Capitolo 7 - La rovina di Iisdar

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La piana di Iis era ostinatamente calda nonostante l'ora. L'erba che circondava la città era ovunque secca e ingiallita e non c'erano alberi a proteggere le colline dai raggi del tramonto. Ovviamente: erano stati tutti tagliati per costruire quelle navi che avevano quasi capovolto le sorti della guerra.

Quasi però. Ormai non c'era più nessuna minaccia nei mari settentrionali e nessun esercito a interporsi tra loro e Iis, l'antica capitale del regno di Iisdar. La guerra era conclusa.

Ghevior espirò con forza, come per allontanare quel pensiero, e riprese a guardare le mura che i suoi soldati stavano valorosamente scalando da ore. I difensori opponevano ancora una strenua resistenza, ma presto sarebbe finita. Presto, tutto si sarebbe concluso, e l'avrebbe fatto proprio lì, nel cuore del regno nemico.

Un uomo affiancò a piedi la sua cavalcatura. Era alto quanto il cavallo stesso e la sua pelle color nocciola pareva nera come il carbone nell'avvicinarsi della notte. Il suo generale più fidato. «Qualcosa non quadra, mio signore» ribadì ancora. Era la seconda volta quel giorno. La voce era tranquilla, ma pervasa da una punta di nervosismo. Era preoccupato.

«Una delle tue sensazioni?»

«Sì, mio signore. Il Tempio è ancora intoccato nonostante il nostro attacco e il fuoco non lo ha neppure sfiorato; sta per succedere qualcosa».

Riportò lo sguardo sulla città. Gli incendi divampavano ovunque e ombre di soldati si muovevano in una danza spettrale tra le fiamme. Eppure difficilmente i timori di Turon si dimostravano infondati. Acuì lo sguardo verso il fuoco, concentrandosi, poi un brivido di freddo gli percorse tutta la schiena, gelido nonostante il sudore che gli imperlava la pelle da ore, e capì. C'era del Potere che emanava dai gradini di quel tempio...

«Ordina la ritirata, Turon».

«Mio signore?»

«Mi hai sentito! Ordina la ritirata immediata! Fa' che la quinta compagnia copra le truppe mentre indietreggiano e disponi le rimanenti davanti a-...»

Non terminò mai la frase. Un'ombra calò improvvisamente sul campo, immobilizzandoli tutti, e un vento freddo si alzò da sud. In cielo, la luna si frappose fra la terra e il sole e si tinse di nero, offuscando il tramonto.

Poi lo sentirono: una vigorosa litania si alzò dalla città, greve e possente, e le nuvole tremarono. Il sole, spentosi con l'eclissi, mandava strani bagliori azzurri a tingere il cielo e l'aria si fece pesante, quasi che premesse su tutti loro.

«Mio signore...»

«Ritirata! Suonate le trombe! Subito!»

Troppo tardi. Un bagliore azzurro sprigionò tra le colonne del Tempio, accecante, e Ghevior si ritrovò improvvisamente paralizzato dalla paura, il sangue che gli gelava nelle vene. Il vento si fece più forte, costringendoli a piantare i piedi nel terreno, e le nuvole si addensarono nel cielo scuro, portatrici di tempesta. Poi la luce scemò. Si ampliò per un istante, incerta, quindi ricadde in un traballante ventaglio di luce azzurra e si richiuse in se stessa mentre uno scoppio di Potere travolgeva la città. E il buio dilagò. Le ombre si dilatarono nel pieno corso dell'eclissi e inglobarono ogni cosa, insaziabili, poi un ruggito infranse l'aria sopra al correre del vento, terrificante, e il Tempio crollò.

Il silenzio calò sulla piana, dagli uomini di Dreehl come di Iisdar, indistintamente, poi il Potere si fece opprimente e annaspò alla loro destra, stringendosi il cuore con una mano. Del temibile mago che per anni aveva guidato Dreehl con la sua saggezza non rimaneva che un vecchio tremante, schiacciato dal Potere. «V-verrà il dì» balbettò, tentando di riprendere il controllo del respiro. «In cui la fenice d-dietr'alla luna riposa l'ali, e t-triste il mondo non predice c-che un futuro d-d'ombra e mali...»

Non proseguì oltre, ma incrociò lo sguardo del Re prima d'interrompersi, e allora Ghevior capì: la fenice, il sole, la luna, l'eclissi... e il drago: Thi'a, l'Amara Speranza. «Che gli Dei ci proteggano».

«Mio sire!» chiamò Turon, ma Ghevior si stava già muovendo: «Suonare la ritirata immediata! Che tutti abbandonino la città! Turon, con me!» Diede di redini e lanciò il cavallo al galoppo giù per la collina senza aspettare risposta.

