36. FAR AWAY

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Liam 

"Payne, Cristo santo!" 
Zayn inarcò la schiena, si spinse con forza oscena contro la mia mano. 
"Che c'è? Ti faccio male?"
Lo vidi alzare gli occhi al cielo, mentre allargava ancora di più le gambe e "Per niente. E' questo il problema" sbuffava, strattonandomi brutalmente il polso. L'indice con cui lo stuzzicavo da un po' si immerse completamente tra le sue natiche, scivolando oltre il buchetto strettissimo. 
Entrambi rabbrividimmo. Lui per il dolore che da solo si era procurato, io perché, per la prima volta, sentivo le pareti calde nel suo corpo circondarmi, stringersi sulla pelle, fremere ad ogni mio più piccolo ed insulso movimento. 
"Dai" mi supplicò, ancora aggrappato al mio polso. "Muoviti!"
Obbedii. Scacciai la sua mano, scavai lentamente nella sua carne, senza staccare mai gli occhi dal suo viso; volevo bearmi di ogni singola reazione causata dai miei movimenti, come un pianista che ascolta estasiato il suono del tasto che ha appena premuto. 
Così ritiravo piano il dito, pigiando col polpastrello, e lui sbuffava, chiudeva gli occhi, sollevava il bacino. Poi tornavo a fondo, lo ruotavo, e lui gemeva, stringeva i denti, ringhiava imprecazioni di cui non capivo il senso. 
Tra un sospiro e l'altro, però, tra il rumore delle mie dita tra i suo glutei e delle sue sulla mia lunghezza, "Un altro" lo sentii ordinare, deciso. 
"Zay ti farà male, sei davvero troppo stretto..."
La presa sulla mia erezione aumentò a dismisura, mi lasciò con la bocca spalancata e le lacrime agli occhi. 
"Se non la smetti di rompere" ansimò subdolo al mio orecchio, "potrei cambiare idea e non farti stare sopra neanche stavolta."
Mi morse il lobo, poi lo leccò fino a scendere lungo il collo. 
"Sei un fottuto despota!" mi lamentai, sfuggendo alla sua lingua per poi penetrarlo con un altro dito. 
Si irrigidì, mi lasciò un bacio sul petto per ringraziarmi, mentre io mi sollevavo e abbandonavo il suo fianco. Scivolai sul suo corpo nudo sudatissimo, mi infilai meglio tra le sue gambe spalancate, le ginocchia piantate sul materasso scricchiolante della sua camera. 
Soffocò un grido quando sforbiciai, le spalle abbronzate attraversate da un tremito, la testa affondata nel cuscino. 
Risi forte, senza preoccuparmi dei passi di Trisha provenienti dal corridoio. 

Zayn aveva insistito perché ci vedessimo a casa sua, quel pomeriggio. Le ante spalancate dell'armadio e le valigie già pronte, nella mia camera, lo avrebbero messo in soggezione, così aveva detto. Il che, praticamente, significava: "Non voglio pensare che è la nostra ultima volta prima della partenza."
Non avevo trovato nessun valido motivo per oppormi. Neanche io volevo pensare al treno che avrei preso il giorno dopo, al campus che mi attendeva, alla stanza che avrei dovuto condividere con chissà quale psicopatico sconosciuto. Avevo paura del college così come ogni ragazzo ha paura di abbandonare la vita monotona del liceo che, per quanto abitudinaria, appare sicura, imprescindibile, un punto fermo impossibile da scardinare. Non sapevo quanto, al di fuori degli schemi che avevano scandito da sempre la mia esistenza, sarei riuscito a sopravvivere; lontano dagli armadietti e dai professori che mi ammiravano, dalle urla di mia madre per costringermi a studiare, dalla mia stanza silenziosa ed ordinata. Lontano da Zayn.
Zayn. 
A lui, della mia paura, non avevo parlato. Non avrei per nulla al mondo scaricato il peso delle mie incertezze su di lui, non adesso che finalmente iniziava a metabolizzare la partenza di Niall. Se c'era qualcosa che faceva soffrire Zayn Malik più dell'assenza del fratello, questa era la certezza che se fosse stato male, se mai avesse avuto bisogno di lui, la lontananza gli avrebbe impedito di essergli accanto. E non volevo che alla preoccupazione logorante per Niall, si aggiungesse anche quella per me. Trovandomi poi a poche ore di viaggio, sapevo che se fosse dipeso da lui, avrebbe volentieri preso un treno ogni sera per vedermi. Non tanto per placare i suoi desideri, quanto per assicurarsi che, anche senza di lui, stessi bene. 
Niente di folle o assurdo per Zayn Malik. Dopotutto, da tre mesi a quella parte, chiamava il fratello almeno tre volte al giorno per lo stesso motivo. Aveva adibito la sua stanza ad una specie di magazzino per poi spostarsi in quella di Niall, mantenuta sempre pulita ed immacolata. Si era trovato un lavoro alla vecchia officina sulla Sideway, i soldi li raccoglieva nel caso fosse dovuto scappare di corsa a New York. Non fumava quasi più, alle sigarette e all'erba si era sostituito il disegno. Per settimane avevo tentato di convincerlo a frequentare un corso, una scuola, qualcosa di serio, ma lui mi aveva riso in faccia prima di "Un corso di disegno? Cavolo, se Louis mi vedesse mi prenderebbe per il culo a vita" sghignazzare, rendendosi conto un secondo troppo tardi che Louis non avrebbe mai davvero potuto vederlo, e che probabilmente non gli sarebbe neanche interessato. 
Non l'aveva più nominato da allora, ma sapevo che continuava a pensarlo. E magari pensava anche che la vita con lui era stata davvero bastarda, che l'aveva lasciato marcire a Lancaster mentre tutto ciò a cui teneva gli scivolava tra le dita, disperdendosi come spire di fumo, lontane dalla fiamma che le aveva alimentate. A quel punto, con il fuoco spento e la legna carbonizzata, a Zayn Malik non restava altro che cenere. 
Ma, nonostante tutto, non era crollato. Quella cenere non l'aveva gettata, ma vi stava costruendo sopra un'altra pira più grande e maestosa, che avrebbe faticato a spegnersi. 
Non aveva pianto per Louis. 
Non lo aveva fatto neanche per Niall, quando si erano stretti forte all'aeroporto, prima che lui seguisse la madre. 
Qualche lacrima io, invece, l'avevo versata, incapace di accettare quella scelta repentina, insensata. 
Io odiavo le sorprese. La mia vita era sempre stata organizzata al dettaglio, le mie parole sempre soppesate, le mie decisioni, per quanto improvvise, guidate da cause e motivi in cui credevo. 
Ma quale poteva essere stato il motivo che aveva spinto Niall a lasciarci? Fino a che punto qualcuno può soffrire, se si ritrova a dover abbandonare tutto ciò per cui ha vissuto fino a quel momento, per seguire una perfetta sconosciuta?
La risposta a queste domande era stato Niall stesso a darmela, appena poche ore prima di partire. 

A Kind Of Brothers? (AKOB?) by NowKissMeYouFoolDove le storie prendono vita. Scoprilo ora