Chapter 4: Unexpected

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Oggi è il grande giorno, come ripete da tutta la mattina mio padre.

Stasera ci sarà quella famosa cena a cui sono invitati il possibile futuro datore di lavoro di mio padre e la sua famiglia.

Spero non abbiano figli, almeno potrò trovare una scusa per abbandonare la cena prima della fine.

Non è da me essere scortese, ma proprio non ho voglia di interagire con la gente, in particolare dopo ciò che ho sentito dire ieri sera.

Debole. So di esserlo, ma c'è bisogno di rinfacciarmelo?

So di non essere una ragazza modello, nonostante abbia sempre cercato di avere un cuore grande e di pensare prima agli altri che a me.

Ma, ovviamente, in questo mondo sopravvivono solo i più forti, non i più buoni.

«Hai già deciso cosa metterti?» mi chiede Abigail, affacciandosi dalla porta della mia camera.

«Sì. Vado a prepararmi.» mento e mi avvicino alla porta, per chiuderla nuovamente.

Appena la blocco con la chiave, mi lascio cadere contro di essa. Mi porto le ginocchia al petto e avvolgo le braccia attorno ad esse.

Resto così per qualche minuto, persa nei miei pensieri, poi mi alzo e vado in bagno.

Quando esco, con la tovaglia ancora avvolta intorno al corpo, mi fermo davanti l'armadio.

Apro le ante e comincio a fare scorrere lo sguardo su ciò che potrei indossare.

Alla fine opto per una maglietta bianca leggera, ma a maniche lunghe, con un leggero pizzo sulla parte superiore.

Abbino ad essa una gonna nera lunga fin sotto il ginocchio e delle ballerine nere.

Mi vesto e raccolgo i capelli in una treccia laterale, poco bella ma sicuramente migliore dei miei capelli sciolti.

Rossi, ricci e indomabili. Uguali a quelli di mia madre. L'unica differenza è che a lei stavano benissimo.

Mi riscuoto dai miei pensieri e mi avvicino alla cassettiera. Apro il primo cassetto, quello in cui tengo i trucchi, e tiro fuori l'eye-liner.

Applico solo un po' di questo, giusto per far risaltare i miei occhi verdi e poi riposo la trousse al suo posto.

Passo di sfuggita davanti allo specchio, odio guardarmi in esso, e sblocco la porta giusto in tempo per sentire il campanello suonare.

«Vado io!» avvisa Abigail e credo che questa sia l'unica volta in cui aprirà la porta.

Tutte le altre volte ci sarò sempre io: la piccola e buona Mary, che viene trattata come una domestica, ma con generosità.

Mio padre, passando davanti alla mia camera, mi fa segno di seguirlo sotto, e così faccio.

Quando arrivo in salone, pronta a salutare una delle solite coppie ricche che non fanno che esaltare la loro fortuna, mi trovo davanti una scena alquanto inaspettata.

I due coniugi, suppongo, che salutano vivacemente mio padre e Abigail, e dietro di loro un ragazzo.

Un ragazzo dai capelli ricci e biondo cenere. Tiene il capo chino, come se volesse scomparire del tutto dalla situazione.

Alza la testa. Io sono ancora all'angolo delle scale, lui non può vedermi, al contrario mio.

Quegli occhi verdi e nocciola e quello sguardo. A quel punto lo riconosco.

«Ashton?»

n/a
ta ta taaan
sono tornata dopo secoli e questa storia non la legge più nessuno, rip.

c'è troppo caldo, qualcuno mi compri un biglietto per l'irlanda

-mic

pastel colors » ashton irwin [IT]Where stories live. Discover now