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Geneviève

La suoneria del cellulare la svegliò dal suo sonno profondo,guardò lo schermo fin troppo luminoso: era sua madre. Bofonchiò qualcosa di incomprensibile e rispose con la voce ancora impastata dal sonno. Non aveva la benché minima voglia di parlare,ma si trovava costretta a farlo: non sentiva la sua famiglia da almeno due settimane e doveva loro delle spiegazioni. Si mise a sedere sul letto a gambe incrociate.
"Non ci sentiamo dal giorno della laurea. Che fine hai fatto?"- il tono della donna sembrava più irritato che realmente preoccupato. Geneviève si grattò il capo infilando le sottili e fragili dita nella massa scomposta dei suoi capelli. Pensò ad una scusa plausibile: "Sono stata da Gabrielle." Non era un motivo sensato,lo sapeva bene.
Gabrielle era la sua amica d'infanzia, l'unica persona con la quale Geneviève interagiva. Gabrielle la faceva sentire normale. Non parlavano molto, non era un'amicizia come le altre. C'era qualcosa che le univa, un filo energico carico di elettricità pronto a fare scintille al momento opportuno. Ma quella volta Geneviève aveva sbagliato a trascinarla in quella storia, sentiva di aver commesso un grande errore. Una scossa elettrica l'avrebbe bruciata e avrebbe fulminato anche Gabrielle.

La madre non rispose e attese invano, in silenzio ulteriori spiegazioni.

"Mi farò sentire al più presto,non appena avrò qualcosa di importante da comunicarvi" furono le uniche parole di Geneviève.Un tono piatto,estraneo a cui la madre era ormai abituata.

La chiamata terminò piena di vuoti: parole non dette,rancori,bugie turbinavano vorticosamente nell'aria. Geneviève accese la radio e "Neptune" degli Sleeping at Last disegnò nella stanza una costellazione che sembrava dare un senso a quanto successo fino a quel momento. Aprì la cassettiera e ne tirò fuori la sua poca biancheria. Gettò le sue cose alla rinfusa in un vecchio borsone dal quale non si era mai separata.

Era pronta ad andare via.

Charlotte

Era lì,immobile. Non credeva ai suoi occhi. Geneviève era seduta ad un pianoforte e cantava una malinconica melodia. La sua voce era limpida,cristallina e le note sembravano formare lievi iridescenze attraverso il pulviscolo. Attonita, Charlotte stringeva la mano della sorella. In quel frangente, ripensò alle ore appena trascorse che l'avevano condotta al Marais.

Le sue gambe fredde si mossero percosse da un fremito, i piedi colpirono la sbarra intagliata in ferro battuto che circondava il suo letto. Il primo istinto di Charlotte appena sveglia fu quello di cercare gli occhi innocenti di Claire: non fu difficile, la bimba sedeva rannicchiata sui bordi del materasso, sul lato opposto del letto.
L'espressione  stranita, vuota e impaurita disegnata sul suo volto stonava con i tratti dolci e delicati del suo visino, la sua tristezza e gli occhi lucidi non lasciavano presagire nulla di buono.
Charlotte si alzò lentamente, con movimenti impercettibili ignorò lo sguardo della sorella e trascinò i piedi nudi verso la camera di Geneviève. Lo stereo era acceso e la ragazza appoggiò l'orecchio su una delle casse, una lacrima le scivolò sulla guancia e cadde sul parquet.
Claire,intanto, l'aveva raggiunta e le strinse la mano,talmente forte che si sentì lo scricchiolio secco delle ossa.
La bambina la fissò negli occhi e sussurrò: 《so dov'è》.

Claire la trascinò al Marais, strattonandole il braccio più volte per riportarla alla realtà. Charlotte rimase assorta nei suoi pensieri finché lo stupore provocato da quella visione non ebbe la meglio.
Geneviève era bellissima, sembrava un dolce spettro avvolto da un candido scialle di lino,l'ampio abito di cotone colorava di riflessi lividi la sua bianca pelle. Era seduta su di uno sgabello intagliato, probabilmente un mirabile lavoro artigianale, e le sue dita affusolate sfioravano appena i tasti dell'enorme pianoforte nero che le si presentava dinanzi. Geneviève emanava un'aura divina, Charlotte percepiva un qualcosa  di spirituale nell'aria. Le note sembravano provenire da terre lontane, da riti antichi persi nei secoli della memoria; la voce della ragazza era un lamento di gioia e dolore,un canto sublime.

D'un tratto, gli occhi della pianista  incrociarono lo sguardo di Charlotte.


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