32. Missing

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Alicia attese a lungo prima di chiudere la chiamata, poi mise in tasca il cellulare con un sospiro.
Jack Robinson stava venendo verso di lei a passo svelto e Alicia si rivolse a lui.
- Lo hanno visto uscire dell'ospedale?
- No, ma c'erano delle orme nel fango dell'aiuola sotto la sua finestra, potrebbe essersi calato.
Come stava fisicamente? Era in grado di farlo?
- Credo di sì, Robin non ha subito le stesse ferite di Guy e si era ripreso abbastanza bene dopo essere uscito dal coma. Secondo Guy, è sempre stato pieno di risorse e molto agile, potrebbe essere tranquillamente fuggito da lì. Ma dobbiamo trovarlo, non sa niente del mondo moderno!
L'altro medico scosse la testa.
- Pensavo che quello di Guy fosse un caso molto raro, quasi unico, ed eccone un altro con gli stessi sintomi.
Alicia non provò nemmeno a spiegargli che quelli non erano sintomi di qualche malattia mentale, ma che significava semplicemente che entrambi provenivano dal passato.
- In ogni caso dobbiamo trovarlo, potrebbe essere in pericolo.
- Hai provato a sentire Guy? Se sono amici potrebbero essere insieme.
- Sì, ma è strano... A quest'ora dovrebbe essere a casa, ma non risponde.
- Forse è sotto la doccia.
- Proverò a richiamarlo tra un po'.
- Dovremmo avvisare la polizia. Forse si è semplicemente allontanato per andare a mangiare un panino fuori dall'ospedale, ma Robin non è in grado di andare in giro da solo.
Alicia annuì, preoccupata. Sapeva che Robin Hood non era affatto malato di mente, così come non lo era Guy, ma era vero che non sapeva nulla del ventunesimo secolo e che avrebbe potuto trovarsi facilmente in pericolo.
- Va bene, fallo. Io vado a prendere Guy, sono certa che potrà aiutarci a trovarlo.

Robin si inginocchiò a terra, accanto a Gisborne, e lo guardò, preoccupato. Guy era ancora a terra e si lamentava come se fosse in preda a un grande dolore.
Il fuorilegge si chiese se fosse stato lui a ferirlo durante la lotta, ma non gli sembrava di averlo colpito all'addome. Con un sospiro decise di mettere da parte il loro litigio, almeno per il momento, e pensò che doveva aiutarlo.
- Gisborne? Cosa succede? Sei ferito?
Guy rispose soltanto con un gemito sofferente.
Robin si rese conto di essere sudato e che faceva troppo caldo per l'abbigliamento invernale che entrambi indossavano. Si tolse la giacca e la piegò, formando una specie di cuscino che mise sotto la testa di Guy, poi provò ad aprire il cappotto dell'amico, ma Guy si ritrasse con un sussulto.
- Non toccarmi! Fa troppo male!
- Gisborne, calmati. Non ho intenzione di colpire un uomo ferito. Lasciami guardare.
- Non puoi aiutarmi. Il dolore è nella mia mente.
- Una ragione di più per calmarti, no? Adesso lasciami fare, se resti vestito così morirai di caldo.
Guy cercò di fare respiri più lenti e profondi e annuì debolmente.
- Va bene.
Robin gli tolse il cappotto, preoccupato nel vedere quanta sofferenza stesse sopportando Guy e stupito nel vedere quanto si fidasse di lui. Per un attimo gli sembrò di essere di nuovo nei sotterranei del castello, con Gisborne che gli stava morendo tra le braccia.
Nonostante tutto, nonostante Marian, Robin non voleva che accadesse di nuovo.
- È così doloroso?
- Come se Vaisey mi avesse colpito di nuovo.
Robin gli scostò i vestiti, aspettandosi di trovarvi una ferita aperta e sanguinante, ma vide solo una cicatrice recente, ma pulita e perfettamente rimarginata.
- Non sei ferito.
- Lo so. Te l'ho detto, è nella mia mente.
- Cosa vuol dire?
Guy chiuse gli occhi e si irrigidì, cercando di sopportare una fitta più forte delle altre, e non riuscì a rispondere subito a Robin. Il fuorilegge gli prese una mano e Guy vi si aggrappò finché il dolore non tornò a essere sopportabile.
- Quando sono molto agitato, la mia mente crede di sentire dolore anche se il mio corpo è sano. Mi è già successo e credevo che sarei morto. Ora so che non è così, ma fa male lo stesso.
- Se è così, solo tu puoi farlo andare via.
- Non posso. Non ci riesco.
Robin continuò a tenergli la mano e gli posò l'altra sulla fronte.
Gisborne gli aveva mentito, aveva cercato di portargli via Marian un'altra volta e lui avrebbe dovuto odiarlo, avrebbe fatto meglio a lasciarlo lì a rotolarsi nella polvere, abbandonandolo al suo destino.
Ma non poteva.
