Mi sposto per fare spazio ad altri, e vedo che Callie è già lì ad aspettarmi. «Com'è andata?»

«Bene» rispondo, perché chiunque risponderebbe così con quel risultato. «A te?»

Sul volto di Callie leggo qualcosa, e mi rendo conto che vorrebbe chiedermi qualcosa di più, che vorrebbe che parlassi ancora, però non lo fa ancora. Si limita a rispondere alla mia domanda nel modo in cui avrebbe voluto rispondessi anch'io alla sua. «Speravo in qualcosa di più, ma è andata bene.»

Scendiamo le scale insieme in silenzio, tra le altre voci di chi racconta i resoconti, di chi ha appena finito di seguire una lezione, di chi è appena arrivato. È quando siamo ormai all'esterno che non so come comportarmi, cosa dirle. Alla fine è lei a parlare, a fermarmi in modo diretto prima che riesca a scappare come faccio ogni volta.

«Posso lasciarti il mio numero?» mi chiede senza troppi giri di parole. «Così possiamo sentirci per le varie lezioni, se ti va.»

Io ci penso, ma poi alla fine cedo. Perché c'è qualcosa nel suo sguardo che mi spinge a fidarmi di lei, e se prima vedevo quel dettaglio in ogni singola persona incontrassi, adesso la cerco perché non riesco più a trovarla in nessuno.

«Va bene» le rispondo e le passo il cellulare, lei fa lo stesso con il suo. Poi mi sorride ancora, prima di avvicinarsi di nuovo per salutarmi.

«Sono felice di averti rivista» mi dice tra i capelli. Sento le sue mani dietro la schiena, io la stringo nel modo in cui riesco e forse lei se ne accorge, ma non gli da peso. «Ci sentiamo allora, Mia.»

Annuisco e la saluto anch'io, e quando mi volto sento ancora addosso un po' del suo sorriso, della sua fiducia e della sua spontaneità.

Il giorno della vigilia di Natale il locale è semivuoto, è un venerdì come tanti e c'è soltanto chi si trova di passaggio, chi non ha nessuno e quasi odia questi giorni, e poi c'è Harry. Sento il tintinnio della porta principale quando si apre e lo vedo entrare, con una mano riparata nella tasca del cappotto scuro che indossa e l'altra tra i capelli. Lui vede me mentre sto raccogliendo alcuni bicchieri da un tavolo ormai vuoto, poi va verso il bancone. Lo raggiungo anch'io, non fermandomi neanche quando sono davanti a lui.

«Ciao, Mia» quasi sussurra, il taccuino è tra le sue mani e su di esso c'è l'accendino.

«Ciao, Harry» gli rispondo cantilenando e guardandolo mentre lo faccio. Lui sorride, e io non riesco a non fare lo stesso.

È passato qualche giorno da quando siamo usciti insieme, e dopo quella sera non l'ho più visto. Non ci siamo scritti, non ci siamo cercati, ma è stato meglio così. Io non so cosa lui voglia da me, cosa cerchi, ma qualsiasi cosa sia so di non potergliela dare, e so che probabilmente non la troverà, non adesso. E non so se si stancherà del niente aspettative, di me e di quello che mi porto dietro, perché a me al momento basta questo. Mi basta vederlo il venerdì, seduto al bancone di questo locale mentre mi distrae dal resto.

Gli porto lo stesso drink di ogni volta e lui accenna quel sorriso quando glielo metto davanti sul bancone. Io mi volto velocemente, anche se c'è poco da fare. C'è qualche decorazione in giro, ma si tratta di qualcosa che potrebbe restare anche durante tutti gli altri periodi dell'anno. Così il locale è soltanto più luminoso, però mi piace. 

«Mia, credo che non verrà più nessuno» dice George, poi indica Harry. «C'è solo lui ormai.»

Guardo Harry e poi torno a guardare George. «Puoi andare se vuoi, qui finisco io.»

Non è tardi, solitamente non chiuderemmo a quest'ora, ma anch'io credo che difficilmente qualcuno possa ancora aprire quella porta. George annuisce, prima di andare verso il retro mentre si sta già slacciando il grembiule. Esce poco dopo con una borsa sulle spalle e mi viene incontro prima di andare via, ma io non so cos'altro possa avere da dirmi.

𝐔𝐓𝐎𝐏𝐈𝐀 [𝐇𝐚𝐫𝐫𝐲 𝐒𝐭𝐲𝐥𝐞𝐬]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora