Chapter 13: That's What I Meant

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Non mi risponde, si limita ad abbassare lo sguardo per poi riportarlo nel mio.

«Non credo di poterlo spiegare.» dice afflitto. Si porta una mano fra i capelli ricci e li sistema. Ma, ribelli come i miei, gli ricadono sulla fronte.

«Cercherò di capire.» mi impongo provocandogli un piccolo sorriso. Solo un accenno di fossette, purtroppo.

«Sei proprio testarda.» porta le mani dietro la schiena, appoggiandosi su di esse. Lancia uno sguardo alla finestra aperta e poi parla.

«È una storia lunga. Riguarda me, la mia vita e ciò che non ho mai raccontato a nessuno.» mi dice e solo ora mi rendo conto che forse ho esagerato facendogli quella domanda.

«Puoi anche lasciar perdere, se vuoi.» lo rassicuro, mettendo a tacere la mia curiosità e la mia presunzione di poterlo capire.

«Sì, magari più tardi.» afferma, con un tono che non ammette repliche. Annuisco rassegnata per poi stringermi nella felpa indossata poco prima.

Poi lo guardo. Indossa un maglione, proprio come gli altri giorni. Ma non mi fermo a questo, vado più a fondo.

Fissa qualcosa oltre il balcone, è perso nei meandri del suo essere, e sembra totalmente fuori luogo, qui.

Come se fosse troppo per questo mondo. Quegli occhi, quelle fossette, quel sorriso. Quello spirito. Non sono fatti per questa umanità, sono superiori.

«Luke è un tuo vecchio amico?» chiedo ad un tratto rompendo il silenzio.

«Sì, abbiamo fatto la scuola superiore insieme. È stato l'unico a starmi accanto.» ammette.

«Non vergognarti. Nemmeno io sono la persona più socievole del mondo.» ridacchio, più per nervosismo che per altro.

«Non vuol dire essere peggiori.» dice, finalmente stabilendo un contatto visivo con me.

«Non ho mai detto questo.» ribadisco, mettendomi nella sua stessa posizione sul morbido materasso.

«Ma non sembri molto convinta riguardo il fare amicizia.» mi fa notare. Si gratta distrattamente il retro del collo, rendendosi tenero.

«Diciamo che non sono proprio propensa a farmi nuovi amici. La gente tende a starmi alla larga, o forse sono io che mi allontano.» gli confido. Non credo di averlo mai detto a qualcuno, eccetto mia madre.

«Anche io sono così.» non sembra infastidito dal discorso, anche se un rosa più acceso colora i suoi zigomi.

«Mi hanno sempre etichettata come quella strana, ma non ho mai capito il perché.» gli faccio presente. Sto lasciando uscire una parte di me che ho represso per troppo tempo, non so cosa potrebbe succedere.

«Perché sei diversa. L'uomo ha sempre avuto paura del diverso, è nella sua natura.» dice come se stesse ripetendo a memoria le parole di un vecchio saggio. Uno di quelli ricoperti da uno strato di polvere che vengono conservati nelle biblioteche.

«Mi piace il silenzio. Mi piace stare sola. Mi piace inventare.» sussurro, più a me stessa che a lui, ma Ashton mi sente.

«È proprio quello che intendevo.» di colpo si tira su passandosi una mano sul retro dei pantaloni per togliere dei residui di sporco.

«Vuoi fare una passeggiata?» mi chiede e accetto con un sorriso.

Scendo dal letto e lo seguo fuori dalla villa sotto il sole caldo di Sydney.

Sotto questo cielo, complice dei segreti di due adolescenti distrutti, ma che forse si ricostruiranno. A meno che, non si distruggano a vicenda.

n/a
mi dispiace immensamente che questa storia sia finita nel dimenticatoio come tutte le altre, ma come sempre è colpa mia perché ci perdo interesse e mi lascio travolgere da nuove idee. spero che in futuro possa essere apprezzata, ne sarei felice. in ogni caso, se c'è ancora qualcuno che la segue, grazie.

ps. nel caso seguiste i bts, ho pubblicato il primo capitolo della mia storia yoonmin intitolata "casino", se ci passaste mi rendereste ancora più felice~

-mic

pastel colors » ashton irwin [IT]Onde histórias criam vida. Descubra agora