35. Next to you in Malibu

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Chapter 35

Il tempo che se ne stava solo in completa quiete passava, c'era una mezz'oretta di distanza da quando avevo deciso che la cosa migliore da fare era quella di spegnere tutto e rinternarmi nella letale monotonia, sino ad ora, che le mie mani che con un leggero tremolio oscillavano fra di loro tenendo stretto in esse il telecomando che permetteva l'accensione della grande televisione a schermo piatto.
I miei piedi scalzi battevano ed in concomitanza rabbrividivano a causa della temperatura fredda del pavimento, non curanti del tremore esasperante che accompagnava il ticchettio delle lancette di quel solito orologio a pendolo che risuonava nell'intera stanza.

Il mio telefono se pur non del tutto carico aveva  resistito, ed io avevo provato ripetute volte a chiamare Zayn ma lui, così come il suo cellulare, sembrava essere del tutto assente.
Solo allora un'idea balenò nella mia mente e cogliendola al volo chiamai l'amico dalle mille risorse: Louis.
Non so perché in quel contesto, ma volevo del conforto morale, volevo sentirmi meno sola. Nel momento in cui portai il cellulare all'orecchio e il telefono si accinse a fare una musichetta  strana, il campanello di casa mia suonó e fu con quel gesto che mi sentii meno sola.
Inutile dire che staccai il  cellulare lasciandolo cadere dalle mie mani, e quest'ultimo cadde  sul divano. Perdo le parole, avevo perso le parole dato che un groppo in gola circostanziava il mio respiro.
I miei occhi d'un rosso immaginabile si focalizzarono sulla vista della maniglia, con fare del tutto leggero e con un' astuzia più agguerrita e sviluppata d'una volpe prendo uno dei coltelli stanziati al piano tavola e lo posiziono dietro la mia schiena.

I miei passi s'ingrandiscono e s'allargano al continuare imperterrito di quel bussare. Giunta  ad un soffio dall'aprire la grande porta che divide l'esterno dall'interno, faccio un lungo sospiro continuando fermamente a stringere fra le mie mani quell'arma.
I battiti del mio cuore sono molto più accelerati del solito e sono sicura che, in questo momento, se dovessi scappare le mie gambe farebbero fatica a correre.
Chiudo gli occhi mettendo il coltello in avanti ed apro in fretta e furia la porta: un'ondata di vento mi folgora come un fulmine a ciel sereno. Nessuno, nessuno si prostra dinnanzi ad essa, però resto sempre in agguato sapendo come realmente funzionino queste cose, sapendo che, supponendo ci sia un assassino, egli comparirebbe da un momento all'altro di scatto dopo essersi assicurato la calma ed il sollievo da parte della vittima, in questo caso, me.

"Piccola, ho ricevuto le tu-"

Delle parole mi fanno spaventare ed io indirizzando il coltello verso la mia destra, non mi accorgo d'essere troppo vicino al lui che parla, non mi accorgo che quel lui è proprio Zayn.

"Zayn!"
La mia faccia esprime tutt'altro che felicità e sollievo.

"Zay.. Io non sapevo fossi tu... oddio, scusami."

Lascio andare quel coltello dalle mie mani e corro fra le sue braccia, mentre lui con una mano cerca di fermare il leggero taglietto provocato  a causa della mia lama.

"Piccola, non è nulla."

Si fa spazio in avanti sino ad entrare in casa, mentre io con il fiato al collo gli ripeto molte volte se sia necessario andare in ospedale.
Prende posto sul divano avvicinando un dito alle mie labbra, dopo un profondo scambio di sguardi, indirizza i  suoi occhi altrove e attende ch'io porta del disinfettante e dei cerotti. Cammino lungo il ripostiglio dove la famiglia Malik era solita tenere medicinali e protezioni mediche, sospiro prendendo ciò di cui ho bisogno e a passo lesto ritorno indietro sui miei passi stanziandomi accanto al moro.
"Scusami.. Davvero, io... ero spaventata... Io-"

"Ripeto: non è nulla."

Sorride carezzandomi la  gamba.

"Piuttosto, cosa è successo? Ho trovato un bel po' di chiamate da parte tua per questo sono corso qui il prima possibile."

"Mh... non so se sia il caso di dirtelo, be'... non so avrai sentito parlare in giro di un caso raro che è evaso da una prigione."

Cerco una catena di parole e le collego l'un l'altra.  Mi guarda in modo oscurato, solo allora sospiro guardando il cotone impregnato di sangue che mi accingo a stingere fra le mie mani.

".. un assassino  è in giro per tutta Los Angeles. Mi ero solo preoccupata." Ammetto incastrando le sue di pupille. Mi afferra fra le sue braccia e lascia un tenue bacio sulla mia fronte stringendomi stavolta al suo petto.

"Se sei con me non hai nulla da tenere, Los Angeles è grande. Potrebbe essere ovunque o da nessuna parte."

Cerco di ascoltare le sue parole e mi godo quegli attimi pieni di innata sensibilità da parte di entrambi.

"... proprio per questo." Sussurro fra me e me con la speranza che non mi possa sentire. Chiudo gli occhi mentre sento la sua mano scendere e salire su per la mia schiena procurandomi un'immensità di brividi.

"Allora, ti avevo promesso che stasera andavamo in un posto e così sarà: andiamo in spiaggia."

Sussurra al mio orecchio, non lo vedo dato che le mie palpebre sono socchiuse ma riesco a percepire che il suo viso sia pieno di entusiasmo.
Apro gli occhi e lo guardo sorridendo credendo sia una buona idea, o magari, sperando..

"Grandioso."

"Sicura? Non mi sembri molto convinta."

Fissa le mie labbra innalzando un cipiglio nel suo viso, sorrido spontaneamente guardando i suoi occhi e la sua espressione corrugata.

"Vai a prepararti allora"

Con l'essere di pari passo a contatto con la monotonia, pure il mio essere e la mia voglia di fare, di sapere, di creare si mimetizzano ad essa.
Entro in camera mia e afferro una giacca, sistemo un po' i miei capelli spenti e un po' arruffati e cosa meno importante mi dirigo in bagno a dare una rinfrescata al mio viso esausto.

                       6:45 p.m

La Range Rover su cui stavo viaggiando durante il tormentoso tragitto sfrecciava ad una velocità assurda. Non mi disturbava la cosa, anzi mi entusiasmava pensare che Zayn volesse farmi staccare la spina e volesse farmi allontanare da posti che non facevano nient'altro che accentuare il mio disordine mentale. Il vento non faceva altro che fare ondeggiare i miei capelli ed io adoravo questa sensazione di  libertà, senza alcun peso, chiudere gli occhi e sentirmi leggera, avvolta in un abbraccio dal tumultuoso vento di stagione.
La nostra rotta andava sempre più verso il raggiungimento della meta, infatti come in un soffio di vento eravamo già arrivati a Malibu Beach. Già, proprio adesso, in quella circostanza vedendo la strada desolata, senza nessun essere animato e inanimato girovagare attorno, senza nessuna macchina imperterrita a percorrere la grande strada e vedendo i famigerati alberi di Los Angeles restanti come sfondo all'immenso cielo colorato d'un colore opaco, potevo definire di aver trovato la mia pace e non c'era niente e nessuno che, ora come ora, sarebbe stato in grado di rovinare quel momento.

N/A
Voglio scusarmi per l'assenza ma ho deciso di tornare con questo capitolo perché il prossimo che aggiornerò sará verso il 16 giugno, spero che continuerete a seguire la mia storia e vi auguro una buona lettura.

Yours Z.M Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora