2. Invito

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Rimase immobile a fissarlo, incredula, con la bocca socchiusa, dimenticandosi, per qualche istante, di non avere in dosso i suoi vestiti.
«Ciao Caroline» lui aveva il solito sorriso dipinto in volto. Lo stesso con la quale osava puntarle gli occhi addosso ogni volta che la incontrava in un qualche posto.
La ragazza tornò in sé e tentò immediatamente di coprirsi.
«Non devi tentare di nasconderti» le disse dolcemente, abbozzando una leggera risata.
«E invece si!» fece in modo che le sue parole apparissero infastidite, come aveva fatto spesso in passato.
Con la super velocità, Caroline raggiunse la cima della scogliera, dove aveva lasciato i suoi vestiti.
Prima che potesse afferrarli, Klaus la raggiunge e si piazzò di fronte a lei.
La giovane ragazza alzò lo sguardo e lo guardò negli occhi con durezza, ma ciò non bastò a scomporre il potente Ibrido Originale.
«Dove vorresti andare, amore?» abbozzò un ghigno, come era solito fare.
«A vestirmi» le sue parole continuavano a suonare spazientite; con la velocità da vampiro lo sorpassò ed afferrò i suoi vestiti.
Li indossò, nell'istante in cui lui si voltò a guardarla, poi si addentrò nel bosco, scappando letteralmente dalla visione della faccia di Klaus.
Non le importò di bagnare la camicetta, i pantaloni o i calzini. L'unica cosa che voleva era la pace; dopotutto era li per quello, no?
Di conseguenza lui la raggiunse e la bloccò, piazzandosi nuovamente di fronte a lei.
«Cosa vuoi? Perché sei qui?» domandò la vampira bionda, infastidita dalla sua insistenza.
«Ero solo di passaggio. Volevo vederti, ma...» nonostante fossero passati mesi, l'ibrido non aveva perso il suo dolce modo di parlare, che adottava solo in presenza di Caroline.
«Be' mi hai vista. Adesso, addio» non lo lasciò finire di parlare, le venne spontaneo essere scortese. Era un modo di nascondere i suoi sentimenti per lui, a sè stssa e agli altri.
Per l'ennesima volta lo sorpassò, ma lui le afferrò il polso, come per pregarla di restare.
Caroline lo guardò negli occhi, voltandosi nella sua direzione.
«Senti, va' via. Sono stata sincera con te, quattro mesi fa» con uno strattone fece sì che l'uomo lasciasse il suo polso.
Lo sguardo di Klaus sembrava implorarla.
«Caroline ti prego...».
Non si sentì per niente in colpa quando lo ignorò e tornò a camminare.
Percepiva la presenza di Klaus, alle sue spalle, che la seguiva, ma non le importava più di tanto.
«Klaus...» si voltò per dirgli di lasciarla in pace, che finalmente era riuscita a dimenticarlo e non aveva bisogno che sconvolgesse nuovamente la sua vita perfetta, ma non ci riuscí, perché lui attaccò bottone prima di lei.
«Vieni a cena con me» il suo non era un ordine, sembrava più una sfida; simile a quando le chiese, un anno prima, di imparare a conoscerlo.
Si mise accanto a lei.
Caroline sospirò, spazientita.
«Perché dovrei?!»
«Perché te lo sto chiedendo gentilmente» sorrise, volgendole il suo sguardo innocente ma furbo.
«Scordatelo» aggiunse lei di rimando, in modo duro, superandolo appena.
Lui tornò serio e strinse le labbra, poi le socchiuse e tornò a parlare.
«La verità, Caroline, è che ho provato a smettere di pensare a te...» fece una pausa, inumidendosi le labbra, poi riprese a parlare «ma non ci sono riuscito» ammise lui, affranto.
Era sincero e lei se ne accorse.
Nonostante non fosse la prima volta che udiva quella frase, l'effetto fu lo stesso della prima volta. Delle farfalle si fecero spazio nel suo stomaco, ma non lo avrebbe mai ammesso.
Aveva già sentito quelle parole, dalle labbra di Silas, quando si era trasformato in Klaus e l'aveva minacciata di trovare Bonnie.
La vampira bionda si bloccò, poi sospirò.
Per un istante le passò per la mente che lui fosse Silas, poi si rese conto che non poteva essere possibile.
Lui era morto, non avrebbe avuto alcun motivo di tornare dal regno dei morti. O forse si? Insomma, essere morti non era poi un gran bello spasso...
Klaus rimase due passi dietro Caroline a guardare le spalle che lei gli aveva voltato.
Ora si sentiva in colpa a trattarlo in quel modo; cercava di convincersi del fatto che non fosse sbagliato dopo tutti gli atti orribili che lui aveva commesso, ma la sua natura da vampira gentile le impediva di sentirsi meno in colpa, dopo le parole melense che lui le aveva rivolto.
«D'accordo» si girò verso di lui, che le volse un sorriso, felice di essere riuscito a convincerla.
«Ma prima» premise lei, indicandolo con un dito e le sopracciglia alzate. «vado a casa a farmi una doccia».
Lui annuí, era fiero ed entusiasta di aver ottenuto una cena con la ragazza che amava, non lo diede a vedere se non con un sorriso.
Quei quattro mesi, senza vederla, erano stati un continuo attaccarsi alla speranza di riuscire a dimenticarla, senza alcuno spiraglio di successo.
Alla fine aveva deciso che l'avrebbe rivista; la sua intenzione era di farlo senza uscire allo scoperto, ma la tentazione era troppa, inoltre era dell'idea che tentare non gli avrebbe nuociuto. E come avrebbe potuto?! In fondo era l'Ibrido Originale.
«Passo a prenderti alle sette e mezza di sera, allora» le camminò a fianco.
«Bene» aggiunse lei, tornando a camminare.
Rimasero in silenzio.