Non c'era tempo per pensare. Dovevano allontanarsi il più velocemente possibile o il panico avrebbe invaso il campo di battaglia, e allora sarebbe stata una strage. Non poteva permetterlo. Non dopo essere arrivati così vicino alla vittoria finale.

Eppure niente andò come previsto: una figura nera emerse dalle macerie del Tempio, immensa, e si scrollò le pietre bianche dalla schiena come fosse stata polvere di calce, e nei suoi occhi non vi era altro che rabbia e frustrazione.

Thi'a, Re dei draghi e Signore dei venti, flagello degli uomini.

Tese il lunghissimo collo verso il cielo e spalancò le ali, tanto grandi da nascondere il Tempio stesso nella sua ombra, e le fiamme che eruttò parevano azzurre nel blu dell'eclissi. Di fronte alla spaventosa portata del suo Potere, il mondo non poté che tremare.

Poi si alzò in volo e non un volto si staccò mai da quei lenti e maestosi movimenti. Le grida cessarono e così i pianti, piombando la piana in un abisso di nero silenzio. Poi Thi'a ruggì, ma non contro gli eserciti di Dreehl, e neppure contro Iis, ma contro al cielo, come sfidando l'intera Eteria. Incurvò il collo, aprì le fauci e con un unico, inestinguibile respiro travolse l'intera Iis nella sua furia, sommergendola nelle fiamme.

E il panico dilagò in città.

Il Tempio, gli evocatori, i civili, nulla rimase di loro e nulla sopravvisse alla sua ira. L'antica Iis, la fiorente capitale dell'impero di Iisdar che per secoli aveva governato i territori a est dei monti Touros, si spense così, in un fuoco che ardeva nell'oscurità dell'eclissi.

Fuori dalle mura invece, i soldati rimasero immobili finché il drago non cessò l'attacco, come incantati dalla potenza e dalla maestosità della creatura, poi la luna passò oltre e la luce del tramonto tornò a illuminare quel massacro e l'incantesimo s'infranse. Terrorizzati, abbandonarono le proprie posizioni e si diedero alla fuga, ma l'ira di Thi'a era troppo grande perché potesse essere soddisfatta da quella breve vendetta. Prese il volo, inseguendoli, e a migliaia caddero anche tra quelle truppe che erano ora vincitrici.

Avrebbero potuto combattere, opporsi forse, ma la paura fu troppo forte perché anche il più coraggioso di loro potesse provare a contrastarlo e non un incantesimo o una freccia vennero scagliati verso di lui. Il ruggito liberatorio che tanto prepotentemente sfoggiava, risultato di secoli di prigionia, era troppo intenso perché un animo qualsiasi potesse sopportarlo.

Ghevior tuttavia non era un uomo qualsiasi. Ordinò a tutti di fuggire ed a Turon di guidarli in salvo, e rimase indietro. Non era un mago, era appena capace di incanalare il Potere attraverso le mani, ma quello era il suo popolo e se non avesse agito, sarebbero morti tutti. Non poteva permetterlo.

Licenziò la scorta, lasciò libero il cavallo, che corse via, e si erse su di una larga roccia spalancando le braccia, unico a non fuggire in un mare di schiene.

Non ci fu tempo per pensare. Thi'a lo vide e dimenticò all'istante l'inseguimento. Curvò verso di lui, concentrò il Potere e il mondo si spense in un mare di fuoco.

Resistere gli costò l'intero ammontare del proprio Potere e ancora non fu sufficiente. Venne schiacciato a terra dalle fiamme, travolto dalla sua furia, sommerso, torturato, ma riuscì comunque a rimanere vivo nonostante le energie prosciugate da quel debole incanto.

E si rialzò. La pelle era ovunque ustionata e bruciata, fumante, e il dolore quale mai ne aveva sopportati prima di allora, ma si rialzò ancora e ancora spalancò le braccia, ancora attirando la furia del drago.

Il destino purtroppo non aveva voluto renderlo padre, ma immaginò che fosse così che doveva sentirsi un genitore che si sacrificava per i propri figli. Era una sensazione indescrivibile.

Quando il secondo colpo calò, infine, prendendosi la sua vita, i suoi uomini erano ormai lontani e al sicuro dalla furia dell'immenso dragone. Il suo unico rimpianto era ora quello di non poter assistere al compimento della profezia. Chissà chi sarebbe stata la donna a farlo... Non lo avrebbe mai saputo.

Idreim [Completa]Where stories live. Discover now