Chapter 14: Let Me Drown

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Ashton è ritornato a casa qualche minuto fa. Gli ho chiesto se potevo restare un po' da sola e lui ha acconsentito subito.

Mentre mi appoggio su una pietra abbastanza larga da non farmi cadere, un pallone atterra ad una decina di centimetri dal mio corpo.

«Scusa!» urla qualcuno, una ragazza. Mi giro per vedere, appunto, un'adolescente correre verso di me.

Tolgo gli auricolari e mi abbasso riprendendo il pallone. Glielo porgo sorridendo.

«Scusami, avrei potuto colpirti. Mi dispiace davvero!» continua a ripetere la ragazza dai lunghi capelli neri.

«Non mi sono fatta nulla, non preoccuparti.» la rassicuro con un altro sorriso.

«Okay, bene.» dice e fa per andarsene, ma esita un attimo sui suoi passi.

«Sei di qua?» mi chiede poi, giocherellando con una ciocca di capelli.

«No, sono solo in vacanza. Tu?» non sono solita fare domande alla gente, a meno che non sia seriamente interessata, ma cerco di essere più aperta, per una volta.

«Sì, abito qui. È bello vedere qualche faccia nuova in giro. Comunque, mi chiamo Lisa.» mi porge la mano ed io la stringo con un sorriso.

«Mary.» annuisce e con un leggero calcio spinge il pallone sulla sabbia.

«Ci si vede.» mi fa un cenno di saluto, che ricambio, e si allontana nella direzione opposta a quella che conduce alla villa.

Dopo almeno un'altra mezz'ora, decido di tornare a casa. Forse mi stanno cercando.

Ma che dico? Nessuno mi ha mai cercata.

Arrivata a casa, sto per suonare il campanello quando sento delle urla provenire dall'interno.

«Devi mangiare! Ti costa tanto?» la voce ovattata di una donna. La mamma di Ashton, suppongo. Sembra esasperata.

«Non ho fame.» risponde lui in tono pacato, come se la situazione non lo toccasse minimamente.

«Non mi importa. Non voglio un figlio con problemi! Devi mangiare!» continua a gridare, convinta sicuramente, che nessuno possa sentirla.

Penso già che queste parole siano abbastanza, ma ciò che viene dopo è davvero troppo.

«Sei una delusione.» grida al ragazzo, per poi sbattere qualcosa, forse una porta e correre via.

In quel momento mi accorgo che mio padre e Abigail stanno per arrivare, così faccio finta di guardare qualcosa sul cellulare.

«Mary.» mi saluta mio padre. «Che fai qui?» mi chiede, suonando al campanello - evidentemente hanno dimenticato anche loro le chiavi.

Abigail non mi degna di uno sguardo.

«Prendevo un po' di sole. Stavo per suonare.» trovo una scusa mediocre all'ultimo secondo e subito dopo, da dietro la porta compare Ashton.

«Salve.» li saluta con il suo tono triste per poi lasciarli entrare.

Mi guarda di sottecchi, come se intuisse che io so qualcosa, e mi fa entrare.

Richiude la porta e va verso la sua camera senza proferire parola. Io lo seguo e sto per infilarmi nella stanza, ma lui sbatte la porta, facendomi capire di doverne stare fuori.

Ma non demordo. Rimango appoggiata alla porta per qualche minuto, fin quando mio padre, Charlie, e Abigail escono dalla loro camera.

A quel punto torno nella mia stanza, aspetto un po' di tempo e poi mi rimetto nella mia postazione.

Non ho intenzione di lasciare Ashton sul fondo.

Quando però appoggio l'orecchio alla sua porta, non sento il silenzio di prima, ma un lamento. Una sorta di singhiozzi, veloci e sommessi.

Quel suono mi spezza il cuore e mi costringo a bussare, anche se forse non è il caso.

Ovviamente, il ragazzo non risponde. Provo di nuovo, due volte. Poi tre. Poi quattro.

Ancora nulla.

«Ashton.» lo chiamo, sperando mi ascolti, nonostante potrebbe anche non farlo perché non ci conosciamo da molto, ma forse ci conosciamo più di gente che si vede da anni.

«Ashton, apri. Ti prego.» lo supplico, implorando alle mie lacrime di non uscire.

Passano dei secondi di silenzio, dopo i quali sto per arrendermi, ma poi sento scattare la serratura della porta. Quest'ultima si apre lentamente, come fosse stata tirata in precedenza.

Dietro di essa infatti, non c'è nessuno. La richiudo alle mie spalle e faccio scorrere lo sguardo per tutta la stanza.

Trovo Ashton accucciato in un angolo, tra il letto e il comodino. Le ginocchia strette al petto e la testa nascosta fra le braccia.

«Ashton...» mormoro, affrettandomi verso di lui. Mi inginocchio accanto al ragazzo passandogli una mano fra i capelli.

«Ehi.» continuo senza ottenere risultati. Anzi, tutto ciò che continuo a sentire sono i suoi singhiozzi e lui che tira su con il naso.

Faccio un po' di forza, ma con delicatezza, gli sollevo la testa, facendolo voltare verso di me.

«Ashton, che succede?» sussurro vedendo il suo viso segnato da lacrime amare e da una chiazza rossa sulla guancia.

«Lasciami affogare.» sibila per poi far ricadere la testa fra le braccia.

n/a
nuovo aggiornamento che spero vi piaccia anche se a me non convince molto :/

-mic

pastel colors » ashton irwin [IT]Kde žijí příběhy. Začni objevovat