21.

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La risposta alla domanda di Harry, se Louis avesse potuto sentirla, sarebbe stata 'impossibile'. Oramai stava a malapena sopravvivendo; faticava a concentrarsi su qualsiasi cosa. Stan, Hannah, sua mamma e altri suoi amici avevano cercato di trascinarlo inutilmente fuori dalla nebbia che sembrava averlo avvolto, provando diverse cose che pensavano potessero aiutare. Louis sbuffava e ignorava tutti i loro suggerimenti – a meno che non avessero trascinato Harry fuori dal Whitehall, niente di quello che proponevano lo avrebbe potuto aiutare.

Tre giorni dopo la sua visita alla nuova sistemazione di Harry, si era svegliato in preda al panico e aveva iniziato ad agitarsi nel letto, realizzando con un'orribile sensazione nello stomaco che aveva perso il cappello che era praticamente diventato la sua luce notturna in quei giorni; lo stringeva a sé come un bambino fa con la sua copertina, portandolo con sé giorno dopo giorno e nascondendolo nel suo schedario al lavoro così non avrebbe perso il suo confortante profumo di cannella dei capelli di Harry. Fortunatamente per lui, sembrava che Harry ci avesse praticamente vissuto in quel cappello; la sua essenza trasudava dal tessuto, e le possibilità che il profumo se ne andasse erano scarse.

Louis passò un altro paio di secondi a cercarlo freneticamente, finchè non notò una figura grigia a terra e la afferrò, premendola contro il naso e respirando finchè non fu saturo del profumo di Harry. Ritornando coricato a letto, si passò una mano tra i capelli e sospirò pesantemente.

Non stava superando la situazione, per niente. Anche con il cappello che portava sempre con sé come un talismano e le costanti telefonate tra i due, non riusciva a sopportare tutto ciò.

Era diventato così grave che Jay lo aveva costretto a farsi visitare da un medico e aveva cercato di costringere il balbuziente dottore stempiato da cui erano andati a dare a Louis degli antidepressivi. L'idea aveva fatto alzare gli occhi al cielo a Louis; sì, era depresso, ma perché non avrebbe dovuto esserlo? La depressione non era un effetto collaterale dei problemi sentimentali? I suoi tentativi nel convincere l'uomo che non aveva bisogno di farmaci non furono efficaci quanto le minacce della madre, e alla fine trionfò Jay, ottenendo un grande barattolo di pillole. Temendo che avrebbe potuto tentare l'overdose, ogni giorno lo guardava ingoiare una singola pillola – o almeno così credeva. Louis nascondeva ognuna delle pillole sotto la lingua e la sputava in mano appena la madre si girava, gettandola nel gabinetto o nel lavandino - non voleva la mente offuscata dai medicinali. Allo stesso modo, si era rifiutato di prendere dei giorni di mutua; aveva bisogno di tenersi occupato, altrimenti sarebbe diventato pazzo. Le preoccupazioni della madre lo irritavano e lo divertivano in egual misura, perché non aveva alcuna intenzione di suicidarsi, o anche solo tentare di farlo, e anche se aveva trovato l'idea stranamente divertente, era infastidito dal fatto che lei fosse sempre nei paraggi a controllarlo. Perché avrebbe dovuto togliersi la vita, per l'amor di Dio? Chi l'avrebbe detto a Harry? Nessuno sapeva di loro due, e non avrebbe lasciato Harry da solo a pensare che Louis si fosse dimenticato di lui.

Così Louis continuò la sua vita con difficoltà, anche se si limitava ad esistere. Tornava ad essere vivo solo quando era con Harry, o occasionalmente quando stava discutendo con qualcuno, e la rabbia risvegliava il suo stato d'animo intorpidito in cui sembrava essere costantemente intrappolato. Come avevano fatto tutti quei medici esperti a decidere che aveva bisogno di farmaci per smettere di pensare? Il problema era che non riusciva a pensare, non riusciva a concentrarsi, e non si stava riempiendo di pillole che avrebbero solamente peggiorato la situazione, o riempito la sua mente di pensieri falsi che altre persone pensavano dovesse avere. Louis non aveva mai permesso ai farmaci di intervenire sul suo cervello; la mente era la sua, e nessun altro aveva il diritto di prendere il controllo su di essa.

Con il cappello sul viso,tornò a dormire; si risvegliò nel pomeriggio, sentendosi come se non avesse dormito affatto.

