Capitolo 9

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Mi abbasso continuamente il vestito nero sulle ginocchia perchè mi sta stretto e ad ogni movimento mi sale di un paio di centimetri. Che tristezza, solo ora mi accorgo che era più magra di me. Il vestito è suo, io non ne ho mai dovuto comprarne uno per questo tipo di circostanze. In altre occasioni avrei pure riso; andare a un funerale con il vestito del defunto. Ma oggi no, nella mia bocca c'è solo amarezza. I miei occhi hanno assunto un colore rosso intenso e mi bruciano per tutte le lacrime versate negli ultimi giorni.

Papà continua a piangere anche adesso; ma come puoi non farlo quando il tuo cuore è in una bara di pesante ciliegio davanti a te. Ma quello lì dentro era anche il mio di cuore.
La voce atona del prete contiua a ripetere che ci rincontreremo tutti dall'altra parte quando sarà il momento, che i nostri cari ci aspettano, ma l'unica cosa che riesco a pensare è che non so neanche se sarà lì ad attendermi.

La sola idea di non rivederla più mi fa salire la nausea, quindi per oggi voglio crederci, voglio sperare che sia lassù, da qualche parte. I singhiozzi di Imogen si fanno sempre più forti mentre mio padre parla ai presenti. La sua voce è calma, ma il suo viso è una maschera di sofferenza. Vorrei essere forte per lui, ma non ci riesco era lei quella che sapeva cosa fare in queste situazioni.
Imogen mi stringe la mano, e il suo calore è talmente in contrasto con le mie dita gelate che ho quasi paura di farle male. E importante per me che sia qui. Lei forse capisce anche questo. La sua di madre se n'era andata a vivere in Europa e l'aveva lasciata a vivere con il patrigno.

A lei stava bene, lui era stato un bravo padre e non le era mai mancato nulla. Tutto ciò, ovviamente, non era mai riuscito a colmare tutto il vuoto che si era formato quando aveva deciso di lasciarla per cominciare una nuova vita.
Anche Blake è qui, ma lui è seduto insieme al resto della sua famiglia in una delle panche in fondo alla chiesa, lì i raggi riescono ancora a filtrare attraverso le porte. È vero, là fuori c'è ancora il sole. A volte mi dimentico che per il mondo nulla è cambiato. Era un giorno di sole anche quello in cui facevo colazione con Blake in una piccola caffetteria. Il cellulare che squilla; la chiamata di papà dall'ospedale. La corsa verso casa, il suo volto violaceo sopra una barella. Il rumore della sirene. Un ictus

L'aveva trovata sul pavimento della cucina. Era successo mentre mi stava preparando la colazione pensando che stessi ancora dormendo. Sembrava uno scherzo, solo uno stupido scherzo. Il dottore ci disse che probabilmente non avrebbe riacquistato tutte le capacità motorie ed intellettive, ma non ci aspettavamo che nel cuore di quella stessa notte se ne sarebbe andata per sempre. Papà non ci credeva e nemmeno io, sembravamo due fantasmi che vagavano per quel dannato l'ospedale. Io non riesco a crederci nemmeno ora che stanno portando fuori la sua bara da questa chiesa.

Cammino lenta con il braccio di papà attorno alle spalle; all'uscita siamo costretti a fermarci a causa della luce accecante. Non posso smettere di pensare a quanto sia triste andarsene all'inizio di questa viva primavera.
Anche il cimitero è molto assolato e l'erba appena nata mi fa di nuovo venir voglia di piangere. È tutto così sbagliato. Ogni zolla di terra che viene buttata su di lei è un battito che il mio cuore salta. È tutto così dannatamente sbagliato.
Alla fine del funerale mi accorgo di non aver la minima voglia di tornare a casa; lì tutto è parte di lei. I suoi vestiti nell'armadio, il suo profumo. Papà però ci tornerà ed io devo essere lì per lui; non posso lasciarlo da solo, non adesso. Andrò a piedi, decido, mentre continuo a fissare l'erba sotto ai miei piedi. Avviso mio padre ed Imogen e mi incammino verso il cancello.

Come farò senza di te?

Sono due miglia di distanza da dove abito, ma vorrei che fosse molto più lontano, vorrei non arrivare mai; ad ogni passo sento una fitta allo stomaco, come un pugno. Vorrei rimanere lì con lei per farle sapere quanto l'amavo per dirle tutte quelle cose che mi vengono in mente solo ora, peró è troppo tardi.
Le lacrime continuano a scendere anche se non sto piangendo. È come se questa fosse diventata la mia condizione naturale.
La gola mi brucia im maniera assurda.
É tutto così dannatamente sbagliato.

Da lontano, anche se in modo offuscato, intravedo una macchina parcheggiata davanti a casa, è quella di Blake.
Cosa ci fa qui?

Mentre attraverso il vialetto lo vedo seduto in veranda, ma non appena si accorge della mia presenza si alza di scatto e comincia a camminare verso di me. Mi guarda dritto negli occhi, persino questo mi fa venir voglia di piangere. Fa passi lunghi e decisi e si ferma a pochi centimetri da me. Non riesco ad alzare gli occhi, non riesco a guardare il suo viso, ma lui mi attira a sé, mi avvolge tra le braccia e per qualche motivo, il battito costante del suo suo cuore mi fa piangere più forte.
Nascondo il viso nella sua camicia e lascio scorrere tutto questo sordo dolore finché non mi sento vuota, finché non rimangono completamente asciutti.

JoleneKde žijí příběhy. Začni objevovat