Parte III; Lacrime salate.

95 13 3
                                    

Preoccupato, lo raggiunsi e...
Vidi il suo volto rosso, macchiato di chiazze umide, con lacrime che solcavano le sue guance e alcune sulla punta del naso, che aspettavano solo di cadere sul suolo ruvido e sporco, sul quale era seduto il mio Ale, il mio cuginetto.
Lo abbracciai subito, con un volto preoccupato e allo stesso tempo di conforto.
Non sopporto vedere qualcuno a me caro piangere, non era nella mia natura star lì a far nulla.
Dopo vari minuti di abbraccio e di intenso silenzio, disturbato solo dai singhiozzi che mio cugino provocava, mi staccai e lo guardai con un sorriso, cercando di farlo tranquillizzare.
Quel sorriso servì, un minimo ma servì.
Si asciugò le lacrime con un fazzoletto da me datogli e finalmente potei prendere parola.
Io: «Ale... Che ti succede?»
Alessandro: «N-Non... Non ce la faccio più...»
Disse lui con voce spezzata e con tono lamentoso, ferito, distrutto, si vedeva che era davvero ferito, e mi domandavo perché. Lui era sempre stato un tipo distaccato, infatti non faceva mai notare le sue debolezze, e quando disse la seguente frase, rimasi basito, non mi sarei mai aspettato una cosa del genere da lui...
Alessandro: «M-Mi hanno picchiato... Per l'ennesima volta...»
Si fermò per un istante, ma nemmeno il tempo di aprire bocca che tornò a parlare, tornando a lacrimare e singhiozzare. Nel mentre si era stretto a me, per cercare conforto.
Alessandro: «Dei... Dei ragazzi della mia scuola... M-Mi hanno menato, perché non avevo i s-soldi per pagare la d-dose... Giornaliera... Che mi impongono di comprare... Dopo che mi drogano... Mi stuprano... E mi lasciano nell'immondizia della scuola, come fossi un sacco pieno di merda...»
Lo guardai esterrefatto, ma lo abbracciai con tutto me stesso e cercai di confortarlo quanto più possibile. Gli diedi un bacio sulla testa, per dimostrargli che l'avrei supportato sempre e comunque.
Io: «A-Ale... Ti aiuterò io... Domani chiarirò la faccenda con quei ragazzi, facendoli espellere dalla scuola... Il tuo preside mi deve un favore. Riguardo la droga... Ti aiuterò ad uscirne, senza dire nulla ai tuoi genitori. Ma devi promettermi che non ne prenderai mai più nemmeno una dose.»
Gli dissi con tono più che complice e preoccupato. Nonostante lo shock nello scoprire quelle cose, non potevo ignorare il fatto che era mio dovere morale aiutarlo.
Lui mi ringraziò e mi abbracciò molto strettamente e mi fece un sorriso smagliante. Ero felice, ero già riuscito ad aiutare un minimo mio cugino, facendolo sorridere. Volevo farlo sentire meglio, così gli presi la mano e lo feci alzare. Lo abbracciai di nuovo e gli sorrisi dolcemente. I nostri sguardi si fecero intensi, ma lui abbassò lo sguardo imbarazzato.
Con l'indice e il pollice gli avvolsi il mento e gli sollevai lo sguardo e gli accennai un ennesimo sorriso, lui arrossì, ma non volendolo dare a vedere mi riabbracciò, come se fossi cieco, da non vedere il suo improvviso avvampamento.
Alla fine andammo a dormire, ognuno nella propria stanza e la notte passò lentamente. Io mi addormentai alle due di notte, in preda alla confusione ed ai pensieri che divoravano la mia voglia di dormire, facendosi spazio.
Pensavo a ciò che accadde, se avessi dovuto comportarmi diversamente, se avessi dovuto dire qualcosa di più o abbracciarlo più tempo, insomma, cose banali, ma che in quel momento non riuscivo a levare di mente.
Mi addormentai finalmente, quando iniziai a cantare tra me e me una delle canzoni che odio di più: Sofìa di Alvaro Soler.
Quella canzone riusciva sempre a farmi distogliere dai pensieri oppressanti che avevo e mi faceva concentrare su altro, come il bisogno di dormire.
La mattina seguente mi svegliai assonnato, confuso, frastornato; nemmeno avessi avuto una sbornia.
Mi faceva male la testa, evidentemente il venticello di ieri mi avrà fatto prendere un colpo di freddo.
Andai a farmi una doccia calda, cosicché il dolore alla testa potesse affievolirsi e il mio corpo potesse riscaldarsi un po'.
Finita la doccia, uscii fuori dal box doccia ed iniziai ad asciugare il mio corpo abbastanza muscoloso - non me la cavo di certo male - e ad asciugarmi i capelli con l'asciugacapelli.
Uscii poi dal bagno, vestito e preparato a dovere.