Il telefono stava squillando, e lui rispose con voce addormentata, già di pessimo umore. Si appiccicò il telefono all'orecchio, corrucciato.

"Che c'è?"

"Buon pomeriggio signore, ci chiedevano se gli poteva interessare aumentare il suo pacchetto BT Broadband illimitato. Ci sono molti vantaggi eccellenti con quest'ultimo aggiornamento a cui potrebbe essere interess-"

Louis interruppe il venditore con una serie di insulti, gridando ogni parolaccia che riusciva a ricordare nel telefono, e alcune gli uscirono così bene che ne andó quasi fiero. Sentì l'eco causato dalle sue urla e dovette allontanare il telefono dall'orecchio per fermare il sibilo acuto che ronzava nelle sue orecchie.

"Woah, Louis, calmati!" disse Harry allarmato. "Sono io! Stavo solo scherzando!"

Fermandosi di colpo, Louis prese diversi respiri profondi e si strofinò la fronte esausto. "Scusa, scusa," sospirò. "E' stata una nottataccia."

"Sì, lo avevo notato. Sei sempre così maleducato con i call-center?"

"Di tanto in tanto. Dipende da cosa stanno cercando di vendermi."

"E non sei interessato ad aggiornare il tuo pacchetto internet?" chiese Harry innocentemente.

"Sarei potuto essere un po' più tollerante se avessi finto di essere l'operatore giusto. Io non ho la BT. E ho già internet illimitato."

"Quelle persone stanno solo facendo il loro lavoro; dovresti essere un po' più cortese."

"A loro piace quando gli urlo addosso, penso. A volte cerco di vedere per quanto tempo posso parlare con loro prima che mettano giù. È esilarante."

"Riesci a farti staccare il telefono in faccia dai centralini?"

"Certo che ci riesco. È una tecnica acquisita, ma ne vale la pena. Il trucco è confonderli così tanto da esaurire il loro fastidioso repertorio di cose da dire. A volte fingo di lavorare per la loro compagnia, o dico che farò il loro nome al Trading Standards o cose del genere. A volte fingo solamente di essere uno sfigato che si sente solo e cerca di fare conversazione con loro. Li fa diventare completamente pazzi." Disse Louis felicemente.

"Oh, sei di buon umore oggi."

"Sì. Beh, sono stanco, anche se ho dormito per dodici ore buone. E ho fame, ma non c'è cibo in casa perché mi sono dimenticato di fare la spesa ieri. E mi manchi."

"Fantastico, sono in fondo alla lista. Mi fai sentire così amato. È bello vedere in che ordine sono le tue priorità." lo prese in giro Harry, nonostante il suo tono fosse leggermente ferito.

"Se avessi messo in ordine di importanza le mie priorità, tu saresti stato al primo posto," promise Louis, e si passò nuovamente una mano tra i capelli. Sbadigliò. "Come faccio ad essere ancora stanco se ho dormito così tanto?"

"Chi lo sa," disse Harry con leggerezza. "Come fai a sentire ancora la mia mancanza quando sono già passati quindici giorni? Ero convinto che a quest'ora ti saresti già stancato di me."

"La tua fede in me è motivante, lo sai?"

"Già, forse ti sto sottovalutando. Non capisco perché ti importi ancora così tanto di me – dopo tutto quello che è successo."

"Perché, uhm, vediamo ... hai dei bei capelli? No, non è quello ... penso che forse sia perché ti amo."

Riuscì quasi a vedere il sorriso di Harry dall'altra parte. "Grazie, in effetti ho dei bei capelli. Ed è bello sapere che mi ami ancora. Anche se devo chiederti un favore ..."

Louis sapeva già. "Hai bisogno di vedere qualcun altro questa settimana, giusto?"

"Mia mamma non mi vede da più di un mese... non voglio turbarla..."

"Tranquillo, capisco. Tua mamma è più importante di me."

"Oh, Louis. Graz-"

Il telefono della prigione, impostato con un timer automatico, li interruppe. Seppellendo il viso tra le mani, Louis borbottò fra sé e sé. Altri quindici giorni di attesa. Poteva farcela – ma non lo avrebbe fatto volentieri.

Imprisoned In My Heart - Larry Stylinson (BOOK 1)  // ITALIAN TRANSLATIONDove le storie prendono vita. Scoprilo ora