solitudine

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Split- Kevin Wendell Crumb, un po' tutti

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La madre di Kevin  era una donna di soli 24 anni quando aveva partorito,  era assai particolare e questo non la rendeva certo invisibile.

Lavorava in un bar di cattiva reputazione in un quartiere diffamato di Philadelphia, inoltre era quasi sempre sotto effetto dell'alcol.

L'arma con cui catturava l'attenzione della gente erano i suoi occhi.

Grandi e celesti, molto intensi e talvolta ipnotici, che non davano mai a mostrare i sentimenti della donna, no, erano due blocchi di ghiaccio bellissimi.

I capelli fini e ramati, le ricadevano sulle spalle spesso arricciati e con pieghe definite, incorniciavano il suo volto.

In viso candido e tondo, molto femmineo quasi innaturale.

Un fascino che aveva tramandato in seguito al figlio.

Sebbene l'aspetto bucolico, aveva un caratteraccio difficile da sopportare.

Era violenta e selettiva; esigeva il massimo rigore dell'ordine e delle pulizie e sapeva essere molto crudele in caso contrario ai suoi voleri.

Talvolta usciva ed andava a letto con alcuni clienti del locale anche solo per guadagnarsi qualche spicciolo in più, sempre sbronza e fradicia di vino e birra.

Forse è stato in quelle occasioni, che è finita incinta, lei, Mary Wendell Crumb, ha avuto un bambino.

Un maschio per la precisione, Kevin, Kevin Wendell Crumb, il bambino dalle 23 personalità diverse.

Il figlio con lo stesso sguardo e viso della madre.

Era divenuto da subito un paziente della dottoressa Fletcher, la quale si era accorta dei suoi disturbi dissociativi, e delle difficoltà nel relazionarsi con la madre.

***

-Kevin, alzati, è mattina!- la voce tonante della mamma fece irruzione nella sua stanza come quasi tutti i giorni, arrabbiata ed isterica.

Il bambino alzò il capo in direzione del richiamo, stropicciandosi il viso assonnato.

Era un bambino esile e gracile, con un corpo affusolato e per certi versi, anche ben formato, nonostante i numerosi lividi.

-Kevin! Guarda che non ti richiamo un'altra volta!- Mary sbatté la porta, facendo sobbalzare il figlio dallo spavento.

Rimase davanti alla soglia ad attendere che il ragazzino si vestisse e scendesse a mangiare la colazione.

-Ciao, mamma- la salutò debolmente, allargando le braccia in cerca di un abbraccio.

Lei fece finta di non vederlo e girò il capo in segno di rifiuto.

-Muoviti, non ho molto tempo, e poi sai che mi devi aiutare al lavoro- detto questo sparì da dove era venuta.

Le braccine di Kevin rimasero a mezz'aria ancora qualche distratto istante, prima di ricadere mollemente nelle lenzuola.

Si vestì e scese in cucina per mangiare.

Un bicchiere di latte freddo con un biscotto era il massimo che ci si poteva aspettare, ma per lui era molto prezioso se non importante.

Era più o meno l'unico gesto gentile che sua madre aveva ancora voglia di regalargli; perché non goderselo?

Mangiò con gusto la sua misera pietanza, senza fiatare e con gli occhi incollato su Mary, che nel frattempo, era intenta a lavare i piatti del giorno prima.

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