Parte IV; Giorno Negativo

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Erano le 5 del mattino.
Avevo sonno, ma non riuscivo a riaddormentarmi.
Era puramente una giornata brutta, era già iniziata male.
Ero molto stanco, sentivo gli occhi che si contrapponevano al mio volere, io volevo dormire, ma proprio non riuscivo.
Passai cinque ore in quel letto senza fare niente; non avevo amici con cui chattare, non avevo programmi da guardare.
Passate le cinque ore di pura noia, si svegliò mio cugino, che venne in camera, per assicurarsi se fossi sveglio o no. Voleva preparare la colazione e chiedermi se la volessi anche io.
Quello che vide però, fu sconveniente, siccome, di notte io rimango solo in boxer, anche d'inverno, ed ora che è primavera e fa caldo, non metto nemmeno le lenzuola, tant'è vero che mi trovò spaparanzato sul letto, con gli addominali in bella mostra e l'erezione mattutina che hanno tutti i maschi in bella vista, dato che i boxer erano alquanto aderenti. Lui diventò rosso come un pomodoro, abbassò lo sguardo e chiuse la porta, o meglio, socchiuse.
Io mi misi un pantaloncino della tuta e una canotta aderente tutta nera, uscendo poi dalla camera.
Anche quella mattina, lo zio aveva accompagnato la zia a lavorare, quindi eravamo di nuovo solo io e mio cugino, il che era ancora più imbarazzante, dato il fatto che nessuno di noi due aveva scuola e avremmo dovuto aspettare le quattordici, ossia quando sarebbero tornati gli zii.
Sceso in cucina, quello che sentii fu... Nulla... Silenzio tombale. Mio cugino al vedermi era ancora tutto rosso, io invece per il sonno nemmeno mi accorgevo del suo rossore.
Decisi di rompere il silenzio, facendogli la tipica domanda "Tutto bene?" E da lì iniziammo a conversare con scioltezza, almeno io; lui invece a volte balbettava e si imbrogliava con i termini da usare, ma per la maggiore riusciva a dire frasi di senso compiuto e capibili.
Pensavo fosse così carino quando balbettava, era così... Come bambinesco... Era così... Dolce.
Dopo un po', mi venne incontro con dei piatti con sopra dei pancakes, lo sciroppo d'acero e le posate per mangiare. Ci accomodammo entrambi, vicini questa volta, non di fronte, ed iniziammo a mangiare in santa pace. Pace che fu disturbata da un lampo improvviso; io sobbalzai, ho da sempre avuto la fobia dell'elettricità, così, iniziai ad avere l'affanno. Andai a bere un po' d'acqua per rinfrescarmi e sentirmi meglio, ma ancora non riuscivo a calmarmi.
Mi sentii poi essere avvolto da dietro; era Alessandro, che preoccupato per me era venuto ad abbracciarmi, e mi sentii bene, e la paura passò. Poggiò la testa sulla mia schiena, sentivo il suo calmo e caldo respiro che trapassava il leggero tessuto della canotta e andava ad adagiarsi sulla mia fredda pelle; sentivo dei brividi che mi rendevano... Felice.
Ma la felicità è destinata a finire, ed infatti, Alessandro, in preda all'imbarazzo si staccò e a volto basso se ne andò in bagno.
Io finii di mangiare e sistemai la cucina, che adesso era tutta sporca a causa di quel pasticcione del mio cuginetto.
Nel frattempo iniziò a piovere, e mi sentii il mondo crollarmi addosso: Odio la pioggia. Quando piove mi sento perso, vuoto, senza un senso di vivere.
"Che giornata di merda..."
Dissi in uno sbuffo, mentre mi abbandonavo all'idea di tornare a letto e fingermi malato.
Finito di sistemare la camera, andai in bagno, riempii la vasca fino all'orlo e mi ci adagiai dentro, facendomi avvolgere dalla cocente acqua. Quella mattina sentivo incredibilmente freddo; per me era surreale, io non sono un tipo freddoloso, anzi, al contrario: soffro il caldo, tranne quando devo fare la doccia o il bagno.
Rimasi a mollo nell'acqua per quasi un'ora e venti minuti, uscii poi come rinato, dimenticandomi persino di dove fossi. Misi l'asciugamano intorno alla vita e andai in camera, con fare spento e senza voglia di vivere.
