Capitolo 5: L'ombra del deserto

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  Uno scricchiolio violento riecheggiò per le sale del mezzo.
Il vagone blindato, simbolo del governo, dell'Autocrazia cinese e del suo popolo stava cedendo.
Un attimo di silenzio rimbombò al suo interno, mentre le ruote smettevano di virare avanti, smuovendo una nuvola di polvere, coperta dal velo scuro della sera.
Shide guardò fuori dal finestrino, mentre la sua visuale si appannava, facendogli perdere la concezione dello spazio.
Un gracidio meccanico di potenza spaventosa tuonò nel silenzio secolare.
Il mezzo si avvitò su se stesso, scosso dalle urla che trasudavano dall'acciaio e dai vetri, che esplodevano a contatto col suolo incandescente.
Il ragazzo sentì solo un dolore effimero dietro la nuca e un sibilo sottile e tagliente.
Il suo mondo divenne totalmente buio.
Non tutti i passeggeri furono così fortunati da non sentire le esplosioni che si riversarono sul mezzo, una volta che l'impatto col suolo lo ebbe rallentato.
Decine, forse centinaia di molotov e ordigni rudimentali si accanirono come avvoltoi sulla carcassa del vagone blindato, strappando brandelli d'acciaio dalla salma ormai quasi del tutto priva di vita.
La cabina del conducente, dotata di un muro di plexiglass spesso due dita, venne preso di mira.
Un rudimentale cannone gli sparò contro una bombola di gas con un sibilo.
A contatto col vetro una luce arrossò il tramonto.
L'ultima cosa che l'autista vide fu il rozzo proiettile perforare il vetro, sfrecciandogli a pochi momenti dal viso.
Il tempo non gli bastò a trovare un attimo di sollievo, a pensare, anche solo per un momento, a un modo per uscire di lì.
Pochi secondi dopo la bombola esplose, liberando nell'abitacolo migliaia di chiodi e frammenti di metallo.
Non ebbe neanche il tempo di urlare, nel vagone per sempre addormentato.
Le ceneri fluttuarono ancora per qualche ora, prima che chiunque stesse dietro ai cannoni si avvicinasse.
Non c'era bisogno di altri sicari, il gelo della notte desertica avrebbe finito il lavoro.
Ogni tanto qualcuno strisciava fuori dal mezzo, per poi venire falcidiato dallo sbalzo termico, capace di far indietreggiare il numero esorbitante di gradi del dì, fino a sconfinare nel negativo.
Shide non vide.
Non vide quella distesa tinta di rosso e neanche sentì il gelo che lo avviluppava fino al midollo.
Il mondo ricomparve ai suoi occhi solo molte ore dopo, quando non rimaneva più niente di vivo dentro al vagone blindato.
Il primo suono soffuso che avvertì fu un continuo battere.
Poteva udire le ultime lastre metalliche vibrare. Ringhiare di metallo contro metallo.
Ormai la temperatura era tornata alla sua invivibile normalità, ma una goccia di sudore, gelido come il ghiaccio, attraversò la schiena del ragazzo.
I suoi occhi color giada fecero capolino dall'oblò semidistrutto, che ora si trovava proprio sopra la sua testa.
Dove il blu del cielo e il giallo del deserto si incontravano notò una figura scura. Un uomo vestito di lunghi stracci grigiastri.
Il viso era coperto da una maschera protettiva, scura come il resto del vestiario, terminante in una graticola che proteggeva gli occhi. Tra le mani stringeva un piccone, che strideva a ogni impatto con lo stemma dell'autocrazia cinese, solcato da decine di sfregi.
Un fruscio.
Il predone si voltò di scatto verso di lui, riuscendo a capire solo una cosa: lì c'era qualcuno.
Qualcuno che non ci sarebbe dovuto essere.
Il ragazzo scivolò tra i detriti rovesciati a terra, sperando di non essere notato, mentre uno sciame di brividi gelidi attraversavano la sua mente.
Sapeva che non sarebbe bastato sperare.
Il predatore batteva con l'impugnatura del piccone a terra, come un serpente che coglie le vibrazioni nell'aria prima di attaccare.
I sensi di Shide si ripristinarono del tutto, riuscendo a captare anche altri rumori.
Una voce, due voci, una moltitudine di voci, che si mischiavano tra loro, in dialetti diversi, quasi incomprensibili.
Un fiume di parole sconnesse affiorava da lingue lontane.
I vocaboli ''Vagone'', ''Buon guadagno'', ''partenza'',''Occidente'', ''fiume in secca'' potevano essere capiti, ma il ragazzo non aveva speranza di contestualizzarli. Ma d'altronde, anche se l'avesse fatto, probabilmente non sarebbe stato comunque salvo.
Il ragazzo si guardò intorno, nella penombra spezzata da qualche raggio di sole rovente che filtrava dal plexiglass.
Un breve salto e fu di nuovo sopra, a contatto con l'acciaio.
La via era libera, almeno per ora. Mise le mani avanti, cercando un appiglio per tirarsi su più velocemente e fu immediatamente fuori.
Qualche passo incerto, cercando di non farsi sentire.
Di colpo, un'altra figura scura emerse dal chiarore della sabbia.
Il ragazzo rimase immobile.
Indossava una maschera tradizionale, sembrava impossibile che non lo avesse visto. Questo fino a ché non si voltò, rivelando che la maschera era posta sulla nuca del predone.
Un attimo di oleoso, stagnante silenzio, prima che un grido crepitasse nell'aria.
