Capitolo 1: Allievo

12 2 0
                                    


  I raggi del sole rovente illuminavano una cattedra nel centro della classe, increspati dalle ombre di due uomini.
'' Signor Yifo... Si chiede perché l'ho convocata? E sa dirmi, lei, chi è? E magari anche qual è il suo ruolo nel monastero della nostra amata città''
Domandò un uomo dai capelli corti e dagli occhi infossati, per poi ispirare il suo sigaro e sputarne fuori il fumo, nero come i suoi baffi.
Il suo interlocutore alzò il mento barbuto, dapprima appoggiato sulla lunga tunica rossa, sgranando gli occhi ustionati dal sole.
'' Io sono Zhong Yifo, monaco nel monastero cittadino ormai da quindici lunghi anni, per un totale di quarant'anni a cui aderisco alla fede nel Buddha, e no, non so perché mi abbia fatto recare qui''
Sussurrò l'anziano, in modo pacato e allo stesso tempo deciso.
''L'ho convocata per questo!''
Ringhiò l'uomo, schiacciando sul banco un foglio di carta, irto di segni rossi e cancellature.
'' Io sono il preside di questa scuola e amministratore dell'istruzione cittadina. Sono qui da metà della mia vita e posso garantirle che fare in modo che quel ragazzo legga questo tema, per la visita del prefetto, sia il più grande errore che potesse fare!''
Sibilò il maestro, mentre i suoi occhi si riempivano di frustrazione.
'' E perché?''
Domandò il vecchio monaco, tenendo lo sguardo scuro fisso sul foglio.
'' Confido che al monastero in cui lo tenete, abbiate fatto correggere gli errori a Shide, ma anche se fosse così, questo non è un testo da presentare a un gerarca della nostra amata nazione!''
Continuò l'uomo, facendo scivolare il foglio verso Yifo.
''Non vedo niente che non vada, anzi, è un testo storicamente accurato e rispecchia l'andare delle cose, lei dovrebbe saperlo...''
Ammise il confratello, riuscendo a stento a contenere una crescente irritazione.
'' Il contenuto non è il problema principale, nonostante abbia omesso alcuni particolari come, per esempio, il nuovo contatto tra il signore della Cina e le potenze mistiche, che lo hanno legittimato nella sua nuova politica religiosa. A ogni modo, il problema è la forma: per una visita così importante ci vuole splendore, ci vogliono termini ricercati, ci vogliono metonimie, similitudini, non una sola metafora da straccioni...''
Sbraitò l'uomo, fissando lo sguardo del bonzo, rimasto a stento freddo davanti a simili parole.
'' Peccato, davvero peccato''
Lo interruppe lui, sorprendendo il maestro.
''Peccato per cosa?''
Chiese l'uomo, inclinando lo sguardo. Cercando di non sentirsi in soggezione udendo quella voce roca, affievolita dalla vecchiaia, ma ancora più potente e vitale della sua.
'' È un vero peccato che un uomo della sua cultura non capisca assolutamente niente di scrittura, è un peccato che non faccia assolutamente niente contro quei figli di nessuno che tormentano il mio ragazzo, e soprattutto, è un peccato che sia lei a trattare con le autorità, di solito. Ma questa volta non poteva evitare che io convincessi il prefetto.
Eravamo compagni di studi in gioventù, non aveva comunque speranze di avere ragione di me, signor preside.
Buona giornata''
Concluse il monaco inchinandosi, per poi allontanarsi dalla stanza, senza che il suo avversario riuscisse più a aprire bocca, e il suo sguardo in cagnesco non bastò a ritardarlo.
Al preside non restò che inalare a forza il suo tabacco, mentre il sapore amaro di una bruciante sconfitta intellettuale si faceva largo nella sua mente.
I suoi occhi rimasero socchiusi, a riflettere sul profilo di Fotusao, la sua città.
Il suo magro dominio.
Un pugno di case di legno e terracotta, un tempio, qualche negozio, una miniera di carbone e un vecchio monastero.
Passarono i minuti, scanditi solo dalle lunghe folate acri che gli scivolavano via dalle labbra.
Un cigolio spezzato riecheggiò nella sala vuota, seguito da una voce giovanile.
''Buongiorno maestro, mi chiedevo se avesse qualche consiglio di dizione per il discorso di oggi...''
Era un ragazzo di media statura, capelli corti a caschetto, neri come la casacca, chiusa da lunghi alamari e bottoni sferici d'ottone, occhi di un verde profondo.