Vidi Alessandro che stava sul mio letto, si era addormentato mentre stringeva le mie lenzuola vicino il naso, come se volesse odorarle e sentire il mio profumo. Fortunatamente era mingherlino, e il letto era matrimoniale, così mi ci misi anche io e mi appisolai, dimenticando di mettere i boxer e di asciugare i capelli.
Mi svegliai all'incirca un'ora dopo, sentendomi toccare; era Alessandro, che nello girarsi per trovare una posizione più comoda, aveva messo una mano sul mio collo e l'altra vicino il suo petto. Mentre dormiva aveva una così faccia angelica, era così tremendamente dolce, che avrei voluto mangiarlo a furia di coccole e baci, cosa che ovviamente non feci, ma al contrario, mi alzai, cercando di non svegliare il ragazzo, che però si svegliò a causa appunto dei movimenti, così si alzò anche lui, notando di essersi appisolato sul mio letto. Quando collegò mente ed occhi, si imbarazzò e non disse niente, così gli sorrisi dolcemente e iniziai a disturbare quel silenzio così imbarazzante.
Io: «Ehi Ale, ben svegliato. Ti va di andare a vedere un film? Mi annoio a morte.»
Gli dissi, speranzoso che accettasse l'invito. Non avevo voglia di fare niente, e speravo che quel film riuscisse a tirarmi su di morale.
Da tutta la mattinata, non avevo ancora acceso il telefono o il laptop, così mentre gli proposi il film, tolsi il telefono da sottocarica e lo portai con me, mettendolo in tasca.
Alessandro: «S-Sì, per m-me va b-benissimo.»
Si limitò a dire, confermando la mia proposta, così, scesi, lentamente, controvoglia, fino a raggiungere il divano, dove mi ci fiondai e mi ci buttai a petto di Palumbo*, per poi rigirarmi su me stesso ed accendere il televisore, facendo anche posto ad Alessandro, che si mise poco lontano da me. Scegliemmo insieme un film, optando per il mio preferito: Pacific Rim. Adoro quel film, è avvincente e molto particolare, un genere che mi affascina sin da quando è uscito nelle sale, dove corsi per vederlo in 3D.
Durante il film, la pioggia iniziò a battere sempre più incessantemente e i tuoni iniziarono a rombare, così, chiesi ad Alessandro di accoccolarsi vicino a me, affinché io non mi mettessi paura, e lui fu felice di assecondare la mia richiesta, mettendosi di fianco a me e poggiando la testa sulla mia spalla, tenendo a stretto contatto le nostre braccia, ma non le nostre mani.
Ci guardammo insieme il film e grazie ad Ale, la paura dei tuoni quasi non l'avvertivo più.
Quando finì il film, ero ancora più annoiato di prima; la pioggia era riuscita a rovinare anche la visione del mio film preferito, che odio.
Mio cugino andò a lavarsi, di malavoglia, voleva ancora stringermi, ed io andai in cucina a cucinare per il pranzo.
Cucinai una buona pasta e patate, con tanta pancetta e delle fette di pollo, ma non le solite, ma quelle che mi aveva insegnato a fare la nonna Maria. In pratica, sotto il pollo si metteva un bel po' di burro, poi sopra si iniziava col mettere fette di provola secca e poi il pane grattugiato, con anche un po' di pepe, insomma, una cosa non troppo impegnativa o particolare, ma molto gustosa e prelibata.
Mio cugino scese preparato e vestito, ed io mi accorsi di non aver ancora messo nemmeno i boxer, così feci una corsa sopra e mi preparai, mettendo gli stessi panni del giorno prima, a differenza della maglietta, combiandola in una rossa con su scritto "Bronx" in corsivo. Riscesi poi giù e vidi Ale che preparava la tavola, così mi avvicinai e gli diedi una mano. Nel frattempo arrivarono gli zii, tutti fradici, e dopo i saluti, entrambi andarono a fare una doccia calda.
Io ne approfittai per mettermi sul divano, accendendo il telefono.
Quello che vidi, o meglio, lessi, fu sconcertante. Non credevo che quei due fossero capaci di tale.

