24. My Special Place

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La stanza era immersa nel silenzio e gli unici suoni che si sentivano erano quelli sommessi dei macchinari che circondavano il letto di Robin.
Guy era seduto in un angolo e fissava l'amico. I medici gli avevano detto che forse Robin era in grado di capire ciò che gli veniva detto e che parlargli avrebbe potuto aiutarlo a svegliarsi, ma in quel momento Gisborne non riusciva a trovare nulla da dire.
Un tempo apparecchi come quelli avevano tenuto in vita anche lui, ma Guy aveva solo ricordi confusi di quel primo periodo e vedere Robin così inerme lo turbava profondamente.
In passato, quando lavorava per lo sceriffo, trovarsi davanti a un Robin Hood così debole e a un passo dalla morte lo avrebbe riempito di gioia, ma ora provava solo angoscia e dolore.
Alicia non si era sbagliata, il vuoto gelido che gli aveva riempito l'anima si era dissolto da solo dopo qualche giorno, lasciandolo in preda a molte emozioni contrastanti.
In quel momento però prevaleva la preoccupazione per la sorte di Robin.
Un'infermiera si affacciò alla porta, spingendo un carrello.
- Guy? Per favore puoi uscire dalla stanza per qualche minuto? Perché non ne approfitti per prendere un po' d'aria? Negli ultimi giorni sei sempre qui. Capisco la preoccupazione per il tuo amico, ma tormentarti farà male a te e non aiuterà lui.
Gisborne lanciò un'ultima occhiata a Robin prima di uscire dalla stanza.
Sapeva che l'infermiera aveva ragione, ma non poteva fare a meno di sentirsi responsabile per il fuorilegge: aveva attraversato il tempo per aiutarlo e aveva l'impressione che fosse suo dovere fare di tutto perché si riprendesse.
Il problema era che concretamente non poteva fare nulla, perciò si limitava a restargli accanto per vegliare su di lui.
Si appoggiò con la schiena al muro del corridoio e guardò la porta chiusa. Forse avrebbe dovuto seguire davvero il consiglio dell'infermiera e cercare di distrarsi almeno per un po', ma non riusciva a soffocare l'ansia che provava.
- Guy!
Gisborne si voltò di scatto nel riconoscere la voce di Miriam e si ritrovò a sorriderle, emozionato nel rivederla.
La ragazza lo raggiunse e si alzò sulla punta dei piedi per salutarlo con un bacio sulla guancia.
- La dottoressa Little aveva ragione quando mi ha detto che ti avrei trovato qui. Come sta il tuo amico?
Guy guardò la porta della stanza di Robin e tornò a fissare Miriam, con una stretta al cuore. Aveva paura, paura che Robin non si svegliasse più, e allo stesso tempo paura che aprisse gli occhi solo per far innamorare di sé la ragazza e portargliela via un'altra volta.
No. Lei non è mia. Non è mai stata mia.
- Guy? - Miriam lo chiamò, riscuotendolo dai suoi pensieri. - Sta così male? Sei preoccupato per lui?
- Non lo so come sta. È steso su quel letto e non si sveglia.
- Oh, poveretto, spero che si riprenda. - Disse, sinceramente dispiaciuta. - Ma tu come ti senti?
- Io?
- Sì, tu. Ti stupisce così tanto che mi preoccupi per la tua salute?
Guy sorrise, imbarazzato.
- Non ci sono ancora abituato.
- Ci conosciamo da così poco tempo che mi offenderei di essere considerata un'abitudine.
- Non... non intendevo questo! Perdonami, non sono ancora abituato a credere che alla gente
importi davvero di me...
Miriam rise allegramente.
- Stavo solo scherzando, Guy, non prendere tutto così sul serio.
La ragazza gli prese la mano e sorrise nel vederlo arrossire ancora di più.
- Allora sei timido!
Guy distolse lo sguardo, adombrandosi.
- Non prenderti gioco di me.
Miriam lo guardò, tornando seria per un attimo.
