Normale routine [Revisionato]

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Pov Simeon

Erano le tre del mattino e, come spesso accadeva, non riuscivo a dormire. Stavo sul davanzale della finestra a guardare le stelle. Se di norma avrei semplicemente ammirato il loro splendore, quella notte la mia mente si era fermata sul pensiero che da giorni mi tormentava. Mi interrogavo su chi fosse la mia anima gemella, la mia predestinata. Non capivo perché, dopo tanto tempo, tutto ciò fosse tornato a galla. Forse la mancanza di Fey, unico mio vero confidente, si faceva sentire. Era la persona più pura e sincera che io avessi mai conosciuto, probabilmente era per quello che mi piaceva averlo accanto. La sua luce si contrapponeva perfettamente con l'oscurità del mio essere. Per quanto la sua assenza creasse un vuoto enorme, però sapevo che era l'unico davvero in grado di assolvere a quel difficile compito che gli avevo assegnato. I ragazzi della Raimon si sarebbero fidati solamente di qualcuno come loro. Rimasi fermo in quella situazione per tutta la notte, non riuscendo a chiudere occhio nemmeno per un secondo, cosa a cui oramai avevo fatto l'abitudine. Alle prime luci dell'alba, ero stato, però, costretto a destarmi, a causa dell'arrivo di Canis, uno dei membri della mia squadra. Ancora fermo sulla soglia, potevo leggere nel suo sguardo una leggera preoccupazione nei miei confronti. Odiavo quando faceva l'apprensivo, nemmeno fosse un mio parente.

-Simeon va tutto bene?

-Sì, stavo solo riflettendo.- Risposi schietto. Non volevo che qualcuno fosse a conoscenza dei miei problemi. Ero il capo e non potevo mostrarmi vulnerabile ad anima viva.

-Pensi alla missione di Fey? Credi che non ci riuscirà?

-Sì, riflettevo proprio su quella. Ho deciso che anche noi dovremmo fare la nostra parte. Non vogliamo certo che fallisca per aver tralasciato un dettaglio.- Era una mezza verità infondo. Il coniglietto qualcosa c'entrava, ma per il resto no.

-Allora cosa dobbiamo fare?

-Oh, niente, voi della Lagoon proprio nulla. Ci penserà la Zan.- Era una delle squadre della New Gen. Erano i più violenti, a loro importava solo di creare guai e distruzione ovunque andassero, però a me non interessava minimamente. Potevano fare quello che volevano bastava che si ricordassero chi comandava. Il loro capitano si chiamava Garreau. Aveva i capelli bianchi con una parte rossa e gli occhi rossi. Dovevo confessare che provavo una certa pena per la ragazza che un giorno avrebbe dovuto sorbirselo, anche se solo per cinque anni. La cosa che lo divertiva di più era litigare con Mehr e ogni volta mi toccava fermarli. Chiunque altro si fosse intromesso avrebbe esclusivamente rischiato di rimetterci qualche osso. Per me non era invece lo stesso, infatti, come tutti del resto, aveva paura del sottoscritto e si acquietava subito. Era davvero divertente vedere il modo in cui cercava di trovare qualche scusa per le sue azioni, anche se non avevano mai successo. Ricordavo sempre molto divertito il giorno in cui capitarono di turno in cucina insieme, le urla si sentivano per tutto l'edificio e qualcuno aveva iniziato persino un giro di scommesse su chi ne sarebbe uscito peggio. Quando finalmente, dopo quasi un'ora di preghiere di Ghiris, andai a controllare, mi trovai davanti uno scenario estremamente divertente, sembrava quasi che qualcuno avesse lanciato una bomba di vernice lì dentro. Sia le pareti che loro erano ricoperti di varie pietanze, che presumevo fossero state lanciate con la telecinesi almeno dalla ragazza. Come punizione dovettero pulire il disastro da soli, essendo perciò costretti a passare ancor più tempo insieme.

Qualche ora più tardi, per dare ai ragazzi la possibilità di fare colazione, radunai le squadre nella biblioteca. Le trovai già lì al mio arrivo, in fila indiana e in attesa di ordini.

-Ho una missione da affidarvi, andate nella città di Xenia, che ha al suo interno due sedi dell'El Dorado e radetele al suolo.- Ordinai alla Zan.

-Contaci sarà un vero piacere e un gran divertimento.- Mi rispose Garreau. Lasciarono in fretta la stanza, entusiasti di provare le ultime armi create. Non mancarono i commenti sottovoce degli altri, soprattutto dalla Team Ghir, i quali sapevano cosa potevano arrivare a combinare se lasciati senza una guida. Era in quei momenti che si poteva notare come l'astio non era solo tra i rispettivi capitani, bensì era esteso a tutti i componenti delle rispettive squadre. La Team Gahr cercava invece di rimanere sempre neutrale in quelle circostanze, anche se spesso era palpabile il loro propendere verso gli elegantoni.

-Sei sicuro che sia una buona idea mandarli da soli? Lo sai che sono imprevedibili.- Mi domandò Mehr comparendo alle mie spalle insieme a Ghiris.

-Sì e poi al massimo distruggeranno qualcosa di troppo, giusto?

-Hai ragione, forse ci preoccupiamo eccessivamente, ma sai com'è meglio pensarci prima due volte che fare in fretta e compiere un errore dopo.- Aggiunse il ragazzo. Quei due leggevano troppo, il che detto da me era tutto dire, se erano persino arrivati a citarmi modi di dire del genere. Iniziavo a credere che fosse meglio limitargli l'accesso a quella sala. Scacciai con molta noncuranza il pensiero dalla mia mente. Non era il momento di ragionare su di esso.

-E chi lo sa? A proposito come va la costruzione delle nuove armi?

-Procedono bene saranno pronte per quando attaccheremo la sede centrale dell'El Dorado.- Risposero in coro Mehr e Ghiris.

-Perfetto, ma ora non dovreste andare ad allenarvi?- Una volta che tutti lasciarono la sala e i due fidanzatini stavano per seguirli, aggiunsi: - A proposito sapete che siete carini quando parlate in coro.- Loro si girarono, fecero un sorriso e se ne andarono. Ecco, ora erano passati alla modalità inquietanti. Quando rimasi finalmente da solo, lasciai anch'io la sala e salii sul tetto. Da li vedevo tutta la città, ogni palazzo, ogni strada, ogni persona, però soprattutto la cosa che odiavo di più su tutto quel pianeta, la sede centrale dell'El Dorado. Un grattacielo esattamente al centro di uno stupendo giardino. Non li sopportavo per tanti motivi, però quello principale era che per colpa dei pregiudizi di quei vecchietti, la mia famiglia mi aveva abbandonato.

Un amore fuori dal tempoWhere stories live. Discover now