''Shide... Vieni qui''
Ordinò l'uomo, alzandosi dalla sedia.
Il giovane si avvicinò, intascando i fogliaccio.
Uno schiocco violentissimo colpì la sua guancia, lasciando un vistoso segno rosso.
Un altro colpo, stavolta a pugno chiuso lo urtò in pieno stomaco, spezzandogli il fiato.
Una stretta furente si chiuse intorno al suo colletto, facendolo trovare con le spalle al muro.
''Shide, ascoltami, va bene?''
Chiese l'uomo, mentre sentiva il giovane rimangiarsi le ennesime lacrime, mentre gli ampi occhi color giada si asciugavano rapidamente, seguendo il muoversi del mento, che dondolava in un cenno convulso.
''Ascoltami. Stasera verrà il prefetto e ci sarà tutta la città a guardarti, a sentire quel tema del cazzo che hai scritto. Il tuo amico monaco lo ha convinto a ascoltarti, a darti il tuo piccolo momento di gloria, va bene, accetto la sfida. Ma se io trovo scritto anche sull'ultimo giornale di questo paese che il tuo discorso non è piaciuto, e soprattutto, che la mia scuola ci ha fatto una figura...Non buona ... Io non solo ti espello, io ti faccio anche licenziare dalla cava... Capito?''
Ruggì l'insegnante, spingendo via l'allievo.
''Si, signore, ho capito''
Ammise il ragazzo, costretto a inchinarsi con la riverenza del caso.
Per quanto avesse voluto fare ben altro, o, per meglio dire, tutt'altro.
Da quel momento le ore scesero con il contagocce, troppo lente per essere sopportabili, troppo veloci perché quel giovane potesse trovare anche un solo attimo di pace.
Neanche dopo l'uscita da quella dannata struttura la serenità sembrava poter essere contemplata.
Neanche quando le torri del monastero dipinsero la loro lunga ombra e neanche quando fu il momento di rientrare nella sua stanza.
L'unico angolo di mondo che poteva davvero definire suo: una branda, una piccola libreria di noce e una lanterna tradizionale color cobalto che inondava tutto di luce fresca.
Ma ora era troppo spaventato, anche per apprezzare quei pochi metri.
''Va tutto bene, ragazzo?''
Domandò una figura facendo capolino dalla porta. Era ammantata della sua tunica rossa, che cozzava con la pelle scura e con la lunga barba griga, che cadeva a cascata sull'abito insieme ai capelli.
''Si...''
Disse il ragazzo mentre i suoi occhi scattavano lontano dal suo sguardo.
''Sono caduto e mi sono preso uno scalino sulla guancia...''
Ammise il ragazzo, cercando di prevenire la domanda del monaco.
''Quale palazzo della nostra cittadina ha scale a forma di mani?''
Domandò Yifo, mentre il suo volto si tingeva di un sorriso amaro, guardando gli occhi del giovane riempirsi di lacrime.
Un lungo attimo di silenzio riecheggiò nel palazzo, prima che il monaco prendesse la parola.
''Ti prego di stare tranquillo ragazzo... Va tutto bene, io sono sicuro per te, e lo sono per il tuo futuro''
Riconobbe l'uomo, mentre il suo sguardo si schiariva di pura sincerità.
''Pensavo che un buon monaco non potesse mentire, Yifo...''
Sibilò il giovane, mentre la sua espressione si faceva tagliente.
''Dovrei essere preoccupato per il tuo futuro?''
Domandò il confratello, radunando ogni stilla di schiettezza che aveva in corpo.
''Yifo... Non ho una madre, non ho un padre, non ho una famiglia, non ho amici... Tutti mi odiano...''
Ammise il giovane, mentre una sfumatura di pura tristezza dipingeva una smorfia sul suo volto.
''Shide... No, non devo comunque temere per te. Io temo di già, ma per chi non ha sensibilità, non per chi è orfano di madre.
Per chi non ha intelletto, non per chi non ha padre.
E per il fatto che si odiato... Pensa al giorno, pensa al giorno in cui tutti ti ameranno: questi anni ti sembreranno solo una pillola amara e dolorosa, ma che hai dovuto prendere per raggiungere quel giorno, e forse, quel giorno è oggi... E sono sicuro che lo sia...''
Concluse il monaco, lasciando Shide senza fiato, con gli occhi lucidi, a illuminare la penombra di quella stanza.
Ma forse non c'era tempo per i sentimentalismi, come non c'era mai stato, d'altronde.
Mancavano poche ore all'arrivo del prefetto.
Mentre il continuo ticchettio di un orologio testimoniava l'inesorabile scorrere dei minuti.  

Sons of the EndWhere stories live. Discover now