- Non era mia intenzione, davvero. È che sei così carino quando arrossisci che a volte non resisto alla tentazione di provocarti un po'.
Guy la guardò, sconcertato.
- Cosa?! Carino? Io?
- Ti sei mai guardato allo specchio? - Disse Miriam, allegramente. - Ma ora vieni, non restiamo qui. Usciamo un po' all'aperto, non mi piacciono gli ospedali e già ci passo abbastanza tempo per il mio lavoro. C'è un giardino o qualcosa del genere dove possiamo parlare un po'?
Guy le sorrise.
- Conosco un posto migliore. Andiamo.

Miriam si strinse meglio la giacca e si scostò i capelli dal viso, sorridendo.
- Allora è qui che ti vieni a rifugiare quando vuoi stare solo?
Guy si spostò, avvicinandosi a lei per ripararla dal vento con il proprio corpo e guardò l'elicottero che si era appena alzato in volo.
- Ora non più così spesso. All'inizio passavo molto tempo qui quando il mondo diventava troppo complicato da capire...
- E per difenderti dai misteri del mondo moderno venivi a guardare un elicottero?
Guy sogghignò.
- Non ha molto senso, vero?
- Non molto, ma sono contenta che tu mi abbia mostrato questo posto.
- Perché?
- Perché per te è speciale e ora mi sembra di conoscerti un po' meglio. E a questo proposito, ricordati che abbiamo un patto, devo ancora farti la mia domanda.
- Ma se finora non hai fatto altro!
- Quelle non contano, fanno parte della conversazione, io parlo della domanda importante, quella a cui devi rispondere sinceramente.
Guy annuì.
- Chiedi pure.
- Spesso ti vedo diventare triste quando mi guardi... Perché?
Guy iniziò a scuotere la testa, ma Miriam lo fissò negli occhi.
- Sincero. - Lo ammonì.
- Assomigli a una persona che amavo molto. Quando ti guardo, a volte mi sembra di vedere lei.
Miriam pensò che quelle parole avrebbero dovuto darle fastidio, ma fu colpita dal dolore che leggeva nello sguardo di Guy.
- Cosa... cosa le è successo?
Guy le sfiorò le labbra con un dito.
- Questa è un'altra domanda.
Miriam annuì, seria.
- Hai ragione. Ora tocca a te, cosa vuoi chiedermi?
Guy pensò che avrebbe dovuto chiederle cosa le fosse successo tre anni prima, oppure se avesse cicatrici sull'addome, ma non lo fece.
Aveva paura di scoprire se la donna che lo stava guardando negli occhi fosse davvero Marian oppure no. Aveva paura di scoprire che era lei e di doversi tirare indietro per lasciarla tornare da Robin e, allo stesso modo, aveva paura di venire a sapere che Marian era davvero morta e che le sue erano ancora le mani di un assassino, sporche del suo sangue.
Gli piaceva parlare con Miriam, nonostante l'emozione che provava ogni volta che si avvicinava a lei e che gli rendeva difficile pensare coerentemente.
Era strano come quella ragazza riuscisse a farlo sentire terribilmente nervoso e a suo agio allo stesso tempo, ma di una cosa era certo: voleva passare ancora del tempo con lei, imparare a conoscerla, perciò non le avrebbe fatto domande per scoprire la sua identità, non per il momento, almeno.
La guardò: Miriam lo fissava senza la minima timidezza, in paziente attesa, e Guy si chiese cosa avrebbe dovuto domandarle.
Qualche banalità come il colore preferito o un cibo che amava mangiare, decise. Forse era una scelta vigliacca, ma anche la più sicura.
Ma quando aprì la bocca per parlare, incontrò di nuovo il suo sguardo e dimenticò la domanda che aveva scelto.
- Se ora ti baciassi, - chiese, invece, - ti dispiacerebbe molto?
Miriam lo guardò, stupita, poi allungò le braccia verso di lui e lo attirò in un bacio appassionato.
Poco più tardi sorrise, senza staccare la fronte da quella di Guy.
- Ti basta come risposta?
Guy la tenne stretta: il corpo morbido di Miriam era caldo e rilassato tra le sue braccia, come se per lei quello fosse il posto più sicuro e naturale dove stare. La guardò negli occhi e sorrise a sua volta.
- Non sono sicuro di aver capito bene. - Disse, e la baciò di nuovo.

Fu il rumore dell'elicottero che tornava a interrompere l'ultimo di una lunga serie di baci e Guy e Miriam restarono a guardarlo mentre atterrava sul tetto dell'altra ala dell'ospedale.
- Credo che questo posto sia appena diventato ancora più speciale per me. - Disse Guy, alzando una mano verso la testa della ragazza per giocherellare con uno dei suoi riccioli spettinati.
Miriam si appoggiò a lui e Guy le fece scivolare un braccio intorno alla vita.
- Oh, che peccato, mi dispiace.
Guy la guardò, perplesso.
- Cosa ti dispiace?
Miriam si girò per guardarlo in faccia.
- Se sei così legato a questo posto ti dispiacerà non vederlo più.
- Perché non dovrei vederlo più?
Miriam sorrise, soddisfatta come un gatto che aveva appena catturato la sua preda.
- Perché tra qualche giorno non vivrai più qui. Ero venuta a dirti che ti hanno accettato nel programma della nostra associazione, ma tu mi fatto dimenticare di dirtelo!
- Davvero?
Miriam rispose dandogli un piccolo bacio sulle labbra.
- Davvero. Ti assegneranno un alloggio in un edificio di proprietà dell'associazione e ti insegneranno tutto quello che potrà servirti per vivere una vita normale. All'inizio ti aiuteranno, ovviamente, ma col tempo riuscirai a cavartela da solo per la maggior parte delle cose. Sarà faticoso, te lo assicuro, e a volte sarai preso dallo sconforto, ma alla fine ne sarà valsa la pena.
- Per te è stato così?
- Già. Quando avrai qualche dubbio, anche per una sciocchezza, non farti scrupolo di chiedere a me. Il tuo percorso io l'ho già affrontato e so cosa significa sentirsi smarriti davanti alle situazioni più banali. Tante cose le sto ancora imparando, sai? Potresti anche essere tu a dare consigli a me, alla fine.
Guy annuì, senza sapere cosa pensare. Secondo Alicia, essere accettato nel programma dell'associazione era la cosa migliore che potesse capitargli, ma l'idea di doversi allontanare dall'ambiente familiare dell'ospedale lo spaventava a morte.
- Lo hai già detto ad Alicia?
- Credo che lo abbia intuito quando le ho chiesto dove trovarti, ma volevo che fossi tu il primo a saperlo.
- Ne sarà contenta.
- Già, ma credo che le mancherai. E anche tu sentirai la sua mancanza, non è vero?
- Sì. Senza di lei non so cosa ne sarebbe stato di me... - Disse Guy, improvvisamente commosso e Miriam gli prese una mano.
- Nessuno ti impedirà di vederla, anche se forse non avrai il tempo di incontrarla tutti i giorni, almeno nel primo periodo. - Lo rassicurò, poi gli sorrise, divertita. - In compenso io e te passeremo molto tempo insieme. Pensi che sarà così terribile?
Guy cercò di nuovo le sue labbra, poi si staccò da lei e fece finta di riflettere sulla sua domanda.
- No, forse non così tanto. - Disse con aria di finta innocenza, rimediando una gomitata nel fianco e uno sguardo indignato.
- Questo non potremo farlo davanti agli altri, ricordatelo. - Disse Miriam, puntandogli un dito sul petto.
Guy la prese di nuovo tra le braccia e la strinse a sé, affondandole il viso tra i capelli per baciarle il collo.
- Qui non c'è nessuno, adesso.

All the Time in the WorldWhere stories live. Discover now