2. Parker

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La mattina seguente mi sveglio tardi, troppo tardi a dire il vero. La sveglia aveva suonato più volte, ma avevo continuato a stopparla in continuazione fino a quando Marcus non è venuto a svegliarmi, alla fine mi sono vestita in fretta e adesso ero nella sua auto diretti verso scuola, mentre alla radio in sottofondo passano delle vecchie canzoni jazz, che lui tanto adora.
Quando arrivo attraverso i vari corridoi deserti e dopo aver preso il libro dal mio armadietto mi affretto a raggiungere l'aula.
La porta è chiusa ed esito un secondo prima di aprirla, quando lo faccio resto immobile con sguardo confuso davanti a tutto quel casino. La classe regna nel più totale caos grazie agli alunni e all'assenza del professore
"Scommetto che Peterson manca" sospiro andando a sedermi al mio posto accanto alla finestra
"Esatto" ridacchia leggermente Margareth sedendosi sul mio banco
"Ciao" sussurro cercando di nascondere il fastidio 
"Ciao bellissima. Lascia che ti tenga aggiornata: metà del corpo docenti è in viaggio con gli alunni in Giappone" mi ricorda con sguardo compiaciuto "Abbiamo la giornata libera, e questo significa che passeremo il tempo nei corridoi ad adocchiare qualche ragazzo carino" sorride come una bambina euforica alzandosi e provando a convincermi 
"Passo, ho troppe ore di sonno da recuperare" sbadiglio per poi poggiare la testa sul banco
"Possibile che dormi sempre" sbuffa delusa
Margareth è l'unica ragazza della mia classe che riesco a tollerare, anche se i nostri rapporti non si sono mai estesi al di fuori dalle mura scolastiche. A me sinceramente va benissimo così, nessuno sa della mia vita e nessuno deve saperlo oltre la mia famiglia.

Già, in questa scuola, la New York Psicology Academy, nessuno sa della mia vita al di fuori di queste mura, qui sono una comune studentessa come tutte le altre, ma mantengo comunque un profilo basso volendo evitare di attirare attenzioni indesiderate. Sono convinta che una volta che sarebbe saltata fuori della mia malattia, tutti avrebbero smesso di guardare me, e avrebbero visto solo il cancro, e la cosa non mi piaceva per niente. Ero più di questo e non volevo essere etichettata con la cosa che odiavo di più al mondo.

Quando suona la campanella della seconda ora arriva una supplente procurando schiamazzi di disapprovazione da parte degli alunni. La giornata passa tranquillamente, la professoressa ha circa una sessantina d'anni e sembra molto rimbambita, infatti i ragazzi passano tutto il tempo a parlare con lei e a farle domande con doppi fini per riderle contro, anche se lei non capiva nulla.
All'ora di pranzo le aule si svuotarono e tutti andarono in mensa. Quest'ultima è sempre affollata, di solito la cerchia di ragazzi è sempre uguale, da un lato i giocatori di basket insieme alle cheerleader, dall'altro noi comuni mortali.
A me piace sedermi in disparte senza dare troppo nell'occhio, non mi piace parlare con gli altri ragazzi e molte, e ripeto molte poche volte entravo in mensa, di solito saltavo il pranzo oppure mangiavo in qualche aula vuota.  

A risvegliarmi dai miei pensieri fu un rumore proveniente alle mie spalle, giro lo sguardo e noto Lucas Gilbert a pochi passi di distanza dal mio tavolo, disteso sul pavimento con tutto il suo pranzo sparso ovunque e il suo orrendo maglione a scacchi che mi sta facendo perdere la vista.
Lucas Gilbert, il ragazzo strambo della scuola: aveva due grossi occhiali rotondi che coprivano gli occhi azzurri, il fisico magrolino nascosto sotto dei maglioni costantemente marroni e a scacchi, i lineamenti del viso dolci e morbidi e i capelli color miele.
Lui è conosciuto in tutta la scuola come il nerd sfigato che tutti si divertono a prendere in giro.
Tutti in questo posto si divertivano a fargli piccoli scherzi, farlo cadere in mensa, spingerlo, nascondergli gli abiti durante educazione fisica, rompergli gli occhiali, ma non ho mai capito perchè non ha mai reagito a neanche una di queste provocazioni. Se io odiavo questa scuola, Lucas doveva considerarlo il suo inferno personale. 

"Ops" sorride Madison portandosi teatralmente una mano davanti la bocca.
Madison Davis, solito cliché della ragazza ricca e popolare, la solita stronza che se la prendeva con tutti quelli che considerava sotto al suo livello, cioè l'intera scuola se non l'intero mondo. è il capitano della squadra delle cheerleader, e insieme a lei ci sono sempre A e B, due gemelle che le fanno da tirapiedi, i loro veri nomi dovrebbero essere Anita e Blaire ma si fanno chiamare solo per le loro iniziali, originale no? Ve l'avevo detto che era un clichè.
"Fa attenzione la prossima volta" ringhia Andrew con espressione divertita, lui per me non ha neanche bisogno di una presentazione 
"Scusate" Lucas si mette a sedere sul pavimento raccogliendo i residui di cibo per poi rimetterli nel vassoio
"Ma come, lo facciamo cadere e chiede scusa?" ridacchia A e la sorella le fa segno di smetterla, aveva un'espressione annoiata tuttavia non avrebbe mai detto nulla contro Madison o sua sorella
"M-mi dispiace" si scusa lui nuovamente con voce flebile e gli occhi lucidi
"La prossima volta ti faccio cadere di faccia, femminuccia" inizia a ridere anche Andrew avvicinandosi pericolosamente a lui
Ricordo di come due settimane fa, lo stesso Andrew, gli ha spaccato gli occhiali e che nell'alzarsi lo aveva spinto contro il tavolo facendolo sanguinare dal naso per la botta, ricordo anche di come dopo, Lucas, pianse nascosto nel laboratorio di chimica, mi trovavo a passare di lì per caso e lo sentii piangere sommessamente.

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