Indossai dei jeans abbastanza attillati, ma non troppo, una maglietta nera con su scritto "American Graffiti" e con dei graffiti sopra e delle Vans a collo alto, nere e bianche.
Scesi giù a fare colazione, notando che mio cugino e lo zio ancora dovevano svegliarsi. La zia invece era solita andare a lavoro presto, quindi la mattina non faceva colazione con noialtri.
Dato che non c'era nessuno, iniziai a preparare io la colazione, facendo una colazione classica, ma saziante: fette biscottate con la Nutella sopra e cappuccino con due cucchiai di zucchero; una vera delizia per il palato.
Fortunatamente aspettai poco più di 5 minuti da quando finii di preparare la colazione, che mio cugino scese le scale per venire a fare colazione, già pronto e vestito. Lo salutai con un dolce sorriso e lui ricambiò il saluto, sedendosi poi di fronte a me per mangiare la colazione.
Finimmo di mangiare e notai che lo zio ancora doveva scendere, così chiesi ad Ale il perché, e lui mi rispose che aveva accompagnato la zia, quella mattina.
Eravamo solo io e mio cugino in casa, la cosa era intrigante, ma appena finimmo di mangiare me ne salii in camera mia, improfumandomi e mettendo la sfilza di bracciali che collezionavo e le mie tre collane preferite.
Scesi poi di fretta e furia, accorgendomi che era già fin troppo tardi.
Presi la mano di mio cugino, accelerando il passo verso la macchina della zia; da quando le dissi che mi serviva per accompagnare Ale e me a scuola, lei si era organizzata ad andare con lo zio e la macchina dello zio.
Una volta alla macchina feci salire mio cugino e partii di fretta, andando verso la scuola del ragazzo; arrivati, parcheggiai nel parcheggio della scuola e accompagnai mio cugino fino in classe, in modo che non incontrasse spiacevoli persone.
Mi diressi poi all'ufficio del preside, che mi accolse subito, non avendo granché da fare. Io gli spiegai la situazione di mio cugino, e gli diedi l'elenco delle persone da espellere. Lui, fece ciò che gli chiesi, dopo aver avuto anche lui un premietto.
Onestamente, non mi interessava vendere di nuovo la mia bocca, se ciò serviva ad aiutare il mio cuginetto. Quindi, grazie al preside, i 7 bulletti che tormentavano mio cugino, vennero espulsi seduta stante e io me ne andai contento a scuola, dove mi aspettò, però, una giornata d'inferno.
La professoressa di Cultura Inglese avrebbe fatto 4 ore di fila, ossia dalle 8, orario di entrata, fino alle 12. Lei aveva solo la seconda ora, ma i 2 professori che avevano rispettivamente la prima e la terza è quarta ora, erano sfortunatamente assenti, quindi la professoressa di Cultura Inglese si era offerta nel fare le sostituzioni, approfittandone per fare un compito in classe e interrogazioni a manetta. Fortunatamente mi ero preparato a dovere, e la professoressa Girardi, si complimentò con me, ma io la ringraziai appena. Ricevere il benvenuto con un compito a sorpresa ed un'interrogazione non mi era andato così a genio, e la professoressa con esso. Così, decisi di vivere quel giorno con un po' di tranquillità, ma essa venne disturbata anche dal professore Guadagno, insegnante di Scienze Applicate, che decise di portarmi le ultime due ore nel laboratorio di chimica, per istruire i ragazzi del secondo anno all'uso dei Microscopi e delle fialette. Così, passò la giornata, ma intanto già mi ero aggiudicato due dieci in inglese ed una nota di merito in scienze applicate, cosa che non era da poco. Alla fine delle lezioni, uscii di scuola ansioso di sapere come stava mio cugino, così, lo andai a prendere io.
Fortunatamente anche quel giorno la sua amica non ci stava, infatti, quando già ero quasi arrivato lui mi aveva chiamato per chiedermi di andarlo a prendere.
Una volta preso da scuola, feci inversione di marcia e iniziai a guidare verso casa.
Alessandro prese parola improvvisamente, con tono gioioso e meno freddo rispetto alle altre volte.
Alessandro: «Grazie... Grazie di tutto, Jaki... Ti voglio bene...»
Mi disse con gratitudine, dandomi un bacio sulla guancia, lasciandomi una sensazione piacevole di calore e di umidità. Le sue labbra erano così morbide, che al contatto con la mia guancia, mi venne voglia di morderle, ma mi contenni.
Io: «Non c'è di che, Les»
