28. COMPLICAZIONI

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Louis

"Sei sicuro?" ripeté per l'ennesima volta. "Se vuoi posso rimanere."
"Styles" lo interruppi laconico, "ho detto di no."
Harry, fermo con me in cima alle scale, le dita a stringere il corrimano, i capelli ancora sconvolti, profonde borse sotto gli occhi e zaino in spalla, storse il muso.
"Louis" ricominciò e il suo sguardo scattò inevitabilmente verso la mia camera, "sul serio..."
Scossi la testa, incrociando le braccia sul petto. "Se non ti muovi farai tardi, tesoro" mi costrinsi a sorridere, almeno per rassicurarlo.
Lui rispose al mio sorriso con un sbuffo, scese qualche gradino. "Fai il bravo, Loulou." 
"Fai il bravo anche tu" sospirai, forse un po' troppo malinconicamente, perché Harry si voltò di scatto, come se ci avesse ripensato.
Invece, dopo avermi scrutato per un po', si sollevò sulle punte e mi baciò a labbra serrate.
Il sorriso che nacque allora sul viso di entrambi fu sincero. Ma durò poco.
Harry scese le scale come un fulmine ed io lo guardai uscire di casa, sbattendosi la porta alle spalle.
Fu allora che "Lou?" udii chiamare, dalla mia camera.
Inspirai profondamente prima di entrare.
Mia madre era ancora accoccolata sul mio letto, il viso sfatto, gli occhi pesti, una mano tra i capelli disordinati. 
Si guardò un attimo intorno, borbottando un "Che ore sono?" per niente convincente. Non credevo fosse un caso che avesse deciso di alzarsi nell'attimo esatto in cui Harry era andato via.
"Le nove " risposi comunque. 
Presi posto sulla sedia girevole e continuai a fissarla.
Le iridi ambrate, nascoste sotto l'ammasso di capelli castani, ricambiarono il mio sguardo. Mi studiavano, scansionando ogni singolo centimetro del mio corpo, come se mi vedessero per la prima volta. Mi costrinsi a sostenere l'attacco di quegli occhi, a restare immobile e concentrato, eludendo la paura che tentava in tutti i modi di insinuarsi tra le mie viscere.
Rimanemmo così per un po', ad osservarci come animali selvatici, ognuno in attesa della mossa dell'altro, pronti a difenderci o attaccare, senza che nessuno dei due sapesse chi fosse la preda e chi il predatore.
Alla fine "Dov'è Harry?" si arrischiò a chiedere, in modo quasi naturale.
"A scuola. E le bambine anche" feci scivolare lo sguardo sulla foto, quella mia e di Lottie, ancora accanto al cuscino. "Siamo soli. Non preoccuparti."
Lei sbiancò. Ripose in tutta fretta la foto al suo posto, facendo ben attenzione a non farsi vedere in faccia.
Mossa piuttosto inutile, dato che ormai avevo capito quanto avesse pianto la notte prima.
Così come avevo capito perché si fosse addormentata sul mio letto, con quella dannata foto stretta tra le braccia. 
A dire la verità, l'avevo capito prima ancora che accadesse, ma non ne avevo fatto parola con nessuno.
Neanche con Harry.
Si stava immolando per me, sopportando a scuola tutto ciò che avremmo dovuto affrontare insieme e non sarei stato tanto egoista da delegare a lui anche questo problema. Avevo già permesso a mia sorella di prendere il mio posto, di farsi portavoce del mio segreto. Ma adesso, toccava a me.
Alla fine, quella sul letto era mia madre. E sciogliere l'intricata matassa in cui anche lei era rimasta incastrata, insieme a noi, era un mio dovere.
Perciò rimasi immobile su quella sedia e, semplicemente, aspettai.
Per fortuna, l'attesa non fu lunga. 
"Hai parlato con Lottie, ultimamente?" chiese lei mettendosi finalmente a sedere.
"No, ma a quanto pare lei ha parlato con te."
Il volto cadaverico della donna si fece rosso, a quel punto. Abbassò lo sguardo, congiunse le mani in grembo.
"Louis, devo chiederti..."
"E' vero" solo quando i suoi occhi si posarono su di me, scioccati, realizzai di averlo davvero detto ad alta voce. "Tutto quello che ti ha detto, intendo."
Mia madre chiuse gli occhi, piegò le spalle e chinò il capo, accartocciandosi su se stessa, come se d'improvviso qualcosa le avesse risucchiato tutta la linfa vitale. 
Vederla in quello stato distrusse tutte le mie difese. La paura che avevo tentato di scacciare fluì nel mio petto, diramandosi per tutto il corpo, pungente e velenosa come un rampicante. 
Chiusi gli occhi anch'io, allora, sperando di cancellare quell'immagine nella mia mente, convincendomi del fatto che, una volta riaperti, non avrei ritrovato mia madre a respirare a scatti, con la testa tra le mani e le lacrime a rigargli il viso.
Ma illudersi non mi aiutava più ormai.
E quando riaprii gli occhi, lei era ancora lì, seduta sul mio letto, come un fantasma che contempla malinconicamente la propria vita passata.

A Kind Of Brothers? (AKOB?) by NowKissMeYouFoolWhere stories live. Discover now