''Eccone un altro!''
Riecheggiò nell'aria, seguito da un urlo.
L'uomo con la maschera dietro la desta estrasse un coltellaccio dal cinturone che reggeva le sue vesti incrostate di sabbia e sangue.
Il ragazzo rimase immobile.
Poteva contare i passi che mancavano alla sua fine urtare sul terreno.
Chiuse gli occhi, mentre si preparava a sentire l'acciaio del coltello scivolargli sulla gola e poi più nulla.
L'unica cosa che gli dispiaceva era sapere che anche gli dei del cielo potevano mentirgli.
Passò qualche breve, densissimo attimo.
La luce penetrava dalle sue palpebre, mentre le sue orecchie confermavano che l'uomo davanti a lui si era fermato.
Spalancò gli occhi, mentre notava che al predatore se ne era aggiunto un altro. Eppure, entrambi erano girati di schiena.
Una sottile brezza del deserto fu seguita da un urlo terrificante.
''Fenglong!''
Gridò uno dei due, mentre un ruggito continuo emergeva dalla piana.
Indicò l'orizzonte, da cui si scorgeva un nugolo di sabbia rossastra.
Altri tre predoni uscirono dal mezzo governativo, ormai distrutto, senza neanche guardare il ragazzo, scappando verso i propri Hovecraft* e Quads cingolati*.
Il ragazzo era ancora, tremendamente scosso.
Non riusciva a capire com'era possibile che si fosse salvato.
Il giovane si schermò gli occhi, guardando all'orizzonte, cercando di capire cosa fosse quell'insolito nugolo di polvere.
Dalla tempesta emersero un paio di giganteschi cingoli, estremamente più spessi di quelli del vagone corazzato, sormontati da un corpo d'acciaio poligonale, che terminava con una zona ellittica, da cui si potevano notare decine di pannelli scuri.
Un'imponente cannone a tre bocche poteva notarsi sotto una membrana che si apriva, simile a una vela, che sormontava ciò che sembrava l'abitacolo, protetto da spesse livree di plexiglass scuro.
Il mezzo si bloccò in mezzo alla vallata.
Shide sgranò gli occhi, quando la cosa fu abbastanza vicina da mettere in risalto la sua stazza spaventosa, più vicina a quella di un palazzo che a quella di un mezzo di trasporto.
I briganti accelerarono sui loro veicoli, adottando un'andatura ondulata, lasciando lunghi solchi sulla sabbia dietro di loro.
Un gracidio meccanico invase la piana, mentre i giganteschi pannelli sulla testa del veicolo venivano sguainati, rivelando la loro vera utilità: quella di specchi.
La ''vela'' sul mezzo si irradiò della luce del sole, mentre gli specchi ruotavano di qualche grado, allineandosi in un'ellisse.
Il ragazzo non mise a fuoco ciò che successe dopo, ma alla fine degli eventi non seppe se rimanere affascinato o terrorizzato.
Un esplosione e l'hovercraft schizzò in aria, avvolto da una coltre di fuoco così spessa da non far trasudare neanche le urla.
Quando la macchina tornò a terra con un boato non era altro che una grottesca unione di plastica e metallo liquefatti.
L'altro brigante, col suo quad cingolato, si spinse più avanti con un rombo, giungendo fino a un altopiano.
Il cannone della grande macchina si rivelò con un ringhio meccanico.
Non era un cannone a tre bocche, ma tre cannoni gemelli, che si aprirono in direzione del bersaglio.
La bocca centrale, su cui figurava il rozzo graffito di una testa di drago, si girò verso la sagoma del veicolo, che ormai si cominciava a sfumare all'orizzonte.
Un sibilo e il cingolato venne ridotto a brandelli da un ammazzo di pezzi di metallo sparati a velocità esorbitanti.
Shide non sapeva se tremare o gioire dell'arrivo di quella macchina, che presto si avvicinò alla carcassa del vagone, insieme alla tempesta che si trascinava dietro.
Presto il giovane fu costretto a trovare riparo, mentre la macchina continuava a soffiare.
Presto tutto venne avvolto dal rossastro della tempesta. Un vento così fitto che addirittura i raggi solari non riuscivano a penetrarvi.
Di colpo, qualcosa emerse dalla tormenta.
Era una figura umana, di media statura. Un ragazzo.
Non appena mise piede a terra la bufera si zittì, lasciando risuonare i suoi passi, coperti da un paio di piccoli stivaletti, neri come i larghi pantaloni e come la camicia tradizionale, lasciata aperta.
Sotto di essa una maglietta di tessuto leggero, su cui si poteva notare la vecchia stampa di un dragone bianco, che ancora rampava dopo decenni di sabbia e violenza.
Un antico elmo di metallo e pelle gli proteggeva il cranio dalle altissime temperature. All'ombra del copricapo gli occhi risplendevano, o meglio, bruciavano di uno strano nero, un colore simile quello dell'acciaio appena uscito dalla forgia.
La luce che emanavano era inquietante e possente, nonostante quello fosse poco più di un ragazzino.
Shide squadrò la figura, pervaso da un brivido.
''Chi sei?''
Cercò di domandare, prima che l'urlo di un uomo gli coprisse la voce.
Qualcuno si era nascosto.
Non tutti i briganti erano scappati via.
*Hovercraft: Veicolo sostentato da un "cuscino d'aria" e mosso da una o più eliche, in questo caso, capaci di sfrecciare a alte velocità, a una distanza di 50 cm/un metro da terra.  

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