento d'urgenza – maledetta reperibilità - un'ernia strozzata.

-Buongiorno dottore, qui c'è la cartella del paziente, faccio preparare la sala? - 

-Sì - Shizune è una delle infermiere strumentiste di reparto, una delle più efficienti a mio avviso, ricordo ancora quando dopo un intervento durato sei ore, finsi di aver scordato una laparotomica e lei prontamente ma educatamente me ne ricordò; da quel giorno esegue quasi ogni intervento con me. 

Mi piace perché sa fare il suo lavoro e lo fa in silenzio, fondamentale per me, non sono un chiacchierone e talvolta provo fastidio quando si comincia a spettegolare dentro la sala, anche se devo ammettere che una volta quello sproloquiare mi fu molto d'aiuto, era arrivato da poco un nuovo medico – una donna – l'avevo conosciuta durante un intervento di appendicite acuta svolto assieme – aveva sicuramente poca esperienza quindi tenne i divaricatori; di solito per un intervento del genere c'è bisogno solo di trenta minuti ma quando cominciai ad incidere, mi resi subito conto che qualcosa non andava, invero l'appendice si era rotta e tutto il materiale infetto contenuto al suo interno era fuoriuscito e penetrato nella cavità addominale, se non avessi agito in fretta ci sarebbe stato un rischio alto di peritonite o ascessi, e considerando che il paziente in questione era un bambino di undici anni, non volevo correre il rischio. Mi colpì il modo in cui i suoi occhi si sgranarono quando si accorse che qualcosa non andava, pensai che sarebbe svenuta di lì a poco, invece con mio sommo stupore si sistemò in una posizione più consona per tenere più aperti i divaricatori – permettendomi così di operare più velocemente – 

Finii tre ore dopo.

Di solito qualsiasi medico mediocre comincia a lamentarsi dopo aver tenuto il divaricatore solo per quarantacinque minuti, per le donne è urtante anche solo tenerli in un intervento di mezz'oretta, lei invece non disse una parola e – almeno dentro la sala – non accennò ad alcun segno di cedimento, anzi, guardava con occhi curiosi ed assetati di conoscenza quella complicanza che le avrebbe permesso di crescere. 

Avrei dovuto complimentarmi con lei quel giorno – non mi capitava da tanto che i divaricatori fossero tenuti così fermi – ma non lo feci, non era nella mia indole spargere moine a destra e a manca.

**

Sono in sala per lavarmi ma c'è qualcosa di strano, sono tutti un po' troppo taciturni, non che la cosa mi dispiaccia ma trovo questo silenzio... assordante, decido di non pensarci, non mi importa, tanto meglio per me. 

Durante tutto l'intervento nessuno ha aperto bocca se non per delle informazioni relative ai parametri della paziente; spossato da tutta questa reticenza decido di andare un po' a riposare in stanza, ma al mio arrivo qualcuno sta già impegnando il divanetto.

-Naruto – cosa ci fa lui qui? Non è questo il suo reparto.

Lui alza lentamente lo sguardo su di me e quando i suoi occhi afflitti e disperati si poggiano sui miei, sento un brivido freddo attraversarmi la colonna vertebrale.

-Cosa c'è? - e nel porre la domanda non riesco a celare la mia insofferenza.

Non conosco in prima persona questo ragazzo, ho scambiato poche parole con lui, ma so che è uno dalla lacrima facile, so anche però che è davvero bravo in ciò che fa.

-Sasuke... - si blocca, si tortura le mani, sto davvero perdendo la pazienza, non so perché decido di assecondare questa sua pausa senza spingerlo a parlare; poi finalmente sembra essersi risvegliato dal suo stato catatonico e continua – ieri notte è arrivato un intervento d'urgenza – la sua voce trema parecchio

Incisione a cuore aperto.Wo Geschichten leben. Entdecke jetzt