"Caro Signor Barone, sono spiacente di comunicarle che i suoi genitori hanno indetto una causa.
La loro accusa nei suoi confronti è la diffida dal patrimonio e dai legami di parentela con loro.
Gliela voglio fare breve:
Se non torna a casa entro domani e non si scusa ufficiosamente con i suoi genitori, loro renderanno ufficiale la richiesta di diffido.
Le lascio cordiali saluti,
Avv. Giorgio Raniero"

Mi sentii quasi male. Non credevo davvero che fossero capaci di ciò... "Una diffida... Cosa sono? Un oggetto?!"
Pensai con frustazione e rabbia, che cresceva intensa ed irrequieta in me.
Adesso ero davvero stufo dei giochetti di quei due stronzi.
Non avrei sopportato nulla di più.
Volevano una guerra? Bene.
Come si dice al mio paese: "Se vuoi la guerra, e che guerra sia."
Spensi però il telefono, tornando in camera, buttandomi sul letto, con le lacrime che erano pronte a sgorgare via come foglie d'autunno che se ne volavano tristemente via dal proprio albero.
La zia entrò in camera una decina di minuti dopo, trovandomi a pancia in giù sul letto, piangendo e con i cuscini quasi inzuppati.
Mi abbracciò stretto, mi diede un bacio sulla fronte e poi mi fece appoggiare alla sua spalla.
Zia Crys: «Che succede... Piccolo Jaky?»
Mi chiese con tono rassicurante, un tono da vera madre, un tono caldo, dolce, angosciato nel vedere la persona di fronte così triste.
Io non riuscii a non risponderle... Non potevo essere freddo e scostante con mia zia, lei era diventata la madre che non ho mai avuto, così iniziai a parlarle di tutto.
Io: «I-I miei genitori... Mi hanno fatto scrivere dal loro avvocato per una lettera di diffido... Vogliono rendermi ufficialmente un estraneo alla loro famiglia... Come possono solo pensare di farlo...? Sono loro figlio... Perché mi trattano come se fossi una pezza...?»
Le dissi con angoscia, con tono di lamento, con voce spezzata e piagnucolosa, triste, tra i vari singhiozzi.
Ero ferito nel profondo... Il sangue del mio sangue che mi rinnegava... Non so se c'è sensazione peggiore di questa... Ma io non credo, a questo punto...
Zia Crys: «Perché i tuoi genitori non si rendono conto del tesoro che hanno avuto in dono, nipotino mio. Non arrenderti così... Se piangi a causa loro, gliela dai vinta, e tu non devi darla vinta a quei due cretini dei tuoi genitori. Ignora la mail, vediamo che intenzioni hanno. Se veramente vorranno diffidarti, andrai in tribunale a testa alta, ed esporrai le tue ragioni. Io so che hai ragione. Quindi non preoccuparti, fino a che rimani qui, lo zio, io e Alessandro ti faremo da sostegno, sempre e comunque. Siamo una famiglia, no?»
Mi disse con il suo tono positivista, dolce ed energico, un tono che poteva sbalordire persino l'angolo più buio dell'anima.
Io la abbracciai e mi calmai. Decisi di fare come ha detto la zia, affrontare la questione a testa alta, senza rancori i premure nei loro confronti. Ma​ di una cosa sono certo: "Se mi contatteranno per andare in tribunale, io ne uscirò vittorioso. Volente o nolente, che lo vogliano o no, io caccerò l'arsenale."
Pensai tutto di fila, mentre andai a sciacquarmi il viso e scesi a mangiare, facendo il primo sorriso della giornata, quando mi dissero che era tutto squisito.
Il pomeriggio lo passammo con la maratona di Back To The Future, fino alla sera tardi. Poi finalmente, verso le undici, riuscii ad addormentarmi, abbracciando le coperte su cui aveva dormito Alessandro e sentendone l'odore inebriante, ah no, era il mio splendido profumo, capivo perché Alessandro lo volesse odorare, è semplicemente fantastico.
Nonistante tutto... Mi sentivo a casa... La mia vera casa...
E con quella bella sensazione, per aver trovato il mio posto, "Mi addormentai, chiudendo gli occhi tra le braccia di Morfeo".

*NT: Espressione che solitamente viene espressa in napoletano, che indica quando una persona si lancia di petto su un oggetto, solitamente in acqua o su un divano; si usa anche quando si intende che il soggetto svolge un'azione avventata, senza pensare ai rischi.

~Angolo dell'autore~

Bè ragazzi, spero che questo continuo vi sia piaciuto. Mi dispiace che è un capitolo un po' lento, ma spero che possiate portare pazienza. Questo capitolo era necessario.
Detto ciò, vi ringrazio di cuore per aver letto.
See you to the next chapter!

E se le stelle non fossero così lontane...?Where stories live. Discover now