Sesto.

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Come sospettavo, mi sono beccata una sfuriata da parte di mia madre non appena ho messo piede dentro. Erano le dieci passate quando sono rientrata a casa, per di più con la giacca di Nate, senza cellulare, e quindi senza orologio da controllare.
Spero solo che il mio vicino di casa non abbia curiosato nella galleria o nei messaggi. Non che abbia qualcosa da nascondere, certo, ma ci sono foto di me che nessuno dovrebbe vedere.

Sto camminando nei corridoi della scuola. Avevo chiesto alla professoressa di poter uscire perchè non mi sentivo bene, ma la verità è che ho bisogno di respirare e stare un po' da sola.
Stamattina è stato strano non vedere Nate.
Non era in classe alla prima ora, e nemmeno alla seconda e alla terza. Ne manca solo una alla fine della giornata scolastica e lui non si è mai fatto vedere.
Art non sapeva nulla, Maggie e Sophy invece mi hanno soltanto chiesto di ieri sera.
Più di spiegargli che in realtà c'è stato più silenzio che dialogo, non potevo fare, e loro sembrano deluse da ciò. Cosa si aspettavano?

Lo ammetto, quando aveva provato a parlarmi pensavo che per una volta sarebbe cambiato, ma i suoi momenti "no" mi hanno fatto cambiare idea quasi subito. Non è facile capirlo, o capire anche solo perchè con me sia così scostante. Forse deve andare in questo modo inizialmente, magari cambierà qualcosa.
Dovrei dare tempo al tempo, no?

Rientro nell'aula e mi siedo al mio posto, dove ricomincio ad ascoltare la lezione. Non appena il mio sguardo ricade sul quaderno aperto, noto una scritta in matita.

"Nate mi ha appena mandato un messaggio. È ammalato, tutto qui ;) "

Mi volto e Art mi sorride.

"Grazie per avermelo detto, adesso posso morire con l'anima in pace" scherzo contraccambiando il sorriso.

Torno a concentrarmi sullo studio e prendo ancora appunti fino al suono della campanella tanto atteso. Atteso perchè mi manca il mio telefono.

Saluto con un paio di baci sulle guance Sophy e Maggie ed esco con la cartella sulle spalle, dirigendomi verso la casa di Nate.
Suono il campanello e aspetto con una certa impazienza che la signora Wilkinson venga ad aprirmi, ma sulla soglia compare il ragazzo moro, con un colorito spento in viso e due occhiaie ben evidenti sotto gli occhi.

"Ciao"

"Presumo tu sia qui per la giacca ed il telefono" sbadiglia dopo essersi appoggiato alla porta con una spalla. I suoi capelli sono spettinati come non li avevo mai visti, e indossa solo una canottiera grigia e dei pantaloni neri della tuta che gli arrivano fino alle caviglie.

"Già"

"Vieni dentro" dice sventolando la mano in aria, invitandomi ad entrare.

Faccio come ordinato e chiude la porta dietro di me, sbattendola.
Nate si sposta sul divano e ci si sdraia pacificamente, senza aprire bocca.

"Allora... tieni la tua roba" inizio il discorso tendendo il braccio in avanti con la giacca in mano.

"L'hai tenuta per tutto il mattino?"

Lo guardo chiudere gli occhi e tossire.
L'ho davvero tenuta per tutta la mattina? Non l'ho fatto intenzionalmente. Non me ne sono nemmeno accorta, è stato il primo giubbotto che mi è capitato a portata di mano prima di andare a scuola.
Sapeva ancora di sigaretta.
Poggio la cartella sul pavimento in pietra levigata e liscia.

"Lo prendo per un sì?"

"Prendilo come un "sto ignorando la tua domanda in modo cortese"

Alza le palpebre e piega leggermente la testa di lato, appoggiandosi con i gomiti al divano.

Il Figlio Dei Miei Vicini Where stories live. Discover now