Capitolo 52: Di nuovo insieme - I

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Fabian si fermò per riposare, appoggiandosi contro una roccia. Emise un verso di sollievo nel momento in cui la sua fronte madida di sudore entrò in contatto con le goccioline di condensa sul dorso della pietra.

Al suo fianco, Thanatos emise un debole suono. Fabian osservò l'Immortale con la coda dell'occhio: era piegato in due e tremava dalla testa ai piedi. La sua pelle aveva un aspetto fragile. Si poteva scorgere l'intricato reticolo delle sue vene sotto quel velo sottile. Ora che lo vedeva attraverso gli occhi di Aides lo scorgeva nel suo vero aspetto, e notava quanto fosse ridotto male. Si trovavano nella dimensione demoniaca da appena pochi giorni ed era bastata quella breve permanenza per portarlo allo stremo. Dovevano fermarsi sempre più spesso e, nonostante Fabian usasse come scusa gli oneri che l'avere un corpo di carne comporta, la maggior parte delle volte era per colpa di Thanatos.

Era proprio vero che il tempo trascorreva diversamente nella dimensione demoniaca. Secondo i calcoli di Thanatos, nella maggior parte delle altre dimensioni e soprattutto nella dimensione degli Immortali, dovevano essere passate poche ore. Se lui aveva ragione, Fabian si chiedeva quanto tempo avesse passato lì Teddy e se ci fosse ancora qualcosa da salvare. Se era bastato così poco tempo per debilitare a tal punto uno dei Cinque, non osava immaginare in quale stato avrebbe trovato suo fratello.

Di tanto in tanto, Thanatos trasaliva e guardava il vuoto con occhi stralunati. Nonostante fosse difficile decifrare l'espressione degli Immortali, Fabian capiva che era in preda a profondi turbamenti. Thanatos diceva che l'aria mefitica della dimensione demoniaca gli causava delle allucinazioni cui, per il momento, Fabian era stato immune grazie all'aiuto di Aides. Si chiedeva cosa fosse talmente scioccante da dipingere quella luce terrorizzata nei suoi grandi occhi neri da insetto, ma in fondo non lo voleva sapere.

– Possiamo fermarci a riposare per un po', se vuoi. - propose, cercando di suonare noncurante.

Thanatos percepì ugualmente la sua preoccupazione e sorrise. Fabian sentì un dolce calore emanare da lui e fluire nella propria mente.

– La tua angoscia per il mio stato di salute è commovente, Fabian Faust. Perché ti ostini a nascondere al mondo il tuo lato migliore?

Fabian non rispose; non per spregio, ma perché non sapeva cosa dire. Thanatos aveva un'opinione troppo alta di lui.

– Ti sbagli. - disse il Creatore.

– Smettila di frugare nella mia testa! - sibilò Fabian, inviperito.

Non ricevette nessuna risposta. Pensò che Thanatos avesse finalmente deciso di dargli ragione, quando sentì un tonfo. Fabian si voltò col cuore in gola: il Creatore era crollato a terra e lì era rimasto, le braccia sottili abbandonate lungo i fianchi.

– Thanatos... - lo chiamò Fabian, aiutandolo a mettersi seduto. - Stai bene?

– Bene? No. - disse lui, ma non sembrava che gli dispiacesse. - Quello che mi sta succedendo è del tutto naturale. Sento le forze abbandonarmi. Se ci attaccassero, non potrei fare molto per difenderci, ma non voglio andarmene prima di aver rivisto Azrael... o Timothy, come lo chiami tu.

– Ce la fai a camminare?

– Credo di sì.

Proseguirono per soli altri dieci metri prima di essere di nuovo costretti a fermarsi. Thanatos era più pallido che mai e traballava come un castello di carte.

– Dobbiamo riposare. - asserì Fabian, spingendolo a sedersi su una roccia.

– Sono mortificato. Sto diventando una zavorra. - fece Thanatos, guardando verso l'alto, come se stesse cercando di non piangere. - Se solo il mio senso dell'orientamento funzionasse meglio, avremmo già trovato Lauviah e Azrael.

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