•Capitolo XXI

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Il respiro si blocca nella mia gola, ma con un colpo spazzo via la tensione che stava per annebbiarmi la mente. Ho bisogno di pensare lucido, adesso. Cathrin nel frattempo ci ha dato le spalle, e gli occhi di Avior sono tornati di uno spento color rame. Questo è a dir poco bizzarro.

— L'hai notato anche tu, vero? — bisbiglio a Derek, avvicinandomi quel tanto che basta così che solo lui possa udirmi. — Avior... i suoi occhi — farfuglio. — Erano rossi.

— Rossi? — ripete alzando le sopracciglia, sconcertato. — Credi che non sia umano?

— Non lo so — mormoro, grattandomi un sopracciglio. — Ma qualunque cosa sia...

— ...Stiamo attenti — conclude la mia frase. — Soprattutto tu. Non è arrivato da nemmeno un giorno e mi ha già rotto i coglioni — bisbiglia irritato.

— Dovrebbe aver rotto a te? Io me lo sono trovato di fronte quattro volte oggi!

— Quello non mi piace per niente, te lo dico chiaro e tondo. Beh, almeno c'è una buona notizia per il tuo amichetto: non è più in cima alla mia lista nera. È secondo anche in questo — Sorride con cattiveria.

— Ma sicuramente non è secondo con tua sorella — lo punzecchio, e quando mi accorgo che mi fissa con uno sguardo infuocato, sfodero un sorriso candido. — Che c'è? Dai tesoro, non ti facevo così suscettibile...

Derek è in procinto di ribattere quando Avior lo oltrepassa, dandogli una spallata tutt'altro che accidentale. — Brutto pezzo di...

— No — sussurro. — Non ancora. L'hai detto anche tu, dobbiamo stare attenti con lui. Per il momento sarà meglio ignorarlo.

Sospira e si passa una mano tra i capelli. — Hai ragione.

Mi volto per cercare il nostro nuovo compagno di classe e lo trovo accanto al cancello d'ingresso della scuola. Stringe una barra di ferro come si aspettasse che da un momento all'altro si sgretolasse tra le sue mani. Alza il volto e le sue labbra si schiudono in un sorriso, gelido e tagliente.

Interrompo il contatto visivo e una folata di vento mi investe. Non so chi tu sia, ma lo scoprirò, Avior.

* * *

— Non si può continuare così...

— I-I miei occhi sono... non vedo più niente!

— Tutto ciò è una vergogna. Questa piaga sta dilaniando il nostro regno e la Regina non muove un dito!

Accarezzo una spiga e, con un movimento pacato del braccio, la scosto dalle altre per aprirmi un varco in questo sterminato campo di grano. Alzo il viso verso il cielo: la volta celeste è tempestata da enormi sfere dai colori cangianti che ne ricoprono quasi tutta la superficie. Fazzoletti di cielo violaceo sono gravidi di nubi, pesanti come flutti marini, simbolo di un temporale funesto. Qui non piove mai.

Il mio sguardo precipita verso il terreno e ci sono migliaia e migliaia di maghi che confabulano tra di loro, rimanendo inchiodati nelle loro posizioni. I loro vestiti un tempo erano pregiati, ma adesso sono lerci di fango, sdruciti e logori.

— Già, che vergogna... la Regina non c'è mai stata!

— Vi prego, aiutatemi!

Uno grido disperato lacera la quiete in cui ero immersa e attrae la mia attenzione su una figura che si sta strappando i capelli. Corro verso di lei e mi accorgo che è una donna: il suo volto è una maschera di lacrime, i suoi capelli sono impiastrati sulle sue gote arrossate. — Cos'è successo?

— Ti prego, ti prego... devi aiutarmi a trovare la mia bambina!

— S-Sì, certo — bisbiglio.

AshedWhere stories live. Discover now