Perché nonostante tutto riusciva capirlo, sapeva quanto fosse forte l'amore che entrambi provavano per lei e poi, alla fine, lui e Guy avevano condiviso troppe cose per non essere amici.
Gisborne lo aveva salvato, lo aveva letteralmente strappato alla morte con una specie di miracolo, e Robin lo aveva liberato dal patibolo due volte, gli aveva permesso di riscattarsi dalle sue colpe e gli aveva dato la possibilità di uscire dall'oscurità in cui lui stesso lo aveva gettato involontariamente tanti anni prima.
- Sì che puoi. E io ti aiuterò.
Guy lo guardò, profondamente commosso.
- Davvero, Hood? Vuoi aiutarmi anche se... - Si interruppe e fu costretto ad aspettare che un'altra fitta di dolore si attenuasse - Non... non volevo ingannarti, te lo giuro. Lo so che il suo cuore è tuo, ho sempre saputo che sarebbe tornata da te. Ma non riuscivo a capire se fosse davvero lei. Forse non volevo capirlo, ma all'inizio non era così importante perché credevo che fossi morto tanti secoli prima e poi, quando invece sei arrivato nel ventunesimo secolo, era troppo difficile, non avevo il coraggio di scoprire la verità... Perché... perché Miriam mi guardava come Marian guardava te! E non ho mai desiderato altro, non volevo che finisse... Ma ora che so che è lei te lo avrei detto, e se l'ho baciata anche se sapevo la verità è perché volevo solo un ultimo ricordo felice prima di perderla per sempre... Mi dispiace Robin... Mi dispiace...
- Gisborne, smettila! Ti credo. Forse sarò un idiota per questo, ma ti credo. Ora non pensarci, ne parleremo ancora, ma non adesso. Ora cerca di calmarti.
- Come posso calmarmi? Siamo tornati indietro nel tempo!
- Forse è giusto che sia così, questa è la nostra epoca.
- No! Io non voglio tornare qui! Voglio restare nel ventunesimo secolo. Non posso più vivere qui, in questo tempo mi aspettano solo sofferenze senza fine e una morte prematura, non ho un futuro, non ho nulla.
- Non è vero. Sei uno di noi, Guy, fai parte della banda ormai.
- Come Allan? Fino a quando sarò uno di voi, Hood? Fino al primo dubbio? Posso unirmi a voi, e l'ho fatto, ma i tuoi amici non si fideranno mai di me, non fino in fondo. Non voglio restare qui, voglio solo tornare a casa.
- Allora dicevi sul serio? Vuoi davvero vivere in quel posto?
- È sempre Nottingham. Ed è la mia casa.
Robin rifletté per qualche secondo. Gli sembrava assurdo che Gisborne potesse chiamare "casa" un mondo così strano e incomprensibile, un luogo dove era soltanto un estraneo.
Lo guardò: Guy aveva chiuso gli occhi e stava cercando di calmarsi respirando lentamente, la mano ancora stretta alla sua.
Robin si rese conto che Gisborne era un estraneo anche nella Nottingham del passato, anzi era anche peggio di un estraneo perché tutti lo detestavano. Non era sorprendente che avesse scelto di ricominciare una nuova vita in un mondo meno ostile.
- E allora ci tornerai, se è questo che vuoi davvero.
Guy aprì gli occhi per guardarlo.
- Come?
- Troverò un modo. Sai che ci riuscirò.
Robin vide gli occhi dell'amico riempirsi di lacrime e Guy li richiuse per nasconderle.
- Ti credo, Hood. Voglio crederti. - Disse in un sussurro sfinito, poi rimase immobile e a Robin venne in mente con orrore il momento in cui gli era morto tra le braccia nei sotterranei del castello.
Per un attimo credette che fosse successo di nuovo, che il cuore di Guy avesse ceduto dopo tutta quella sofferenza, ma quando si chinò su di lui per controllare, vide che si era soltanto addormentato.
Robin si rese conto che le dita di Gisborne erano ancora strette sulla sua mano, ma non fece nulla per liberarla, limitandosi a restare seduto accanto a lui, con la schiena appoggiata al muro diroccato della casupola.
Chiuse gli occhi, ma non si addormentò: troppi pensieri si agitavano nella sua mente nello stesso momento e doveva assolutamente fare un po' di chiarezza.
Marian, ovviamente, occupava la maggior parte dei suoi pensieri. Rivederla, viva, era stato allo stesso tempo un trauma e un miracolo e Robin non riusciva ancora a crederci. Si rese conto con orrore che la ragazza doveva essere ancora nella Nottingham del futuro e si chiese se sarebbe mai riuscito a rivederla. Ma, anche se fosse stato impossibile incontrarla di nuovo, Robin non poteva trattenere la gioia dirompente che gli scaldava il cuore e si ritrovò a sorridere tra sé.
È viva! Marian è viva!

