•Capitolo V

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Notte insonne, testa pesante, mi alzo dal divano con un terribile mal di testa; guardo l'ora: la scuola inizia... mezzora fa!

— Andiamo... — mugugno, infilandomi il più in fretta possibile la divisa scolastica. Tiro una cuscinata ai due dormiglioni mentre mi pettino i capelli, cerco anche di infilarmi le scarpe nel frattempo. Tentativo piuttosto mal riuscito.

Noto che quei due non si sono ancora svegliati, così, con metà brioche infilata in bocca, salto verso di loro e li scuoto.

— Per oggi passo — esala Alya, girandosi d'un lato. — Credo di stare collassando — E si vede, eccome se si vede. Scuoto la testa, forse è ammalata. — Che cosa mi sta succedendo Ab? — domanda con voce sottile, mentre ingurgito l'ultimo boccone della merendina.

— Ieri sei stata congelata, Derek ha pagato con la sua libertà la vostra vita, ma quello schifo vi circola ancora nelle vene. Però non è niente, vi passerà — affermo tranquilla, certa che non abbia capito una sola parola di quello che ho detto. Come sospettavo, è ritornata a dormire.

Sorrido, prendendo la cartella e smaterializzandomi di fronte al cancello scolastico. Spalanco la bocca, sgrano gli occhi, osservando il cortile affiancato all'edificio completamente vuoto, avvolto nel silenzio.

Probabilmente sono affetti tutti dagli stessi sintomi dei due maghi.

— Ma che... — inizia Derek, al mio fianco; quando è arrivato?

— Tutti malati. — concludo infine.

— Tsk, ritorniamocene a casa — borbotta una voce che non sono sicura di riconoscere. Iris prende Theodore per il colletto della camicia e lo trascina via come se fosse un cagnolino al guinzaglio.

— Ho sempre detto che sono un po' strani — Alza le spalle. — La ragazzina inoltre mi inquieta un po'. — confessa, e non posso dargli torto. — Bah, direi di ritornarcene a casa anche noi; no? — mi domanda, ma io scuoto la testa con veemenza.

— Ti devo dire una cosa — esordisco, facendogli alzare un sopracciglio. — La glaciazione delle persone... l'incantesimo non era tutto qui — affermo, per poi rivelargli ciò che mi ha detto mio padre ieri sera. — Potremo aspettarci un attacco in massa di persone che non sono nemmeno coscienti di far parte di un esercito. — sospiro.

— Hai un'idea? — mi domanda infine.

— Giselle è solo un'arma come tutti gli altri, potremmo concentrarci su questo. Semplicemente è motivata, perché... perché beh, ti ama — Non so perché, ma mi fa male dirlo.

— Lei non mi ama, lei odia te e ne è ossessionata.

— Sarebbe disposta ad aizzarli contro di te solo per vedermi soffrire. — continuo il suo ragionamento.

— Non lo farebbe, è troppo attaccata alla corona. — constata. — Perciò, fino al mio matrimonio non c'è nulla di cui preoccuparsi.

— Ma dopo? — scatto nervosa, forse fin troppo. — Dimmi Derek, cosa faremo dopo? Tu ti ritroverai sposato a vita con quella stronza, mentre io sarò condannata a vederti con... con lei! — grido fuori di me, mettendomi le mani nei capelli e sentendo un peso piombare sul mio petto.

È vero, non lo avevo mai realizzato prima d'ora: gli anni passeranno, piano piano lui inizierà ad amarla, i loro figli verranno alla luce e io rimarrò qui, imprigionata nel passato, ricordata solo come un'avventura della sua giovinezza. La cosa più triste è che succederà lo stesso per me, e io non voglio, non posso dimenticarlo.

Ancor prima di sprofondare nello sconforto, Derek mi stringe in un abbraccio soffocante, che io ricambio subito: gli butto le braccia al collo, come se la sua sola vicinanza mi desse conforto. Annego nel gelo che la sua pelle emana.

AshedDove le storie prendono vita. Scoprilo ora