Arrivarono davanti la casa della diciannovenne, con la velocità da vampiri.
«Ci vediamo questa sera, Caroline» sorrise Klaus, come faceva sempre, in sua presenza. Un sorriso vero e senza alcuna traccia di ipocrisia.
Lei annuí ed entrò in casa, chiudendosi la porta alle spalle.
Sbirciò attraverso il vetro della porta bianca, Klaus era già sparito.
Con la super velocità andò in camera a prendere dei nuovi vestiti, per poi entrare in bagno.
Chiuse la porta, sospirò e poggiò la schiena al muro, guardando il soffitto.
I suoi capelli gocciolavano, bagnandole le spalle.
Non ci posso credere.
Erano le cinque e quarantacinque di pomeriggio, aveva passato la mattina a pulire casa, essendo Caroline Forbes: la maniaca del controllo.
Non si sarebbe mai aspettata che lui tornasse, proprio quella giornata.
Nel bel mezzo della fine del primo anno di college.
Decise di farsi una doccia, perciò si spogliò, mettendo i vestiti nella cesta dei panni sporchi, ed entrò nella doccia.
Continuava a riflettere sul dirlo o no alle sue migliori amiche; poi arrivò alla conclusione che, se non si fosse trattato di Klaus, lo avrebbe fatto.
Non avrebbe mai tenuto nascosto a Bonnie ed Elena una cosa del genere. Ma si trattava di Klaus.
E lui aveva causato talmente tanti problemi alle loro vite, che avrebbero fatto di tutto per evitare che lei andasse a cena con il grande e potente Ibrido Originale.
Uscì dalla doccia, avvolse l'asciugamani attorno al corpo e si guardò allo specchio.
Si strofinò gli occhi, poi prese un altro asciugamani per i capelli, lo utilizzò per asciugarsi il volto ed avvolse anche i capelli.
Dopo essersi asciugata indossò i vestiti che aveva scelto dal suo armadio: un vestitino nero, senza maniche, a fiori rossi, con una scollatura a cuore, lungo fino a metà coscia; una giacchetta di stoffa rossa, per riprendere il colore dei fiori e degli stivali neri, alti quasi fino al ginocchio.
Asciugò ed arricciò i capelli, poi applicò sul viso un trucco naturale, come ciliegina sulla torta.
Rimise in ordine ed uscì dal bagno, mancavano solo quindici minuti, prese il telefono e controllò i messaggi e le chiamate.
Doveva avvisare sua madre che sarebbe andata a cena fuori, ma non poteva dirle che sarebbe stata in compagnia di Klaus, perciò pregò Stefan di coprirla.
Gli scrisse un messaggio:
"Stefan, se mia madre ti chiede se sono a cena con te tu dille di si, coprimi, per favore. Ti spiegherò tutto appena posso, non dire nulla a nessuno, neanche a Bonnie ed Elena".
"Cosa succede di così tanto grave?"
"Poi ti spiego, Stef, per ora reggimi il gioco, per favore".
"D'accordo Care, non metterti nei guai"
La ragazza esitò nel rispondere. Voleva rassicurarlo, ma in realtà non era convinta che non avrebbe corso alcun pericolo.
"Tranquillo :)"
Mise in stand-by lo smartphone e lo infilò nella borsetta nera, dove mise anche le chiavi di casa ed il portafogli.
Era agitata, non lo vedeva da quattro mesi.
Avvisò sua madre che sarebbe andata a cena fuori con Stefan, poi prese una sacca di sangue e si versò da bere in un bicchiere di plastica.
Controllare l'orario era l'unica cosa che faceva sì che lei credesse di avere controllo, essendo, appunto, una maniaca del controllo.
Sette minuti.
Tentò di smaltire l'ansia sorseggiando lentamente il sangue caldo, ma non servì a molto.
Odiava non riuscire a tenere sotto controllo le proprie emozioni.
Cinque minuti.
Accartocciò il bicchiere e lo buttò nella spazzatura.
L'agitazione non faceva che aumentare.
Tre minuti.
Andò in bagno a lavarsi i denti, poi scese al piano di sotto; controllò, per l'ennesima volta, l'orario.
Un minuto.
Rimase davanti alla porta; quel minuto rimanente le sembrò un'eternità.
Non appena scattarono le sette e mezza sentì suonare il campanello di casa ed aprì, incontrando il suo sorriso, che venne ricambiato.

The Light To His DarknessWhere stories live. Discover now