Gli dissi con un caldo e smagliante sorriso, mugolando leggermente quando mi baciò la guancia. Poi prese di nuovo parola, ma questa volta con un tono più normale.
Alessandro: «Mamma mi ha detto che sono bloccati nel traffico, quindi arriveranno verso le quattro a casa, perciò possiamo anche mangiare da soli. Ti va di andare in paninoteca?»
Mi chiese poi, con occhi di chi aveva una fame famelica, così, lo accontentai, annuendo e facendomi dare l'indirizzo della paninoteca, dirigendomi poi verso essa, guidando per una buona decina di minuti.
Quando arrivammo Alessandro fu il primo ad entrare, andando subito a prendere un tavolo per entrambi. Io mi sedetti di fronte a lui e subito iniziai a scrutare il menù, in cerca di qualcosa di buono da mangiare ed assaporare.
Mi fermai, incuriosendomi nel leggere il nome di un panino: Il Big Fat Hoink Hoink.
Il nome mi fece ridacchiare, era esilarante, ma al contempo sembrava squisito, ed io avevo già l'acqualina in bocca, così lo ordinai, insieme ad una Ceres. Alessandro invece ordinò un panino classico, ma buono anch'esso.
Ci divorammo quei due panini, come se non mangiassimo da una vita. Alessandro si era sporcato il naso di ketchup, così mi avvicinai e con un sorriso tranquillo, gli pulii con un fazzoletto quella macchietta rossa di ketchup.
Una volta finito entrambi di mangiare, pagai io il conto e andammo a casa, dove andai a farmi una sciacquata e mi preparai per andare a lavorare.
Aspettai che gli zii tornassero, non volevo lasciare da solo Ale, così, mentre aspettammo, guardammo un film sul divano, uno vicino all'altro, dividendoci i pop corn.
Mentre ne prendevamo una manciata, le nostre mani si toccarono, e per un momento cercavano di stringersi, ma sia io che Alessandro, non volevamo darlo a vedere, così togliemmo subito le mani da lì dentro.
Quando arrivarono gli zii, salutai Ale con un bacio sulla guancia e andai a salutare gli zii, dirigendomi poi in macchina, guidando poi verso il luogo di lavoro, dove avrei passato l'intero pomeriggio, fino alla sera.
Una volta arrivato al Lounge Bar, incontrai una delle intrattenitrici, si chiamava Alessandra, era una ballerina di danza hip-hop e di danza del ventre, ma non era affatto chiatta, anzi, era molto snella. Mi parlò sin da subito della sua passione e della sua vita, molto logorroica la ragazza. Trovai il modo di sganciarmi da quel discorso, dicendole che avevo fretta e che dovevo presentarmi dal capo. Andai quindi nell'ufficio di quest'ultimo e vidi la donna, vicino la scrivania, che mi attendeva. Lessi sul cartellino davanti alla scrivania, che si chiamava "Celeste Sentenza", che nome alquanto insolito.
Mi avvicinai e le sorrisi, presentandomi come il nuovo cameriere. Lei mi diede la divisa ed iniziai subito a lavorare. Era un lavoro alquanto impegnativo, ma valeva i suoi sforzi.
Mentre lavoravo, inciampai a causa di un piede di un cliente che lo sporgeva troppo, poggiando per sbaglio una mano sul petto di una ragazza, palpandole il seno per sbaglio. Fortunatamente non caddi, ma acchiappai un forte schiaffo, che provocò un rossore semipermanente sul mio povero viso. Portai l'ordinazione al bar e andai a scusarmi con quella ragazza, che si rivelò poi essere una delle mie compagne di classe. FrancescaLaura Marzano. Dopo le varie scuse, iniziammo a parlare, ma non potei intrattenere a lungo la conversazione, perché dovevo lavorare, così salutai la ragazza, dicendole che avremmo continuato il discorso il domani stesso, a scuola.
Passarono otto ore molto velocemente, si erano fatte le undici di sera, così tornai stremato a casa, salutai la zia che era al computer a lavorare e andai direttamente a letto, dimenticando di mettere il pigiama o anche di levare le scarpe; non ne avevo le forze.
E così, abbracciando il cuscino, mi addormentai "Chiudendo gli occhi tra le braccia di Morfeo".

~Angolo dell'autore!~

Ciao a tutti ragazzi! Questo è il nuovo capitolo, spero che anche questo vi piaccia.
Forse domani non lo potrò pubblicare la Parte IV, ma cercherò di fare il possibile.
Voglio solo dire che:
In questa storia sto mettendo tutto me stesso, e che sto ispirando anche alcune cose alla mia vita privata, perciò tengo molto a questa storia, e spero che sia di vostro gradimento.
Buonanotte a tutti!

E se le stelle non fossero così lontane...?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora