39. HOLMES CHAPEL

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Non dice sul serio. 
Non può dire sul serio.

Ma poi le sue mani si abbatterono sulle mie spalle con forza inaudita. Sentii le gambe cedere e la schiena ribellarsi appena, prima di finire a terra, le ginocchia a pulsare per l'impatto col pavimento, le braccia tese in avanti, alla ricerca di un equilibrio che trovai soltanto aggrappandomi alla vita del ragazzo che adesso, bandana storta tra i capelli e petto nudo, sogghignava dall'alto. 
Allora capii. 
Capii, e se ci fosse stato il vecchio Louis Tomlinson lì, in quel momento, quello che si scopava il suo migliore amico, torturava Liam Payne e trasgrediva ogni regola del mondo di cui non si sentiva parte, probabilmente si sarebbe alzato, avrebbe cancellato con un pugno il ghigno sul viso angelico di Harry Styles, e se ne sarebbe tornato dritto filato a casa.
Ma quel Louis Tomlinson non esisteva più. 
Ed Harry, come me, sapeva dov'è che era stato distrutto. 
Nel sottoscala. 
Deglutii.
Ansimai. 
Ma non lo fermai. E lui non si fermò.
Mi afferrò rude i capelli, costringendomi a sollevare il viso per poi premerselo con sadica soddisfazione sull'inguine, presente e passato a fondersi scompostamente come colori sulla tavolozza di un pittore. 
Voleva che lo odiassi, lo desiderava così tanto da essere disposto ad infliggermi, per la seconda volta, la medesima umiliazione.
Ma sarei stato io sta volta ad umiliarlo, lì dal basso, prostrato ai suoi piedi come quando tutto aveva avuto inizio. 

L'afferrai allora, la cintura su cui mi teneva premuta la faccia, la slacciai veloce e deciso, abbassai i pantaloni fino alle caviglie, accarezzai con il naso i boxer rigonfi, il membro caldissimo a premersi sulla guancia. 
Harry rabbrividì, colto alla sprovvista. Si appoggiò al muro, mentre tiravo giù anche i boxer e afferravo ansimando la sua eccitazione. 
Non dissi una parola prima di infilarmela in bocca, prima di affondarmela in gola e risalire a labbra strettissime fino al glande.
Non parlai nemmeno quando, dopo due o tre affondi, ripresi fiato, mi leccai le labbra e la cosparsi di saliva partendo dalla base, stimolando i testicoli pieni, frizionando con le dita la pelle ormai tesissima. 
Ma lo guardai. 
Lo guardai fisso negli occhi, per tutto il tempo: pupille verdi dilatate, ciglia umide, guance chiazzate dal piacere, labbra tumide solcate laddove i denti erano affondati per trattenere i gemiti, il pomo d'Adamo a tremare con la sua voce. 
Lo guardai e, con la sua erezione a sfiorarmi il palato e plasmare le mie labbra, capii di aver vinto. 
E forse lo capì anche lui, perché ormai al limite, con un gemito strozzato e una ginocchiata sul petto, mi allontanò, sfilandosi scarpe e pantaloni per rimanere completamente nudo. 

"Beh?" mi pulii la bocca con il dorso della mano, mi liberai dei pantaloni ormai insopportabilmente fastidiosi per l'eccitazione nascente tra le mie gambe. "Ho risvegliato a dovere la tua memoria?"
Harry non rispose. 
Però si chinò stringendo i denti, mi afferrò il mento, e un secondo dopo il dolore al collo mi costrinse ad alzarmi.
"Perché vuoi che ti faccia del male, Louis?"
Lo disse con voce mortalmente seria, come se la mia risposta valesse qualcosa, prima di sputarsi sulla mano ed infilarmela tra le cosce.
"Preferisco che lo faccia tu" gorgogliai, non mi opposi quando mi ritrovai di nuovo con le spalle al muro, i boxer ormai abbassati, le sue dita a scavare senza alcun riguardo tra le mie natiche. "Piuttosto che continuare a farlo da solo."
Quell'ammissione di debolezza lo mandò in bestia. 
E so che la rabbia che impresse spingendosi contro il mio bacino, penetrandomi con l'indice e ringhiando sul mio collo, avrebbe tanto desiderato sfogarla su se stesso, e non su di me. 
Inarcai istintivamente la schiena, allargai le gambe, mi sollevai sulle punte per favorire i movimenti circolari delle dita che adesso erano due. 
Harry gemette, quando le nostre erezioni si scontrarono, dure e smaniose. Gettò la testa all'indietro, come arresosi ad un'impronunciabile verità, e le sue dita abbandonarono il buchetto umido per imprimersi sui miei glutei. 
Un ringhio, uno sbuffo, e poi mi sollevò come fossi un bambino. 
Mugolai, aggrappandomi alle sue spalle, le cosce strette attorno alla sua vita, le gambe allacciate dietro la sua schiena. 
Avrei tanto voluto che si fermasse allora, che mi desse un attimo di tregua, che mi concedesse anche solo il tempo di realizzare che ero davvero lì tra le sue braccia, aggrappato al suo corpo come lo ero sempre stato al suo pensiero nei mesi passati. 
Ma Harry inspirò tremante, digrignò i denti e mi penetrò.
Gridai per il dolore, imprecai, ma lui continuò, si spinse fino in fondo, i fianchi tremanti, le vene delle braccia a protestare per il peso del mio corpo. 
"S-sei troppo magro, Loulou."
Chiusi gli occhi, risposi debolmente alle sue spinte, le gambe a tremare per lo sforzo, il dolore alla schiena sempre più forte. 
"Non ti piaccio così?" 
Mi rispose con un bacio. 

A Kind Of Brothers? (AKOB?) by NowKissMeYouFoolWhere stories live. Discover now