Alicia bussò alla porta dell'appartamento di Guy senza ricevere risposta e iniziò a preoccuparsi: ormai era tardi e avrebbe dovuto essere tornato a casa da un pezzo. Prese il cellulare e provò a chiamarlo di nuovo: sentiva squillare il telefono attraverso la porta chiusa, ma dall'interno non proveniva alcun segno di vita.
Stava pensando se fosse il caso di contattare Miriam, quando la porta dell'ascensore si aprì, lasciando uscire una donna anziana.
- Sta cercando Guy?
Alicia la guardò.
- Sì. Sa dirmi se è in casa?
- Non è ancora rientrato. Lo stavo aspettando e se devo essere sincera sono un po' preoccupata.
- Perché?
- Mi ha detto che oggi aveva i suoi corsi solo fino all'ora di pranzo e che poi avrebbe incontrato la sua ragazza, ma che non sarebbero stati insieme molto a lungo perché lei poi aveva un impegno di lavoro verso le quattro. Avevo chiesto a Guy se poteva fare un po' di spesa per me tornando a casa, con questo freddo non mi fido tanto a uscire se posso evitarlo, ho sempre timore di scivolare sul ghiaccio. Ma ormai avrebbe dovuto essere qui da ore, confesso che sono un po' in ansia per lui.
Alicia cercò di non far trapelare quanto quelle parole avessero allarmato anche lei.
- Sa dirmi dove potrebbe essere andato a fare la spesa?
- Ieri mi ha raccontato che avrebbe incontrato la sua ragazza al parco... Tornando a casa da lì, probabilmente il più comodo è il supermercato vicino alla fermata dell'autobus.
- Grazie, andrò a controllare se è stato lì. Se dovesse tornare a casa, può telefonarmi? A qualsiasi ora del giorno o della notte.
Alicia le porse il suo biglietto da visita e l'anziana sorrise nel leggere il suo nome.
- Ah, Alicia? Guy mi ha parlato di lei, credo che le sia molto affezionato.
La dottoressa annuì, commossa e preoccupata.
- Grazie, signora.
- Mi chiamo Aisha. Aspetti. - La donna staccò una strisciolina bianca dall'angolo del biglietto da visita di Alicia e vi scrisse il proprio numero con un mozzicone di matita che aveva nella tasca della vestaglia. - Lo stesso vale per lei: quando lo trova, me lo faccia sapere.
Alicia uscì dalla palazzina, ora seriamente preoccupata, e alzò lo sguardo a osservare i fiocchi di neve che cadevano, più fitti di quando era entrata.
Di solito la neve le piaceva, ma ora pensava a Robin, e forse a Guy, all'aperto e al freddo e a come avrebbero passato una notte così gelida.
Era quasi arrivata al supermercato indicato dalla signora Aisha, quando lo squillo del telefono la fece sussultare e si affrettò ad accostare l'auto su un lato della strada per rispondere. Era Jack Robinson.
- Ci sono notizie, Jack?
La voce del medico era esitante, incerta.
- A dire il vero sì, ma...
- Niente ma, parla!
- Quando sono andato a parlare con la polizia, un agente era appena rientrato e, quando mi ha sentito descrivere Robin, è intervenuto dicendo di aver visto una persona che corrispondeva alla descrizione. Ha detto che era intervenuto per sedare una lite tra lui e un altro uomo vicino alla fermata dell'autobus di fronte al parco.
- Guy doveva essere lì!
- È così. L'agente ha parlato di un uomo con i capelli scuri e lunghi e ha riconosciuto entrambi quando gli ho mostrato le loro foto.
- Dove sono adesso?! Perché litigavano? Li ha arrestati?!
Jack esitò e Alicia rabbrividì.
- Jack, cosa è successo? Dimmelo.
-Il poliziotto doveva essere ubriaco, non c'è altra spiegazione.
- Parla!
- Ha detto di aver intimato loro di fermarsi, ma che i due litiganti hanno continuato a lottare e a insultarsi. Crede che la lite fosse a causa di qualche donna perché ha sentito il nome "Marian", ma non ha potuto far nulla per fermarli.
- Perché no? Si sono fatti male, Jack? Si... si sono uccisi a vicenda?
- Non lo so. Il poliziotto ha detto che stava per chiamare rinforzi e farli arrestare, ma sono spariti davanti ai suoi occhi.
- Sono scappati?
- Probabile, ma lui dice che sono proprio scomparsi nel nulla, come se si fossero dissolti nell'aria. Doveva essere ubriaco, non trovi?
Alicia chiuse la chiamata senza rispondergli.
Lei sapeva benissimo che il poliziotto non aveva sognato: Robin Hood e Guy di Gisborne avevano fatto un altro salto nel tempo e Alicia non poteva sapere se stavolta sarebbero tornati nel ventunesimo secolo.
- No, Guy, no. - Sussurrò, lasciandosi cadere in grembo il cellulare.
Poi si coprì il viso con le mani e scoppiò a piangere.

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