Chapter Two.

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Hunter era seduto sul pavimento, le grosse gambe incrociate come potevano nell'angusto spazio della stanza che fungeva da latrina. Era stato incatenato alle mani, di modo che non potesse ne muoversi ne ribellarsi in alcun modo.

La trovava una precauzione inutile, stupida: perché avrebbe dovuto opporsi? La sua vita era quella. Ormai aveva imparato ad accettarla, sapeva di dover ubbidire agli ordini ed era consapevole di ciò che sarebbe successo se avesse infranto le rigide regole imposte da Dragos.

Era disciplinato e insofferente al dolore, proprio come serviva dover essere.

Come aveva detto il Gen Due qualche ora prima, era pronto.

Pronto per diventare una macchina da guerra. A quale scopo, francamente, non gliene poteva importare di meno.

Sollevò gli occhi dorati e osservò le rade ciocche di capelli biondi svolazzare fino a terra, proprio accanto alle sue ginocchia nude. Il Servo gli stava rasando con rabbia la nuca, privandolo dell'unico tratto fisico che lo poteva rendere ancora diverso dagli altri. Gli erano rimasti gli occhi, vero, ma a parte il colore, erano spenti e fissi come quelli di tutti i fedeli servitori di Dragos.

Quando l'ultimo ciuffo precipitò, si rese conto di essere appena diventato l'allegoria del vuoto totale.

Hunter era diventato Nessuno, e Nessuno era diventato Hunter. Un processo veloce, efficace e immediato.

Ma anche di questo, se ne infischiava altamente.

Fin da piccolo era stato abituato a rappresentare il nulla. Le cose non sarebbero di certo cambiate per un drastico taglio di capelli.

<< Finito. >> il Servo posò il rasoio e fissò il vampiro attraverso lo specchio che gli stava dinanzi, soddisfatto della sua opera. << Guardati. >>

Hunter sollevò il capo, riflettendosi sulla superficie crepata dello specchio, e si trovò orripilante, osceno.

Una macchina mortale a tutti gli effetti, spietata e priva di identità. Quasi non si riconobbe più, e vacillò dinanzi al nuovo Hunter che stava al di là del vetro.

Sentì di detestare Dragos per ciò che stava architettando. Per come lo aveva reso inutile e privo di volontà, persino a se stesso. Per come lo aveva marchiato, per come lo aveva cresciuto e come lo aveva addestrato.

Ma non poteva far altro che ubbidirgli. Ormai era arrivato alla fredda conclusione che la sua lunga vita sarebbe stata per sempre nelle mani di quel verme. Volente o nolente, non contava molto da che parte stesse. Non contava molto il fatto che lo odiasse a morte. E lo volesse uccidere.

Era nato per servirlo, e così avrebbe continuato a fare.

<< Ti sottoporrò ad un addestramento speciale, perché come ho già detto, ho intenzione di trasformarti in un inflessibile terminator. Tu non devi far altro che portare a termine quello che ti dico io, Hunter. >>

Hunter batté le lunghe, bionde ciglia a farfalla, intento ad ascoltare gli sproloqui di Dragos. Aveva fame, era stanco e faceva fatica a rimanere concentrato, la mente annebbiata di sonno. Ma nonostante quegli impellenti bisogni naturali lo stessero chiamando da più di tre ore, si era imposto di rimanere rigido a sentire gli sproloqui del suo padrone. Per capire bene che nuova funzione avrebbe preso la sua banalissima vita.

<< Questa notte, voglio che tu vada fuori. >>

A quella parola sollevò di scatto le spalle, dilatando le narici. Fuori? Fuori da quel rancido sotterraneo fatto di corridoi e celle? Non poteva credere a ciò che aveva appena sentito.

Hunter programWhere stories live. Discover now