Capitolo 16

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La porta si apre prima che mi appresti a bussare.
La figura di Red mi accoglie sulla soglia con lo sguardo assonnato e la chioma bionda spettinata,
"Ti ho vista parcheggiare qua davanti" spiega stropicciandosi gli occhi con le dita.
"Entra" aggiunge facendo cenno verso l'interno.

Una luce grigiastra soffusa illumina il suo appartamento a causa delle tende cenere da qui penetrano a fatica i raggi del sole.
L'arredamento è pressochè inesistente; un tavolo basso riempe lo spazio vuoto di fronte al divano.

Un'aroma pungente mi invade le narici, devo aver fatto una sicuramente una smorfia strana perchè Red mi spiega che è l'odore dell'olio di lino cotto con il quale mischia i colori. "Io ormai ci sono abituato, quindi non ci faccio caso" apre la finestra per far entrare l'aria.

La luce accecante del sole rovina quella particolare atmosfera che c'era un attimo fa. Davanti alla parete sono poggiate delle tele ricoperte con un tessuto violaceo che ne fa intravedere solo le sagome.
Mi siedo.
"Mi dispiace averti messo in difficoltà" non riesco nemmeno a guardarlo.
"Ma di cosa stai parlando? A me fa piacere averti qui" la sua voce è cosi gentile mentre cerca di mettere da parte il cavalletto con la tela ancora bianca sopra.

"Vuoi un tè?" si dirige verso la dispensa aprendo l'anta dello scaffale
"Si" non c'era nemmeno bisogno di chiederlo, del resto lui sa già che è la mia bevanda preferita.

Mentre mette a scaldarsi l'acqua io continuo ad osservarlo. La maglietta bianca gli sta un po' larga, i pantaloni grigi che si stringono sulle caviglie e i piedi nudi a contatto con il legno. Non c'è nulla di più semplice e bello di questo ragazzo in questo preciso istante.

"Non mi hai ancora detto cosa c'è che non va" la domanda mi prende alla sprovvista, quindi mi prendo il mio tempo per elaborare una risposta mentre il profumo del tè sostituisce quello dell'olio di lino.

Mi tende la tazza, ha il braccio sinistro tutto macchiato di tempera , deve aver provato a trovare qualche tonalità confrontandola con il colore della sua pelle.
Mi aveva detto che dipingeva una volta, ma non avevo mai avuto la curiosità di chiedergli di vedere i suoi quadri, sarà che ero troppo concentrata su me stessa come al solito.
Prendo la tazza dalla sua mano "Grazie".
Lui me la cede e si siede dall'altro capo del divano senza proferire parola in attesa di una mia risposta.
Fuori si sente il rumore del vento che passa tra le foglie degli alberi.
"Mi sentivo sola" dico togliendomi un peso di dosso, che bisogno ho di mentire con lui?
"La verità e che tutti sono occupati. Mio padre è partito per chissà dove, Imogen è andata via per uno stage e..." sto per dire qualcosa di stupido, ma questa volta la mia bocca si ferma un attimo prima.

"Quindi mi sento sola in questo periodo, tutto qua" lui continua ad osservarmi con con aria tranquilla, il vapore che sale dalla tazza che stringe nella mano.

"Capisco" mi dice infine mentre cerca di levarsi una ciocca dal viso.
"Forse sto solo esagerando, forse mi devo solo abituare a non avere nessuno in casa".
"Non dire così, nessuno si deve abituare alla solitudine. Capita a tutti di passare una fase difficile o dover affrontare qualche cambiamento, fa parte del corso naturale degli eventi ma non vuol dire che uno debba sforzarsi di accettarlo" parla con una tale sicurezza che ne rimango colpita.
"Allora tornerò a casa ad ammazzarmi di telefilm, o mi piazzerò sul tuo divano, perchè queste sono le uniche due cose che mi fanno sentire meglio. Ora che ci penso potrei fare entrambe" cerco di ironizzare forzando un sorriso, anche se nella stanza non intradevo nessuno televisore.
"Sai Jolene" si ferma un attimo a cercare le parole giuste. Si porta capelli indietro appoggiando la testa al divano, rompendo così il contatto visivo.
"Sai, forse mi sto innamorando di te"
Rimango di sasso a guardarlo senza sapere bene come reagire. Tutto quello che potrei dire in questo momento sembra essere stupido, quindi torno a puntare gli occhi sulla tazza che ho poggiato sulle cosce e che si sta inevitabilmente raffreddando.

