Capitolo 7: Sogno e realtà

5 0 0
                                    



Il ragazzo in nero rimase fermo per alcuni secondi.
Ispirò, sperando come non aveva mai fatto prima, sudando sudore che sembrava ferro fuso.
Di colpo spostò il suo sguardo dalla figura del ragazzino con gli occhi verdi alla salma del predone, squadrandola come un necrofago in cerca di un brandello di carne ancora appetibile.
Si sfiorò la fronte. Non sapeva neanche lui se era un cenno scaramantico per invocare il perdono divino, o un gesto tremendamente terreno, per asciugare qualche goccia di sudore rovente.
Si inginocchiò, tentando di trovare una tasca nei lunghi stracci di lana, qualcosa che potesse contenere ciò che agognava.
Il suo sguardo si muoveva come un serpente, all'unisono col suo tatto, per trovare qualcosa che potesse essergli utile a sapere se quella ricerca non era vana.
Il giovane introdusse una mano in una tasca.
I suoi occhi brillarono come non mai, sollevando un pezzo di carta.
Pochi, sparuti ideogrammi. Nient'altro che vecchie, logore scritte, eppure erano tutto, tutto ciò di cui aveva bisogno.
Un misero indizio sul domani apriva un nuovo universo di possibilità.
Era strano pensare come certe volte le cose più importanti fossero anche le più misere.
Le labbra del ragazzo si aprirono, ricamando due sillabe sottili che mal si addicevano a quel volto segnato da continue lotte.
''Héshi...''
Disse, stringendo a sé il fogliaccio e infilandolo in una tasca del soprabito.
''Okay, ragazzino...''
Disse, girandosi, sopprimendo un sorriso a fatica.
''Tu non preoccuparti, ti premierò nel migliore dei modi...''
Disse il giovane scivolando a passi rapidi sulla sabbia chiara, sotto lo sguardo incredulo di Shide, rimasto a fissare la scena, come rapito da quel chiasmo di strana umanità.
Un movimento fulmineo colpì la sua nuca, senza dargli neanche il tempo di sentire dolore, mentre la luce cominciava a sfumare.
''Tu non preoccuparti, non ti lascio quì''
Fu l'ultimo suono a sentire, mentre il suo corpo cadeva esanime sulla rena.
Presto anche gli occhi color carbone del ragazzo scivolarono nella penombra, mentre il mondo di Shide diveniva scuro.
La sua vista cessò presto di distinguere forme e colori, fino a cedere al nero che ormai avviluppava la sua mente.
Presto anche il tempo cessò di contare. Quelli che fluttuavano nel suo cervello potevano essere secondi, attimi inscindibili come potevano essere mesi.
D'altronde cosa contava ora?
Di colpo l'oscurità cedette a un prisma di ricordi, immersi nella penombra.
Non sapeva come definirli.
Da una parte erano tanti, forse troppi per lui, dall'altra erano pochissimi, anche per un ragazzino di quattordici anni, memorie così piccole da poter essere racchiuse in un granello di quel deserto.
D'altronde cosa emergeva di degno di essere ricordato in una vita spesa a lavorare, studiare, vivere per una causa che lui neanche condivideva?
Lì, in quel reflusso di memorie germinava un sogno, destinato a essere inquietante come pochi.
Una visione sfumata si componeva, riecheggiando di neurone in neurone, tessendo un quadro angosciante.
Nella penombra si accalcavano i demoni di un passato scialbo quanto interminabile.
Il silenzio e la solitudine, con le loro grezze lame e i loro volti sporchi di carbone lo guardavano, senza dire niente.
Shide era come trattenuto da un muro duro come l'acciaio, chiaro come l'aria. Un muro che non c'era e allo stesso tempo era impenetrabile.
A qualche passo da lui c'era Yifo, ancora avvolto dagli abiti monastici cremisi, dal sorriso spezzato e gli occhi puntati verso il basso.
Anche lui era totalmente immobile e ammutolito. D'altronde, cosa c'era da dire?
L'unica che parlava era una figura straziata e emaciata, rozza parodia di Chang'e, dea della luna, che ripeteva una nenia squillante
''Venite, venite, esseri forti e immortali, venite dalla vostra mercante di lacrime! Venite a vedere, sentire, odorare la tragedia dell'uomo! Un essere così fragile da essere danneggiato anche solo dal silenzio, basta prolungarlo e eccolo, prigioniero...''
Intorno alla gabbia invisibile sfilavano dei e uomini immortali, con solo gli occhi che emergevano dalle tenebre, seguiti solo da flebili contorni bestiali.
Una scrosciante risata, condita da un applauso ossessivo era l'unica colonna sonora degna del dolore di Shide.
Una sofferenza che forse era stata del tutto inutile, esattamente come quella breve esistenza.
Era così strano che non avesse temuto neanche per un attimo di vedere finire la sua vita, ma di doverla continuare senza una speranza.
''Svegliati''
Furono queste le parole che irruppero nella sua mente.
Il profondo verde dei suoi occhi si dispiegò, mentre le palpebre si spalancavano, facendo stagliare il suo sguardo su una grande ventola attaccata al soffitto.
Subito il suo respiro non fu l'unico della stanza, mentre il ragazzo ingurgitava a forza l'aria di quel nuovo ambiente.
I suoi sensi riapparvero in pochi attimi.
Un ultimo strascico di memorie lo riportò a quando faceva con Yifo, il ''Gioco dei sensi''.
Al tempo doveva sapere solo sei cose: Cosa avvertiva il suo tatto, cosa sentivano la sua vista, il suo udito, il suo olfatto e il suo gusto.
Farlo in quel momento era forse un buon modo per allentare la tensione e creare una leggera transizione con quella tempesta di ricordi in cui si era trovato.
Col tatto poteva avvertire la freschezza liscia di un materasso gonfiabile, posto lì in tutta fretta per l'insolito ospite che era.
La lotta tra l'odore di disinfettante e quello di polvere era chiaro nell'aria, così come quello tra il suono delle ventole, lo strascichio di un mouse e un sottile ringhio di cingoli.
In bocca, la lingua di Shide cercava un altro sapore che non fosse quello della saliva resa amara dalla sabbia e dall'angoscia di vivere.
Le tempie del giovane scivolarono sulla plastica del materasso, incontrando una figura adagiata su una sedia scura, intenta a godersi un vecchio gioco, risalente a molto prima della grande catastrofe che il suo tema narrava. Erano passati tre giorni da quella declamazione pubblica, tre giorni che sembravano trecento.
La silhouette si voltò verso di lui, rivelando tratti femminei e una pelle stranamente scura, su cui i raggi dell'alba risplendevano, sembrando ancora più caldi.
Occhi scuri e tiepidi, volto ovale e tratti equilibrati, questi pochi aggettivi riuscivano benissimo a rappresentare la ragazzina.
''Benvenuto...''
Mormorò lei, raccogliendo i capelli scuri e crespi in un paio di codine.
''Dove sono?''
Domandò il ragazzino, inspirando a pieni polmoni, con gli occhi doloranti per essere stati troppo chiusi.
''Fenglong...''
Concluse la ragazzina, abbassando lo sguardo e facendo schioccare l'articolazione del gomito, da cui partivano vistose chiazze di pelle più chiare, che inframezzavano la sua carnagione, interrompendosi a pochi centimetri dalle maniche.
Shide realizzò dove si trovava, mentre, nella sua mente, si stagliava la frase di uno dei predoni, fuggito dopo aver visto quel gigantesco mezzo spiegare le vele.
Era su quello strano cingolato che aveva sconfitto i briganti con una facilità disarmante.
Il suo iniziale scetticismo venne limato da un paio di voci che riecheggiavano al di là della porta.
Due voci decise, di cui non poteva ancora sapere niente.
Una porta scorrevole si aprì con un gracidio e quattro occhi furono su di lui, fermi, indecifrabili nell'aspetto come nelle intenzioni.  

Sons of the EndWhere stories live. Discover now