21. WHEN YOU'RE TOO IN LOVE TO LET IT GO

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"E' mia sorella" aveva detto, due mattine prima, mentre scendevamo a fare colazione, "è giusto che sia io."
Ci eravamo seduti al tavolo due minuti dopo e lei, che era già lì, si era alzata portandosi il piatto con le uova in salotto.
Jay l'aveva guardata male. "Lottie? Che diavolo?" 
La bambina non aveva risposto.
Io e Lou ci eravamo guardati.
Lui aveva bevuto un sorso dalla sua tazza di caffè, mi aveva fatto un cenno col capo, e poi l'aveva seguita.
"Ma possibile che in questa famiglia non si possa stare a tavola insieme?" si era lamentata Jay, mentre anche lui usciva.
Alla fine mi ero alzato anche io, incapace di restare lì ad aspettare. Ero arrivato sulla porta del salotto appena in tempo per sentire. "Quante volte devo ripetertelo? Non voglio parlare con te, Lou, e non voglio neanche ascoltarti. Lasciami in pace." Lottie mi era arrivata addosso mentre usciva dalla stanza, frastornata.
Mi aveva guardato per un secondo, gli occhi venati da puro disprezzo.
Louis non provò più a parlarle, dopo quella volta.

"Forse dovresti parlarci tu" mi afferrò la mano, riportandola sul suo braccio.
Ripresi ad accarezzarlo stancamente, per niente stupito che stessimo pensando alla stessa cosa. "Perché dovrei?"
"Perché alla fine... per lei sei poco più di un conoscente, magari non sarà tanto imbarazzata a sentirselo dire da te."
Passai a grattargli piano la pancia. "Non sono un esperto di psicologia adolescenziale."
"Non ci vuole uno psicologo per capire quanto gli facciamo schifo. "
"Non credo che ci odi, Lou. E' solo spaventata. Quello che ha visto non rientra nel suo concetto di normalità, sai."
Louis rise, il suo addome vibrò contro le mie dita. "Avevi detto di non essere un esperto."

"La vita è deserto.**" 
La Meis aveva ripreso a leggere ad alta voce, facendo sprofondare di nuovo la classe nel torpore.
"Comunque" continuai io, ignorandola, "convincerò Lottie a non dirlo, quanto meno ai tuoi."
Louis rabbrividì al pensiero che suo padre lo venisse a sapere, io scesi ad accarezzargli la gamba, come a rassicurarlo.
"La vita è solitudine..." 
"E se lo dicesse a qualche sua amica invece?" tremò quando presi a solleticargli la coscia. "Noi non lo sapremo mai, ma poi la voce si diffonderebbe..."
"..la morte ci unisce alla grande maggioranza."
Lo guardai negli occhi, sollevando appena la testa. 
"Lou" strinsi inconsapevolmente la presa sui suoi jeans. "Tu non vuoi che la nostra storia rimanga segreta solo perché siamo cugini, vero?"
Lui arrossì. "Che vuoi dire?"
"Voglio dire: se non fossimo parenti, per esempio, mi baceresti qui, adesso, davanti a tutti?"
Mi accorsi solo in quel momento di essere pericolosamente vicino al suo viso: riuscivo a specchiarmi nelle sfaccettature color grano dei suoi occhi, sentivo il suo respiro caldo sfiorarmi il naso come una carezza, vedevo il pomo d'Adamo vibrare piano mentre deglutiva, a disagio.
Ed anche se la paura sul suo viso era evidente. "Sì" rispose, senza allontanarsi minimamente da me.
"Non ci credo" sogghignai, feci scivolare lentamente la mano tra le sue gambe. 
Sobbalzò, i piedi della sedia strisciarono sul pavimento con un frastuono assordante, mentre io scoppiavo a ridere.

"ORA BASTA VOI DUE!" la Meis chiuse il libro con un tonfo, lo sguardo furioso a guizzare dall'accalorato viso di Louis, al mio, distorto dalle risate. "Styles, in presidenza!"
Mi guardarono tutti di nuovo, chi con sufficienza, chi ammirato, chi divertito.
Io mi alzai senza fare una piega e soprattutto, senza smettere di ridere.
"Ci vediamo nel parcheggio appena esci di lì" mi sussurrò Lou, mentre mi incamminavo, "mi devi una sega ora."
Sorrisi.
Ero riuscito a distrarlo di nuovo.


"No, sul serio Liam, chi te l'ha fatto fare?" sghignazzai passando una mano sulla testa rasata di fresco del mio amico.
Lui si allontanò sbuffando e ammirò per l'ennesima volta il suo riflesso nello specchietto sul comodino. "Volevo sperimentare qualcosa di nuovo."
"Sperimentare? Sembri un deportato."
Lui si imbronciò, Niall rise.
"A me piacciono" annunciò, accarezzando piano la nuca del più grande. Per tutta risposta Liam gli schioccò un bacio sulle labbra.
"E che cavolo!" mi lamentai, prima di lasciarli soli sul letto e buttarmi sul divano. "Non sono venuto qui per guardavi pomiciare!"
Entrambi arrossirono, Niall si perse di nuovo nella contemplazione del paesaggio fuori dalla finestra e Liam sospirò. "Ed esattamente, perché sei qui, Harry?" mi stuzzicò.
"Per approfittare della tua x-box, dato che Lou è di nuovo dall'avvocato."
Quella sola parola bastò a far calare il gelo nella stanza.
Mi guadagnai un'occhiataccia di Liam, mentre aspettavo ansioso la reazione di Niall. Ma ovviamente, quella non arrivò. 
Niall aveva il dono particolare di parlare dei suoi problemi quando voleva e come voleva, peccato che i momenti da lui scelti fossero sempre i meno adatti o i meno necessari.
Per esempio, da quando ci eravamo conosciuti mi aveva fornito una quantità assurda di informazioni su suo padre, sulla condanna, sul processo, eppure adesso che l'appello era alle porte, lui si era rinchiuso in un silenzio tombale.
Sinceramente, non sapevo se con Liam ne avesse parlato. Nell'ultima settimana li avevo visti più affiatati ed uniti che mai, si intuiva anche solo guardandoli che il loro legame era più sincero, profondo.
Almeno, questo riuscivo a percepire negli occhi di Niall; Liam invece, con il suo fare bonario e protettivo nei confronti del piccolo, assomigliava molto di più ad una madre che ad un fidanzato.
Non erano quella che si potrebbe definire una vera coppia, ma ero sicuro che Payne stesse facendo tutto il possibile per aiutare Niall e viceversa. Sapevo che la questione Zayn per Liam era ancora aperta, ma non volevo fare il guasta feste: finché le cose andavano bene, era inutile mettermi in mezzo.

A Kind Of Brothers? (AKOB?) by NowKissMeYouFoolWhere stories live. Discover now