"Scusa, non volevo metterti a disagio" si gira nuovamente dalla mia parte e sorride come se non fosse successo nulla. "É solo che ho sentito il bisogno di dirtelo".
Ma come fa? Come fa ad essere cosi naturale in tutto? Chiunque al suo posto sarebbe stato in difficoltà a dire una cosa del genere e invece lui riesce a farla passare per la cosa più semplice del mondo.
Il telefono nell'altra stanza comincia a squillare un attimo prima che io possa spiccicare parola. Sembra che il destino oggi voglia darmi una possibilità.
"Vado a rispondere, torno subito" si alza, lo ha fatto per darmi tempo, lo so.
Dall'altra parte gli sento dire che sta bene e di non preoccuparsi. Mi piacerebbe sapere con chi sta parlando, ma devo pensare a qualcosa di sensato da dire, e mentre io intreccio e disfo pensieri, noto che di fronte a me, appoggiato al tavolo, c'è un panno lilla con uno spigolo colorato che sembra volergli sfuggire.

Istintivamente mi alzo e gli vado incontro come se mi attirasse a sé ed è una sensazione estremamente familiare. Quando gli sono abbastanza vicino mi rendo conto che Red non mi ha dato il permesso di toccarlo; però la curiosità è troppo grande, così levo delicatamente il tessuto per non danneggiarlo. Quando lo lascio a nudo rimango impietrita.

Sento alla mia sinistra Blake avvolto nella sua giacca di pelle con lo sguardo impassibile fisso davanti a sé che giudica questo dipinto anonimo
Un nodo mi si stringe in gola.

"Qualcuno lo ha definito insignificante" la voce di Red mi coglie di sopresa alle spalle, non mi ero nemmeno accorta che stesse arrivando. Rimango a fissare la sequenza ritmica di tonalità di rosso che si susseguono in cerca di una risposta. Non ho mai creduto troppo nelle coincidenze quindi questa mi lascia spiazzata. "Conosci il pittore? So che si chiama Alec Walters" lui stacca gli occhi dal quadro e torna a guardare me.
"Come fai a saperlo?" mi chiede.

"L'ho visto alcuni mesi fa in una mostra dedicata a Van Gogh" non aggiungo altro. Mi sorride come se si fosse accorto anche lui di quella strana coincidenza. L'ombra si estende fino a raggiungerci, probabilmente tra un paio d'ore il sole tramonterà.
"L'ho dipinto io" afferma infine con le mani in tasca.

"Ma tu ti chiami Red Norton" appena le parole lasciano la mia bocca mi rendo conto della mia stupidità, è ovvio che è un pseudonimo.
"Alec Walters era un mio caro amico, ho deciso di utilzzare il suo nome qualche hanno fa" vorrei chedergli un sacco di cose a riguardo ma dal sospiro che fa capisco che questa persona potrebbe non esserci più.
"Non mi hai ancora detto cosa ne pensi" cosa potrei dire? Io ho amato questo quadro dalla prima volta che ho posato gli occhi su di lui.

"Questo quadro è tutto fuorché anonimo" mi rendo conto di non aver risposto alla domanda di Red, ma all'affermazione di Blake.
Mi giro a guardarlo con un sorriso sincero e in questo istante lo vedo farsi serio. L'aria fresca che arriva dalla finestra ci investe, sento un brivido lungo il corpo ma non è sicuramente per il freddo.

Si avvicina lentamente a me mentre io rimango ferma in attesa che mi raggiunga, i suoi occhi non si staccano dai miei neanche per un momento. Sembra che il tempo abbia cominciato a rallentare prima di sentire le sue mani fredde prendere il mio viso e le sue labbra poggiarsi sulle mie.

JoleneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora